𝟏𝟎.

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SILVIA'S POV

9 novembre 2024.

Derby.

Sto camminando lungo il corridoio, pronta ad aspettare Chico fuori.

Finalmente esce e non appena mi vede mi sorride.

«Ei» dico
«Ei» ricambia lui
«Pronto per la partita?» chiedo

Chico annuisce, aggiustandosi la maglietta
bianconera.

«Sempre pronto» risponde con un sorriso, ma c'è un velo di concentrazione nei suoi occhi.

È uno di quei momenti che sa che potrebbe cambiare tutto.

Lo osservo mentre si sistema gli scarpini, e in un attimo si fa serio.

«Tu come stai?» mi chiede, non come se fosse solo una domanda di cortesia, ma con quel tono che dice che davvero gli importa.

«Sto bene, se non fosse per Dusan» rispondo, ma subito penso a tutto il resto: la squadra, la pressione che sento, mio fratello, la tensione che sta crescendo dentro di me.

Chico sorride ancora, ma questa volta è un sorriso che non nasconde la fatica.

«Ci pensiamo insieme, ok?» dice, mettendo una mano sulla mia spalla.

Annuisco, cercando di sentire il peso di quelle parole, cercando di capire come può sembrarmi tanto più forte di quanto mi senta io stessa in questo momento.

«Andiamo, c'è una partita da vincere» dice infine, con quel piglio che solo lui ha.

FRANCISCO'S POV

Il fischio iniziale si perde nel frastuono delle curve, ma io so che oggi non è come gli altri giorni.

C'è qualcosa nell'aria, un'energia che non ha nulla a che fare con il calcio, ma che mi brucia dentro.

Il pallone corre veloce sotto i miei piedi, ma è la sua figura che mi preme sulla mente.

La vedo, lontana, tra la folla.

Non posso distogliere lo sguardo, anche se il gioco mi reclama.

Il Torino è aggressivo, il loro pressing mi fa battere il cuore più forte.

La partita scivola via come un fiume in piena, ma io sono altrove, ogni mio movimento sembra disegnato dalla consapevolezza che lei è lì, a osservare.

L'angolo da battere diventa una sfida più grande di qualsiasi difensore avversario.

Alzo la testa, il mio piede sfiora il pallone e il gesto sembra perfetto, tutto scivola in un movimento che è quasi poesia, ma lo so, lo sento: non è il gol che mi brucia dentro, è il desiderio di vederla sorridere.

Il calcio è una battaglia, ma oggi la guerra si gioca altrove, nel silenzio che si fa largo tra le urla e il rumore della folla.

Ogni passo sul campo è una domanda senza risposta, un tentativo di capire se lei mi sta guardando davvero o se è solo una mia fantasia.

Una palla che schizza via dalla mia parte e il gioco riprende, ma non è mai lo stesso.

Il Torino attacca, l'aria è pesante, ma i miei occhi cercano la sua presenza, come se fosse il vero obiettivo della giornata.

I compagni si muovono, il mio cuore si perde nei dribbling e nei passaggi, ma c'è sempre quella luce, quella sensazione che mi tiene sospeso, in bilico tra la tensione del match e il desiderio di una sua occhiata.

La partita si fa dura, ma alla fine sono io a raccogliere la palla.

L'istinto mi spinge a cercare il passaggio decisivo, ma un altro istinto mi guida a non fare nessun errore, a non perdere questa chance di farla notare, di farle capire che non c'è nessun dribbling che valga tanto quanto il suo sorriso.

𝐡𝐞𝐚𝐫𝐭𝐥𝐞𝐬𝐬||francisco conceiçãoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora