Capitolo 28
Già nella prima settimana Stuart aveva compreso che Brownsville era ben differente dall'eccentrica Williamsburg. Se il primo quartiere di Brooklyn da lui conosciuto risultava variopinto e ricordava solo di riflesso i giorni in cui era stato un sobborgo operaio pronto a ospitare polacchi e italiani, il nuovo rione non lasciava dubbi: popolare ed economico, era adibito principalmente ad accogliere una larghissima fetta della cittadinanza afroamericana. I grandi palazzi e le piccole botteghe erano perfetta espressione di mediocrità.
Stu aveva lavorato con zelo ogni giorno, giungendo sempre qualche minuto in anticipo. Novak aveva più volte apprezzato la sua puntualità e non aveva mai mancato di corrispondergli la misera paga pattuita.
Stuart si era inventato matematico ed economista, cominciando a ponderare anche le minime spese. Si era così imposto di fare solo tre pasti al giorno. Una colazione a base di frutta, un pranzo composto da un panino imbottito dal companatico acquistato al Food Bazaar – un economico supermercato in Junius Street – e una cena più sostanziosa, consumata al ristorante New China Pavilion. Con qualche accortezza riusciva a non superare i dieci o dodici dollari giornalieri. Continuando a dormire in auto, inoltre, sarebbe anche riuscito ad accumulare qualche centinaio di dollari nei mesi successivi e l'idea di apportare qualche miglioria nel proprio stile di vita lo rendeva più tenace.
Quel sabato si era presentato al negozio ortofrutticolo con entusiasmo e timore. Temeva che il vecchio Novak non fosse davvero appagato del suo lavoro e che l'avrebbe licenziato. Se ciò fosse accaduto, Stu avrebbe dovuto ricominciare dall'inizio, col peso di un'ulteriore sconfitta sulle spalle.
Al termine dell'ora di lavoro attese qualche secondo, ma Frank era troppo intento a spuntare l'elenco della merce ricevuta per degnarlo di attenzioni. Stuart indossò la giacca – che cominciava a essere troppo leggera per la stagione autunnale inoltrata, a cui ovviava con l'aggiunta di una maglia in più – e si buttò lo zaino su una spalla.
«Be', io andrei» sussurrò con falsa noncuranza.
Novak alzò gli occhi sopra la montatura di tartaruga, sbirciò il giovane aiutante, vistò ancora una o due caselle di merce consegnata e appoggiò le scartoffie e la sua fidata matita – dalla punta sempre acuminata – sullo sgabello.
Dal portafoglio, pizzicò due banconote da dieci e le porse a Stu, che come ogni volta le piegò e le mise nella tasca interna del giubbotto.
«Lunedì ti voglio qua alla solita ora. Sembri gracile, ma sai il fatto tuo.» Frank Novak rifilò uno sguardo tagliente al ragazzo. «Non farmi pentire di averti dato fiducia, debosciato.»
Stuart, dapprincipio, non capì e solo dopo alcuni secondi il cervello elaborò le parole del negoziante. Gli occhi scuri s'illuminarono di una gioia sottile e sincera.
«No, non lo farò di certo.» e le labbra sottili, screpolate dall'aria mordace della stagione fredda, si tesero in un sorriso. «Grazie, capo.»
Novak grugnì e mosse ambedue le mani in direzione della porta, quasi stesse scacciando delle galline.
«Sparisci, via, via!» gracchiò Novak, dandogli le spalle e raggiungendo il retro del banco a passi lenti.
Stuart non se lo fece ripetere due volte: uscì dal negozio e una volta per strada – non appena ebbe voltato in Livonia Ave – si lasciò andare a un grido di esultanza, rivolgendo gli occhi al cielo.
La ruota stava cominciando a girare. Girava per tutti e adesso era il suo turno. Si sistemò lo zaino su ambedue le spalle e girovagò per Brownsville, col viso alto e sorridente di chi si sente baciato dalla fortuna.
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Buongiorno, amici!
Come sempre, spero che la storia vi continui a piacere!
Tra qualche giorno posto il seguito.
Vi mando un abbraccio fortissimo. Tanto amore. ♡
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Figlio dell'amore e dell'odio
Художественная прозаStuart Anderson vive a New Houlka, una piccola città del Mississippi. È un ragazzo solitario, che soffre di depressione a causa del bullismo subito durante il periodo scolastico. Nonostante tutto, cerca comunque di occupare il giusto posto nella so...