Capitolo due

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Diego tornò al suo piccolo appartamento felice e soddisfatto del suo lavoro. La sua vittima, Asia, era già rimasta incantata da lui, ed ora non gli restava che lavorare l'argilla tra le sue mani. Si buttò sul divano, unico elemento della casa abbastanza comodo per dormire, e sospirò. Alla sua destra, su un piccolo tavolo rovinato, sua madre sorrideva abbracciata al suo piccolo fratellino. Diego prese la fotografia fra le mani e accarezzò con l'indice il viso di sua madre.

《Ben presto non sarò più un misero ladruncolo di strada, mamma, te lo prometto》disse, come se la madre lo potesse realmente ascoltare da lassù.

La donna era morta cinque anni prima per crepacuore; non sopportava che suo figlio maggiore facesse parte della malavita della città e lavorasse per l'uomo più pericoloso del vicinato: Luigi Rinaldi, soprannominato "il capo".
I primi tempi, Diego aveva sofferto a lungo di sensi di colpa, convinto che se lui non avesse mai intrapreso la strada dell'illegalità, sua madre sarebbe stata ancora al suo fianco. Tuttavia, nessuno poteva giudicarlo: suo padre li aveva abbandonati alla nascita di suo fratello, Giorgio, per seguire una prostituta, e da allora non si era più fatto sentire né vedere. Sua madre era disoccupata, e lui era l'ometto di casa: il lavoro scarseggiava in città, perciò non ebbe altra scelta che seguire le orme del capo. Nonostante tutto, l'uomo lo prese sotto la sua ala protettrice: in cambio di portafogli, il capo gli dava cibo e istruzione. Poteva desiderare di meglio? Sicuramente no.
Per quanto riguardava suo fratello, era sparito nel nulla. Nessuna lettera, nessuna chiamata, nessun messaggio.
Chiuse gli occhi e lasciò che la morsa che gli comprimeva il petto si assopisse. In vita sua aveva pianto solo una volta, per il funerale di sua madre, mentre per tutti i suoi vent'anni non si era mai lasciato sopraffare dalle lacrime. Lui nascondeva tutto nel suo cuore pieno di cerotti.
Chiuse gli occhi e posò la fotografia.

Ben presto la sua vita sarebbe cambiata.

Il giorno dopo, Diego si svegliò euforico e pieno di energie: era il momento di cambiare vita.
Cercò di vestirsi decentemente, per quanto poteva. Nel suo armadio, aveva solo un paio di jeans sgualciti e qualche maglietta.
Si pettinò i capelli, spruzzò del profumo che metteva solo nelle occasioni realmente speciali e si diresse verso la villa dei Del Giudice, per prendere nota dell'indirizzo. Il suo scopo? Inviare un mazzo di fiori alla sua vittima, in modo da farla sciogliere come neve al sole.
Prenotò un mazzo da dodici rosse e le inviò, aspettando la reazione di Asia.

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Villa Del Giudice si trovava nella zona più esclusiva e ricca della città. Era interamente circondata da un immenso prato, dove a pochi isolati vi era anche una scuderia. Il giardino era ben curato dal signor Domenico, mentre la cura della casa era riservata ai Robinson, una famiglia afroamericana immigrata in Italia, formata da madre, padre, una piccola bambina di circa dieci anni, un ragazzo di diciannove e una ragazza di diciassette.
La padrona di casa, la signora Sofia, era una donna di classe ed elegante, ma la sua eleganza la perdeva per i continui litigi con la sua figlioccia, Arianna.
Nel giorno in cui Diego inviò un mazzo di fiori ad Asia, la piccola famiglia era riunita a tavola.
Janelle Robinson portò la prima portata alla padrona Sofia e a sua figlia Asia, mentre Arianna si servì da sé: era dell'idea che chiunque avesse due braccia e due gambe, era capace di portarsi il cibo da sola.

«Io non capisco perché ti servi da sola. Abbiamo i domestici proprio per questo» commentò Asia portandosi un boccone in bocca.

«L'ho ripetuto tante volte il motivo. Oltre al tuo corpo, cerca di utilizzare il tuo cervellino. È gratis» rispose Arianna.

«Mamma! Ma ti sembra normale come si comporta Arianna?»

«Arianna, smettila di insultare tua sorella» disse la signora, stufa dei continui battibecchi.

Ti odio, mi piaci, ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora