Capitolo 2

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Quando qualcuno chiede di me non so mai bene cosa dire.

Mi chiamo Chiara, ho sedici anni e vengo da...No, non va bene. Dire l'età non ha senso. Voglio dire, entro in una classe terza, è ovvio che ho sedici anni. Allora ricominciamo. Mi chiamo Chiara e vengo dalla Sicilia. Dio mio, che tristezza. Dai Chiara, un po' di enfasi. Bene. Questa è l'ultima. Ci riprovo. Mi chiamo Chiara e beh, che dire, avete presente quelle ragazze che così come si alzano le vedi tutta la giornata? Ecco, io sono così.

Vengo dalla Sicilia, un piccolo paesino in provincia di Palermo, in realtà però sono nata a Napoli. Le mie passioni più grandi sono la scrittura e il canto, non seguo lezioni, semplicemente adoro chiudermi in camera e provare e riprovare migliaia di brani al karaoke. Mi piace sognare, lo faccio spesso. Immaginare e creare. Cosa creo? Beh, storie, storie di tutti i giorni. Però la cosa che più amo è guardare il mare. E poi...che dire...

-Chiara siamo arrivati. Sei pronta per il tuo primo giorno in questa scuola? Guarda che bella che è- mia madre è un mito in queste cose, riesce ad essere più agitata di me anche quando la situazione non le riguarda personalmente.

-La scuola è bella, io per niente. Mamma credi che mi accetteranno?- me lo sto domandando da mesi ormai. E credo di non poter trovare risposta se non nel tempo.

-Tu sei bellissima, fuori e dentro. E i tuoi compagni capiranno presto come sei realmente. Adesso fai un bel respiro, scendi dalla macchina, entra in quella classe e spacca tutto. Ti voglio bene tesoro mio.

-Grazie mamma. Anche io te ne voglio.

Apro la portiera della macchina, mi guardo intorno, ragazzi di ogni specie sono sparsi qua e là, nessuno mi guarda eppure sento gli occhi di tutti addosso. Cammino impietrita, marciando come un soldatino. Un, due, un, due.

Entro nella scuola alla ricerca della mia classe, non so quale sia, mi guardo intorno leggendo vicino ad ogni aula. Eccola. E' la porta infondo a sinistra, primo piano.

Mi affaccio e vedo un gruppetto di ragazzi seduti in fondo, alcuni maschi e tre femmine. Non so cosa fare e nemmeno cosa dire. Urlo. No, ma che. Certo, mi piacerebbe, sarebbe un buon inizio per sfogare.

-Ti serve qualcosa?- una voce proveniente dal gruppo richiama la mia attenzione, alzo la testa e scorgo tra tutte la figura di una ragazza.
Sta parlando con me, ovvio. Che dico? No sai, sono una povera scema che invece di entrare in classe aspettava che venisse Dio a prenderla e portarla via.

-Volevo essere sicura che questa fosse la mia classe. Terza B?- domando lì per lì.

-Esattamente- mi sorride e mi tende la mano- piacere, io sono Rebecca. Per gli amici Reby. Sei nuova?

-Si- le stringo la mano ricambiando in qualche modo il sorriso.

-Ce l'hai un nome, vero?- scoppia a ridere mentre io muoio per la vergogna.

-Hai ragione, scusa. Io sono Chiara.

-Vieni che ti presento gli altri. Bene, lui è Giosuè, lei Teresa, Marco, Vincenzo, Simone e lei è Sara. Ragazzi lei è la nuova. Chiara.

Ecco, sapevo che sarebbe finita così. Quell'articolo non ci voleva. 'La'. In questo modo mi sembra di essere già una cosa a parte, mi sento già diversa. Perché io sono 'la' nuova. Quella di cui non può fregar niente. Tanto sono 'la' nuova. Cosa vuoi che importi? Mi limito semplicemente a sorridere, mi siedo da sola, in un banco infondo. Proprio come succede nei film. Per fortuna nessuno mi ha fatto l'applauso. Morirei al solo pensiero di ritrovarmi in piedi davanti a venti persone che sorridendo battono le mani mentre in realtà pensano 'ma che vuole questa?'. Io lo so come vanno certe cose. La prima impressione è importante, è fondamentale. Ed io, beh. Io non credo di aver dato una buona impressione di me. A vedermi avrei pensato 'questa è scema'.
Mi limito semplicemente a sperare che abbiano usato scema, come vocabolo, e non qualcos'altro.

Tra il cielo e il mare.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora