Quando papà mi portava al mare ero la bambina più felice del mondo. Fino all'età di otto anni non sapevo ancora nuotare, lui cercava di convincermi ad imparare ma non c'era verso.Non so perché ma l'acqua mi faceva paura, era come se l'immensità di quell'azzurro mi facesse sentire piccola ed inutile. Invece mio padre lo amava, amava il mare, amava squadrare l'orizzonte cercando di indovinare quale fosse la fine del mare o l'inizio del cielo. A volte restavamo sulla spiaggia fino al tramonto e quella era la mia parte preferita. Guardavo quel cielo come se fosse la cosa più bella mai vista, e mi sembrava di essere in un altro mondo, un mondo più bello, speciale. Solo mio. Mio e di papà.
Restavamo stesi sulla battigia sfiorando con le mani quei granuli dorati. Mi diceva che in quel momento Dio stava inzuppando il biscotto nel latte, lo faceva prima di andare a dormire. Io ci credevo. Credevo a tutto quello che mi diceva. Lui era il mio eroe. Per me era come se fosse davvero l'unico in grado di capirmi, con mamma era diverso e lo è tutt'ora. Anche ora che siamo rimaste io e lei mi riesce difficile fare qualsiasi cosa con mia madre, ed è assurdo.
-Mi dici che fine hai fatto ieri sera?- mi ricordo di aver composto il numero di Reby, volevo scusarmi con lei per essermene andata senza dirle niente.
-Hai ragione, scusa.- non so cosa dirle, spero solo non mi faccia la domanda che temo.
-Hai visto Francesco con quella ragazza vero?- eccola. Come non detto.
-Non mi interessa di Francesco, lo vuoi capire?- mento- stasera uscirò con un altro ragazzo.
-Si?- sembra sorpresa- e chi sarebbe?
-Si chiama Edoardo.
-Quanti anni ha? Che fa?
-Cazzo Reby, sembri mia madre.- in effetti non so nulla di lui, ma non voglio dirglielo, penserebbe che sono un'incosciente mentre lei è così regolare, così a posto.- ha diciannove anni e lavora in una palestra.
-Capisco e sai già dove ti porterà?- sento che urla rivolgendosi alla sorella.
-Al mare.
-Scusa Chiara ma ora devo scappare altrimenti uccido mia sorella, ci vediamo domani a scuola e mi racconti tutto. Un bacio.
-D'accordo, ciao.
Spengo il cellulare e lo appoggio sul tavolo. In realtà ho detto solo un sacco di bugie. Io non dimentico Francesco, non dimentico quel bacio visto, e soprattutto le lacrime di Sara. Sono state una specie di pugnalata al cuore, ma di quelle che fanno male. Tra mezz'ora mi vedrò con Edoardo fuori la scuola di danza e spero, almeno in quelle ore, di non pensare a nient'altro. Specialmente a Francesco. Non lo sopporterei, sarebbe troppo.
Davvero.
Mi alzo dal letto su cui mi ero seduta parlando al telefono, apro l'armadio cercando qualcosa da mettere, e trovo subito quello che mi serve. Un jeans blu scuro, un maglioncino a pois verde acqua e converse dello stesso colore. Mi guardo allo specchio, ho i capelli abbastanza a posto, i mio ciuffo ribelle mi identifica come una ragazza senza freni, e forse da una parte è anche così.
Arrivo fuori la palestra, Edoardo ancora non c'è, mi siedo ad aspettarlo su un muretto lì accanto. Mi guardo intorno, c'è un via vai di gente niente male. Ragazzi che si baciano, due amiche di fronte che urlano leggendo uno di quei di giornaletti che compravo quando avevo circa undici anni. Un ragazzo di colore fuori al bar dall'altro lato della strada. Tutto sembra andare avanti. La vita delle persone, il tempo, il tempo passa, tutto continua, eppure a me sembra che si sia fermato tutto. Nessuno se n'è accorto, loro continuano a vivere, continuano a parlare, a ridere, a camminare per strada col cellulare in mano senza vedere dove andare realmente, tutti continuano a rifarsi la coda dei capelli mille e mille volte, tutti continuano ad ordinare cornetti e cioccolata calda al bar, continuano a farsi fotografie. E la mia vita? La mia vita sembra ferma, immobile. Mi giro per vedere se Edoardo e lì da qualche parte ma niente. Non c'è nulla, solo un paio di occhi. Un ragazzo con il cappuccio è appoggiato al muro e mi guarda. Quegli occhi. Color oro. Metterei la mano sul fuoco che quegli occhi sono di Francesco. Continuiamo a guardarci, a sfiorarci l'anima con gli occhi. E penso non ci sia niente di più bello. Sfiorarsi senza però farlo realmente. Non può essere lui. È impossibile.-Scusa se ti ho fatto aspettare, c'era un traffico assurdo- mi giro di scatto e vedo Edoardo sorridermi.- Andiamo?
Faccio cenno di sì con la testa e mi volto un'ultima volta a guardare quel ragazzo. Non c'è. Non c'è nessuno. È scomparso, volatilizzato. Non se ne vede nemmeno l'ombra. Eppure quegli occhi, quei dannati occhi erano così familiari per essermeli immaginati. Era Francesco, ne sono quasi certa.
-Ti sta squillando il cellulare.
-Cosa?
-Il cellulare- indica nella tasca, la suoneria si fa sempre più forte.
-Oh che sbadata che sono.
Rispondo:- Pronto?
Silenzio.
-Pronto? C'è qualcuno?
Silenzio.-Pronto? Pronto?
Silenzio.-Ma vi divertite a fare questi scherzi del cavolo?- chiudo.
-Dai non pensarci, siamo arrivati- Edoardo mi mostra la spiaggia, è immensa. I miei occhi si immobilizzano. In un punto. O meglio in altri due occhi. Francesco. È lui, di nuovo. Mi fissa dall'altro lato della battigia. Ha addosso una felpa diversa. Senza cappuccio. Sembra un miraggio, e forse lo è. Dopo due secondi sembra quasi scomparso.
-Chiara ma che hai? Sei strana.
-Mi era sembrato di aver visto una persona. Scusa.- rimango immobile- Edoardo ho bisogno di andare a casa, non mi sento molto bene.
-Ma come?- sembra preoccupato.
-Sto diventando pazza- scuoto il capo, avevo l'impressione che Francesco mi stesse seguendo.
-Va bene, ti accompagno- mi prende per mano e mi trascina verso la sua auto. Non ho nemmeno la forza per camminare, rimango muta per tutto il tempo.
-Ci vediamo?- domanda prima di andarsene.
-Si- accompagno le parole con un cenno della testa.
-Ci conto Chiara!- mi si avvicina lentamente e mi da un bacio sulla guancia.
Lo vedo allontanarsi, mi piace il modo in cui cammina, si è fatto buio e non me ne ero nemmeno resa conto. Mi incammino anche io per la direzione opposta alla sua. Gli alberi sembrano così alti, pare quasi che vogliano acchiapparmi con le loro radici lunghissime. Arrivo nel parco col fiatone. Francesco è seduto su una panchina, sembra non accorgersi della mia presenza, mi avvicino in silenzio mentre sto pensando come far uscire fuori tutta la mia voce.
-Cosa vuoi da me? Dimmelo! Dimmi cosa vuoi, perché mi segui, perché mi fissi, perché?- si volta di scatto, rimane impassibile a guardarmi.
Sorride.
E per un attimo mi sembra che sia nato per farlo, quando sorride, non ce n'è per nessuno, lui sorride e tutto il resto si ferma, tutto va in pausa.- Cosa diavolo hai da ridere?
-Ti va di guardare le stelle con me?- gli esce naturale, una semplice domanda e il cuore mi si scioglie. Continua a sorridere.
-Che cosa vuoi?- rimango ferma, allontanandomi piano.
-Dai, andiamo a guardare le stelle, possiamo guardarle con un telescopio, se ti va- sorride ancora.
E più quel sorriso va avanti più una luce mi irradia il cuore, mi acceca quasi. Francesco emana luce. È un miraggio, forse.
-Che cosa sei?- la domanda mi viene spontanea.
-Tutto quello che vuoi che io sia.
Certe parole ti fanno vibrare il cuore, lo senti dentro che si muove, è una cosa strana. È uno di quei momenti in cui cerchi di trattenere il fiato, cerchi di non respirare, cerchi di non pensare, ma tutto quello che fai e tremare, tremare perché non senti più la terra sotto i piedi, tremare perché non senti più la pelle addosso, tremare perché ti senti nuda. Nuda di forze, nuda di possibilità.
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, credo. Più lo guardo e più mi sembra impossibile. Stava brillando. È assurdo.
Chiudo gli occhi lentamente, ed improvvisamente cado nel mondo dei sogni.
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Tra il cielo e il mare.
Fantasy-Davvero non capisci? La tua curiosità ha rovinato tutto, tutto quello che c'era di bello tra me e te, ora siamo condannati per sempre. -Condannati? -Per l'eternità- un brivido mi percuote. -Non mi importa- ribatto decisa. -No?- sembra sorpreso. -Co...