-Una festa? Io, invitata ad una festa? Ma davvero?-Chiara non dirmi che non sei mai andata ad una festa.- la voce rauca di Reby risuona dall'altra parte della cornetta.
Non so perché ma ho sempre pensato che le feste, in generale, siano una gran cazzata. Tutti quei festoni, la musica ad alto volume, i balli, quel rumore assordante, le persone che urlano, il rumore, il rumore. Odio il rumore. Qualsiasi tipo di rumore, io non lo sopporto. Il rumore della sveglia la mattina, il rumore del clacson di una macchina, il rumore di una porta sbattuta. Per me qualsiasi cosa fa rumore. L'avete mai sentito il rumore di un foglio strappato? Quel rumore chiuso nelle stanze di chi soffre per amore, di chi scrive mille lettere e le butta tutte. Quanto fa male quel rumore? Troppo. Oppure quel rumore, quello forte, quello contro il muro, quel rumore di chi tiene tutta quella rabbia dentro e poi non ce la fa più e si sfoga. Brutto quel rumore. E il rumore di un bimbo che cade? Quello è tremendo. Cade un bambino come cadono tutte quelle false speranze, leggere, incoscienti. Ma poi si rialzano e pensi 'forse hanno imparato la lezione' ma questo non succede mai. Quelle speranze diventano ancora più grandi e fanno più male di prima.
-Quando sarebbe questa festa?- domando non rispondendo alla domanda.
-Stasera, dai ci vieni?- sembra quasi che mi stia supplicando- ci sarà anche Francesco eh.
-E quindi?- sta cercando un modo per convincermi e ha colpito il mio punto debole. Furba lei. Niente da dire. Ride.
-Niente, lascia stare. Allora?
-Va bene. Ci vengo, contenta?- apro la cassetta della posta, è l'unico compito che ho la domenica mattina. Dentro ci trovo una busta grande, un po' spessa per contenere semplicemente una lettera.
La apro. Il mio foulard rosa è incastrato in un foglio giallo, sembra quasi un post-it. Leggo: "Non ha importanza come ho fatto a trovarti, l'avevi dimenticato mentre fuggivi dalla palestra. Stasera sei libera? Ti lascio il mio numero. Edo."
-Chiara? Chiara ci sei? Mi senti?- mi ero completamente dimenticata di Reby.
-Si, ci sono. Scusami, stavo leggendo una cosa.
-Va bene, allora ci vediamo stasera. Alle otto da te, ti passo a prendere.
-A stasera, ciao- sorrido.
Lascio cadere nel cestino il post-it, non mi importa nulla di quel ragazzo, di Edoardo, davvero. Salgo le scale della mia camera, entro e mi stendo sul letto.
Quand'ero piccola papà aveva incollato sul soffitto della mia camera una pioggia di stelle luminose, mi ripeteva che un giorno le avremmo contate insieme le stelle, quelle vere però. Ho sempre desiderato vederle da un telescopio, ma non mi è mai stato possibile. Guardavo il soffitto e mi sentivo potente, mi sentivo in grado di poterle toccare, in grado di poterle sfiorare, erano le stelle più belle che avessi mai visto. Ed erano finte.
Ricordo che quel giorno in cui le attaccò mi disse che aveva rubato una cosa alla Luna e che aveva paura che lei si sarebbe arrabbiata molto, poi mi aveva guardata e sorridendo mi aveva detto che non avrebbe potuto perché lei avrebbe saputo che era per una giusta causa e che era per la bimba più bella del mondo.
Sono ricordi che frantumano quasi l'anima ma che restano lì nel cuore della mente, e non si può fare nulla per eliminarli, sono lì e a volte restano l'unica cosa bella a legarti al passato, l'unica cosa in grado di rendere, in qualche modo, la vita un po' migliore.
'Dal passato si può imparare tanto' avevo sentito dire una volta, e credo che sia davvero così.
Mi sveglio di soprassalto. Come ho fatto ad addormentarmi? Guardo l'orologio in ansia, sono le sette. Ho un'ora di tempo per vestirmi, per truccarmi e per sistemarmi i capelli. Ce la posso fare.
Alle 8 meno cinque sono già pronta, non avevo idea di cosa mettermi così sono andata sul semplice, semplice come me del resto. Una maglietta blu scuro a pois bianchi, jeans chiaro e ballerine bianche. Reby è puntualissima come sempre, alle 8 precise siamo in macchina.
-Ma dov'è la festa di preciso?- domando con fare interrogativo.
-Vicino casa mia, più o meno. È una sala, o una cosa simile.
Arriviamo, e come non detto ci sono festoni ovunque, la musica si sente già da dentro la macchina, mi sento pressata da tutto quel rumore assordante, ma mi faccio forza ed entro.
Ci sono quasi tutti della mia classe, anche se non li conosco bene mi sembra quasi che mi sorridano e io cerco, in qualche modo di ricambiare il loro sorriso malgrado la situazione, per quanto mi riguarda, non sia delle migliori.
Appena entro, noto subito la grande finestra che da sul parcheggio, come se fossi attratta da una calamita mi precipito e mi affaccio. Vedo le stelle. Sono tante, e sono una più bella dell'altra.
-Nemmeno siamo arrivate e già ti stai deprimendo?- Sara è una delle poche con qui ho stretto di più, a parte Reby ovviamente. Lei è così dolce, mi piace moltissimo. Mi guarda con i suoi occhioni azzurro cielo e io non riesco a resisterle e la abbraccio.
-Odio le feste, non chiedermi perché, non te lo saprei spiegare con parole semplici- rido e lei mi imita.
Vedo i suoi occhi persi dietro di me, una sola parola per descrivere quel momento: vuoto. Vuoto quello che aveva dentro, non riuscivo a riconoscerla. Il suo viso diventa improvvisamente buio, quasi staccato dal resto del corpo. Mi volto anche io, cercando di capire quale sia realmente il problema. Lo faccio e senza rendermene conto quel problema diventa anche mio. Francesco è seduto sul suo motorino e davanti a sé ha una ragazza. Un bacio. Solo un piccolo, miserabile, sporco bacio a stampo. Guardo Sara. È irriconoscibile. Quasi come se le fosse caduto il mondo addosso e lei non fosse realmente pronta. La capisco. Mi ci rispecchio nei suoi occhi in questo momento. Ripenso al teatro, a Romeo e Giulietta, ripenso alla rosa, a quelle parole. Ripenso a tutto e mi viene voglia di vomitare. Non so spiegarlo bene. È strano. Solo quando vedo una lacrima sul volto di Sara mi rendo conto che il vero problema è un altro.
-Da quanto tempo ci stai dietro?- domando senza fiato, mi fa solo cenno con la mano. Due anni. Due. Due anni. Mi riesce difficile credere una cosa del genere.
-Quando l'ho visto per la prima volta aveva pensato fosse uno di quei ragazzi a cui piace prendere in giro le persone, poi l'ho conosciuto meglio e piano ho capito che in fin dei conti sa essere dolce, e poi quegli occhi, di un colore che non saprei descrivere, color...
-Oro...Color oro- la interrompo continuando la sua frase, avevo guardato quegli occhi così bene che avrei saputo descrivere ogni singolo filamento della pupilla, amavo quegli occhi. Erano, forse, l'unica cosa vera che avevo visto in lui.
-Esatto, proprio quel colore.- sospira, poi si asciuga quella lacrima.
Francesco entra dalla porta principale e mi guarda, di nuovi i nostri occhi si abbracciano, uno lo specchio dell'altra. È meraviglioso. Non si avvicina, va direttamente nella sala del buffet, Sara lo segue per salutarlo. Sento il vuoto sotto i miei passi, mi basta un attimo per realizzare tutto, il tempo di restare un secondo da sola. E realizzo.
Prendo la borsa che avevo appoggiato su una sedia e vado via. O forse dovrei dire 'fuggo'. Ma fuggo da cosa? Non lo so. Forse da una storia che potrebbe farmi male, che già l'ha fatto. Mi ha sbattuto contro mille lame di un coltello tagliente. Brucia. Brucia forte. Ma questa volta non per la felicità, ma per la rabbia. Apro la borsa e prendo quella rosa, l'avrei portata ovunque. Ma la lascio lì, caduta vicino al suo motorino. Torno a casa a piedi, e ci metto quasi un'ora. Ma che importa. Non mi importa di nulla. Vuoto. Buio. Nero. Tutto mi sembra aver perso credibilità. Niente mi sembra tanto reale come quel bacio visto, come le lacrime di Sara. Devo smettere di pensare. Mettere il cervello in pausa, per una buona volta. Entro in casa senza far rumore. Mi avvicino al cestino della spazzatura. È ancora lì.
Compongo il numero e premo invio senza nemmeno pensarci: 'Ciao Edo, scusa ma stasera proprio non potevo. Domani alle 8 va bene?"
Nel silenzio di una notte buia rigiro tra le mani quel pezzo di carta, lo guardo e lo fisso. Ho fatto bene. È giusto così. Sara è arrivata prima, e poi lui ha baciato un'altra ragazza. Si. Sarò felice. Devo. Ne ho bisogno, sinceramente.
Alzo gli occhi al soffitto, guardo quel muro bianco e nel frattempo cerco di autoconvincermi. Chiudo gli occhi e come se fosse una magia vedo gli occhi dorati di Francesco.
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Tra il cielo e il mare.
Fantasy-Davvero non capisci? La tua curiosità ha rovinato tutto, tutto quello che c'era di bello tra me e te, ora siamo condannati per sempre. -Condannati? -Per l'eternità- un brivido mi percuote. -Non mi importa- ribatto decisa. -No?- sembra sorpreso. -Co...