17. Il grande giorno.

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Era passati altri due mesi, era quel fatidico giorno e mancavano cinque ore al processo.

Lo avrebbe vinto?

Sarebbe uscita subito o avrebbe trascorso altro tempo lì dentro?

Erano tutte le domande che si poneva Gisele e tra solo cinque ore avrebbe avuto le risposte.

Era molto nervosa, erano le sei del mattino e il processo si svolgeva alle undici di quella stessa mattinata. Annie dormiva ancora nel suo letto, mentre la spacciatrice era seduta a gambe accavallate sulla sedia mentre si mangiava un'unghia. Ne aveva già mangiate sette, mancavano le ultime tre.

«Annie, ti prego svegliati! Sono troppo nervosa, aiutami! Mi devi calmare!»

Strattonò l'amica che era girata di spalle. Borbottò alcune parole incomprensibili e, poi, con la voce ancora impastata dal sonno chiese che ore fossero.

«Sono le sei e dieci. Senti, lo so che è presto, ma io ho bisogno di qualcuno che mi conforti e non c'è una terza persona in questa stanza.»

Sbuffò rumorosamente e si mise a sedere.

«Non potevi chiamare Fabio?» chiese mentre si stropicciava gli occhi.

«Non lo nominare, lo sai che non ci parliamo da due mesi.»

Ringhiò.

Era vero, quei due non si erano più parlati, si rivolgevano la parola solo quando Fabio la chiamava per dirle che Albert era venuto in carcere per parlare con lei.

Ogni volta si ripeteva questa dannatissima frase:

«Stevens, c'è Abagnale per te.»

E puntualmente la risposta era

«Arrivo.»

Le due frasi in tutto comprendevano sei parole, non era mai successa una cosa del genere nelle loro conversazioni.

Ma le cose erano cambiate, Gisele era stata delusa. Ogni tanto alcuni ricordi riaffioravano, pensava sempre a quello schiaffo ma sopratutto alla litigata che avvenne quella sera nella sua cella.

A volte si chiedeva cosa sarebbe successo se avesse risposto in un altro modo, magari in un modo più gentile o addirittura se era il caso di rispondere in maniera ancora più rude.

Tutte domande plausibili, ma non avrebbero mai avuto una risposta.

C'era una cosa che però la mora notava; la felicità era scomparsa. È vero, negli ultimi periodi litigava spesso con Fabio, ma da quando si sono allontanati del tutto niente aveva più senso.

L'ora libera iniziò ad odiarla sempre di più, faceva ricordare cose che lei voleva dimenticare ed era per questo che spesso decideva di rimanere in cella o, al massimo, supplicava Annie di raccontarle qualcosa in modo da poter avere la mente occupata.

Nei mesi precedenti ogni volta che lui le era vicino, era felice. Non era il caso che si parlassero, le andava benissimo anche solo sentirlo accanto. Si sentiva protetta e nel suo posto sicuro.

Ma che cosa succede quando il tuo posto sicuro ti delude?

Quando non sai più se fidarti o meno?

Si diventa spaesati, si rischia di cambiare e di trovare il negativo ovunque.

Se non hai il tuo "posto felice" vedrai sempre le cose come se fossero "un bicchiere mezzo vuoto."

Che fine aveva fatto il suo bicchiere bello pieno?

Era caduto a terra e si era frantumato, e alcune schegge si erano conficcate nel suo fragile cuore.

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