7. Ora di libertà.

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«Stevens, Tresir avete la vostra ora di libertà.»

Era curioso come quest'ora si potesse svolgere solo all'interno di un giardino con una protezione paragonabile alla Muraglia Cinese, pensò la spacciatrice.

Si alzò dallo scomodo letto seguita da Annie e da alcune sue imprecazioni sussurrate, era furiosa perché era stata svegliata dal suo riposino pomeridiano per ricevere questa "stupida" informazione.

«Dai, sei assurda! Hai solo quest'ora in tutta la giornata per stare all'aria aperta e vorresti perderla per una dormita? So che ami dormire, ma quando torniamo potrai riprendere.» disse Gisele mentre camminavano nel lungo corridoio che le portava al giardinetto.

La cheerleader sbuffò rumorosamente.

«Si, lo so. Ma stavo facendo un bellissimo sogno e non mi va genio che non ho potuto sapere come andava a finire.»

«Che cosa sognavi?» chiese curiosa e con un sorriso sulle labbra.

Sapeva che probabilmente aveva sognato George e lei in un momento romantico e voleva sapere se era così.

«Io e George-bingo! Pensò la mora- eravamo in una stanza tutta bianca, credo che fosse il paradiso. Gli chiedevo scusa per tutto quello che avevo fatto, gli dicevo di quanto lo amassi e poi stavo accennando ad altro, ma il suo dito si è posato sulle mie labbra e stava per parlare. Poi sono stata svegliata.» disse con tristezza.

«Volevo sapere se ero stata perdonata, adesso sarei potuta essere la ragazza più felice del mondo e invece non saprò mai cosa ne pensa del mio gesto.»

La ragazza aprì la porta e salutò con la mano- e con un finto sorriso- alcune ragazze che erano sedute sull'erba.

«Chi sono?» chiese Gisele con uno sguardo scettico nei confronti di quelle donne.

«Sono delle stronze. Ma le saluto lo stesso, sono una ragazza educata in fondo.»

«Perché le odi? Ti hanno fatto qualcosa?» disse alzando un sopracciglio.

«No, affatto. Ci ho parlato un paio di volte e mi sono risultate antipatiche.» Ammise.

«Capisco, senti io vado a vedere se posso parlare con Torres. Ci vediamo dopo okay?»

«Perché ogni volta che lo nomini i tuoi occhi assumono la forma di cuoricini?» rispose divertita.

«Annie smettila! Ti ho già detto che non mi piace!»

«Si, certo. Va bene adesso vai dal tuo bello!» le diede un'amorevole pacca sul sedere e si andò a sedere sull'erba con l'intento di rilassarsi e di respirare aria pulita per sessanta minuti, o poco meno.

«Ehm..sono Gisele Stevens, potrei parlare con l'agente Torres?» chiese gentilmente ad un agente che si trovava in giardino.

«Perché vuoi parlare con lui?» chiese con poco interesse l'uomo dalla corporatura robusta.

«Perché ho saputo che si può fare e devo chiedergli un paio di cose.» la domanda di quell'uomo la stava rendendo nervosa e la stava infastidendo, ma cercò di non darlo a vedere per evitare che quella futura conversazione le fosse negata.

Il guardiano sussurrò un okay per poi pronunciare il nome del collega in un woki toki.

Rimase in piedi ad aspettare che quell'affascinante uomo entrasse da quella stramaledetta porta. Passò poco più di un minuto e la paura che non si presentasse si faceva sempre più reale.

Iniziò così a battere ritmicamente il piede destro sul terreno, voltò lo sguardo a destra e a sinistra e quando si ritrovò a guardare la porta questa si aprì con violenza mostrando un Torres sorridente e affannato per colpa della corsa, che probabilmente aveva fatto.

You're my freedom.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora