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Salve gente C: 

Come promesso ecco l'altro capitolo, molto più lungo del precedente, del quale ancora mi scuso!
Siamo al capitolo dieci, che rivela una cosa importante e tra l'altro, oggi è anche il mio compleanno :D quindi siate gentili e fatemi sapere cosa ne pensate o se per lo meno apprezzate la mia storia c:

In ogni caso, come sempre, grazie per continuare a seguirla :)

-Anna 

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Nella classe di studi sociali c'era uno strano orologio che sicuramente aveva comprato il professore, con un paio di occhi e un ghigno sorridente, le lancette stavano nel mezzo come se fossero il naso, ma ogni volta che lo guardavo mi dava l'impressione che mi stesse rivolgendo un'inquietante occhiata di sfida proprio al di sopra della lavagna verde. Il professor Castro aveva disposto nuovamente sei sedie in cerchio sulle quali adesso eravamo seduti e la mia -accanto a quella di Harry- stava proprio di fronte a questo orologio che ticchettava pigramente come a voler farlo apposta, rievocando da qualche parte nella mia mente la scena iniziale di high school musical 2. 

Ma purtroppo non era estate, la scuola era appena agli inizi, era sabato pomeriggio ed eravamo confinati in quella classe per almeno un'ora. In più, il professore se ne stava serenamente seduto sulla cattedra come al solito, aspettando che qualcuno si decidesse a parlare, visto che eravamo lì da dieci minuti e nessuno aveva ancora aperto bocca.
«Allora professore, che si fa?» irruppe scocciato Fred alla fine «non ho rinunciato al mio scrub con Suzy per questo silenzio» Castro sorrise, ma in modo differente dal giorno precedente, questa volta era davvero divertito e probabilmente in qualche modo compiaciuto da se stesso.
«Bene» disse «è vero che la relazione che dovrete scrivere è individuale, e che dovete dividervi per forza a coppie. Ma lo scopo di questo esperimento sociale è permettere ai ragazzi di socializzare, persone come voi che non si erano mai nemmeno incrociate per il corridoi, volutamente. Qualcuno di voi ha mai visto The Breakfast Club?»
«Lo conoscono tutti quel film, professore» rispose Fred «e non mi venite a dire che è un film solo da gay. Perché l'avrete visto anche voi tre, ci scommetto» aggiunse indicando Brent, Harry ed Ethan.
«Si okay l'abbiamo visto, e quindi? Vuole ripetere l'esperienza? Se così stanno le cose, mi chiuda in isolamento. Non chiedo altro» ribatté Ethan incrociando le bracci al petto, decisamente scocciato.
Castro alzò appena gli occhi al cielo «visto che sei stato proprio tu ad interrompere il silenzio, Fred. Potrai essere tu a rispondere per primo alla domanda che sto per porvi, quando ti sentirai pronto ovviamente: qual è una cosa che di te nessuno sa?» chiese il professore.
«Che fortuna» commentò lui sarcastico.
«Sta scherzando spero»
«No, Harry» Castro sorrise di nuovo, paziente «ma prima che qualcuno di voi dia una risposta, io uscirò dalla classe. Questo progetto riguarda solo voi ragazzi, io sono il vostro docente e non m'interessa curiosare nella vostra vita privata a meno che voi non abbiate bisogno di una mano, che sarò felice di darvi se verrete a chiedermela di vostra spontanea volontà»
«Perché, possiamo fare ancora qualcosa spontaneamente?» borbottò Ethan con una finta espressione sorpresa in viso ma che in realtà traboccava d'ironia da tutti i pori, Castro lo ignorò.
«Su avanti, se Fred non vuole cominciare qualcun altro prenda l'iniziativa. Ormai siete qui e conoscete già più cose dell'altro di quante ne avreste volute sapere, siete tutti sulla stessa barca» detto questo, un po' adirato a dire il vero, uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Ethan sbuffò, Harry si passò una mano tra i capelli e Brent gettò la testa all'indietro oltre la sedia guardando il soffitto ed incrociando le bracci al petto con uno sbuffo. Fred accavallò le gambe guardando fuori dalla finestra per niente intenzionato a seguire le direttive del professore e Lissa prese a digitare velocemente sulla tastiera del suo cellulare completamente disinteressata.
E io non potevo credere a quello che stavo per fare «io...» tossii appena quando tutti gli sguardi corsero a me, alcuni sbalorditi e altri confusi «insomma, cioè...io non ho mai avuto un vero ragazzo, si.» sputai, anche se odiavo ammetterlo e probabilmente non ci avrei mai scommesso sopra, avevo fiducia nelle intenzioni del professor Castro. Magari quell'esperimento sociale avrebbe aiutato -non dico tutti- magari qualcuno di noi a rendere più facile la socializzazione o la comunicazione con altri individui e in cuor mio, sapevo di averne davvero bisogno.
«Beh? Ti sembra qualcosa che nessuno sa?» rispose Fred alzando un sopracciglio.
Lissa ridacchiò «classico, hai proprio l'aria da verginella inesperta» commentò senza alzare lo sguardo dal cellulare, ma non mi sembrò che avesse davvero l'intento di deridermi o criticarmi.
«Non parlarle in questo modo» il mio cuore perse un battito, con mia grande sorpresa era stato Harry a difendermi «perché tu non ci riveli il segreto del perché sei così troia? Puoi anche fare un disegnino alla lavagna, tanto il cazzo lo conosci a memoria» Ethan trattenne a stento una risata.
Come sono strani i ragazzi, il giorno prima si urlano addosso tentando di picchiarsi e il giorno dopo, ridono delle battute squallide dell'altro. Davvero inconcepibili...
«Smettetela!» sbottò Brent prendendo tutti alla sprovvista «vi sembra il modo di parlarvi?» rispose in un cipiglio che spaventosamente mi ricordò il professor Castro, forse anche lui teneva a quell'esperimento o meglio, vi avesse riposto le mie stesse speranze.
«Allora parla tu, sottiletta» lo apostrofò Fred beccandosi un'occhiataccia da Ethan, tuttavia Brent sorrise beffardo come se sapesse che quello che stava per dire avrebbe cancellato quell'espressione altezzosa che l'altro aveva perennemente stampata in faccia, quasi come una maschera che indossava abitualmente e con una certa riluttanza.
«Vuoi sapere perché sono così magro? Bene, ti dirò qualcosa che nessuno sa: ho il diabete. Già, i miei genitori hanno un altro figlio malato. E la cosa divertente è che l'ho scoperto da solo due anni fa, e nonostante mi faccia d'insulina, loro all'inizio non se ne sono nemmeno accorti» calò il silenzio.
In effetti ci era riuscito, il sorrisetto insolente di Fred di spense e le sue labbra si divisero appena, in un'espressione sorpresa e poi a seguire dispiaciuta.
«Sei una testa di cazzo, Fred» sibilò Ethan «e tu perché non me l'hai detto? Come l'hanno scoperto i tuoi?» Brent fece di no col dito «ora tocca a te» rispose sfoggiando l'ennesimo sorriso.
Ethan sospirò scostandosi i capelli neri dalla fronte, erano lunghi, ma non quanto quelli di Harry «i miei genitori sono insopportabili, ogni scusa è buona per rinfacciami qualcosa o per litigare tra di loro sulle sorti del mio disgraziato futuro. Così cerco di starmene fuori da quella casa il più allungo possibile, se non fosse per mia sorella non tornerei nemmeno a dormirci» ecco cosa intendeva Brent il giorno prima, quando aveva detto che Ethan ha cose complicate per la testa.
«Mi dispiace» dissi di getto, lui mi guardò e gli angoli della sua bocca si alzarono in un abbozzo di sorriso, come per ringraziarmi.
«Ho un fratellastro» s'intromise Harry, facendo la sedia leggermente più vicina alla mia «ha sei anni e anche se non c'entra niente con il divorzio dei miei genitori, non lo considero per niente, non l'ho mai considerato in realtà» confessò, io mi voltai a guardarlo sorpresa, non mi aveva ancora mai parlato di un fratello.
«I miei genitori sono due stronzi, sul serio. Li odio e non vedo l'ora di andarmene, per fortuna ho ottenuto una borsa di studio per l'università di Liverpool» aggiunse Fred soddisfatto.
«Perché li odi?» chiede Brent.
«Vi ho detto i peccatori, non vi dirò il peccato. Per ora» fece l'occhiolino ad Harry come se volesse sottolineare il fatto che avendo lasciato un alone di mistero intorno alla sua confessione, ora potesse apparire più sexy ai suoi occhi.
L'altro alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa e tutti ci voltammo verso Lissa «che c'è?» chiese lei rialzando la testa dalle sue dita in movimento sullo schermo dell'Iphone dopo il silenzio che era calato nella stanza «oh, tocca a me...mmh vediamo» si arricciò una ciocca di capelli castani.
«Almeno voi ce li avete entrambi i genitori, mia madre è rimasta incinta a sedici anni. Mio padre l'ha mollata appena l'ha saputo e se ne andato chissà dove, non l'ho mai conosciuto.
Ma lei è andata avanti e ha terminato gli studi, si è addirittura laureata in legge mentre io crescevo con i miei nonni, è diventata un avvocato e si occupa di casi particolari a volte anche simili al suo, o roba più seria come abusi di minore e cose di questo genere. Adora il suo lavoro ed è sempre molto impegnata, a casa non c'è quasi mai, abbiamo rari momenti da trascorrere insieme e ultimamente nemmeno tanto, visto che sospetto stia frequentando qualcuno. Però, nonostante tutto, ammiro molto la sua forza» concluse con una scrollata di spalle, nessuno aggiunse altro.
Io guardai il soffitto cercando di trattenere le lacrime, non volevo essere io quella che piangeva, non volevo essere io la più debole del gruppo. Ma nonostante mi opponessi con tutte le mie forze, stringendo i pugni e serrando la mascella, diverse lacrime mi rigarono le guance velocemente.
Mia madre non aveva mai avuto l'occasione di essere così forte ed indipendente, impugnando con forza la sua vita come invece c'era riuscita la madre di Lissa. Aveva sempre dovuto fare affidamento su qualcuno e allo stesso tempo combattere contro quella malattia che ormai si era presa tutto di lei, il suo corpo, i suoi lunghissimi capelli, la sua giovinezza e la sua spensieratezza. Anche se ce l'aveva messa tutta in quella lotta contro la morte, alla fine l'aveva persa, ma questo non voleva dire che io non l'ammirassi. Solo che ero così arrabbiata e delusa, che non sapevo mai a chi dare la colpa per quello che era successo, ammesso che ci fosse realmente qualcuno da incolpare.
«Jess, che ti succede?» Lissa sembrava sorpresa almeno quanto me, io non piangevo. Mai. Per lo meno non in presenza di altre persone, specie degli estranei che sapevo mi avrebbero giudicato.
Scossi la testa coprendomi la faccia con le mani e subito dopo ne percepii altre due, molto più grandi, afferrarmi per le braccia e tirarmi verso sinistra, senza avvisarmi o chiedermi il permesso. Un corpo caldo mi strinse a se e quelle stesse mani mi accarezzarono la schiena come a volermi rassicurare, nessuno fiatò.
«Io...ho detto qualcosa di sbagliato? Non le ho detto nulla!» Lissa sembrava davvero atterrita, mi venne quasi da ridere.
«Chiudi la bocca, non riguarda te. Ti pare?» sibilò Ethan.
Il profumo che Harry emanava non sapevo nemmeno descriverlo, eppure era una fragranza così piacevole che m'invogliava a rimanere tra le sue braccia per sempre, nonostante fossi consapevole che era una situazione alquanto imbarazzante e patetica.
Solo allora mi resi conto che il vero segreto di Harry non era quello che aveva rivelato poco prima, ma questo: fare qualcosa di carino per un'altra persona pubblicamente. Il fatto di tenere a qualcuno e rivelarlo, erano queste le cose che di lui nessuno sapeva. E lo stesso valeva per me: mostrare le mie fragilità e manifestare i miei sentimenti.
«Sua madre è morta» disse lui alla fine, la sua voce profonda riverberò attraverso l'orecchio che tenevo premuto contro il suo petto, visto che le sue braccia erano ancora intorno a me e non avevano intenzione di lasciarmi andare, come se volessero proteggermi da tutto quello che avevamo intorno.
«Oh...» si lasciò sfuggire Lissa.
«Non poteva mica saperlo» la difese stranamente Fred, che per una volta non sembrava in vena di voler essere spiritoso.
«Direi che questa riunione possa anche terminare, andiamocene» attraverso il braccio teso di Harry vidi Brent alzarsi e prendere Ethan per un gomito spronandolo a fare lo stesso «credo che Jess abbia bisogno di un po' di privacy adesso» aggiunse dirigendosi alla porta. Mi sentii decisamente più sollevata sapendo che almeno non avrebbero visto la mia faccia rossa e i miei occhi gonfi, e dovevo soltanto ringraziare Brent per questo, per aver capito.
Altre due sedie strusciarono sul pavimento e attraverso il piccolo varco vidi anche Fred e Lissa lasciare la classe, lasciarci da soli. Dopo poco Harry mi lasciò andare lentamente «va meglio?» fissai il pavimento scuotendo la testa.
«Non voglio che gli altri pensino che sono io quella più debole» risposi tirando sul col naso.
«Dovresti smetterla di preoccuparti di quello che pensano gli altri» ribatté fermamente «io non lo penso, non lo sei. Hai idea di quanto coraggio serva per piangere? Si fa prima a fare gli spacconi insensibili» la sua mano mi scostò i capelli dal visto, mi piaceva l'Harry premuroso. Ma chissà quando l'avrei rivisto, domani sarebbe cambiato di nuovo?
«Non pensi nemmeno che sia pazza?» ribattei, tanto per essere sicura.
Harry sorrise appena «Secondo me non bisogna chiedersi perché la gente diventa pazza, chiediti perché non lo diventa. Davanti a tutto quello che possiamo perdere in un giorno, un istante. Penso che sia più gusto chiedersi che cos'è che ti fa restare in te» [Citazione.]
Mi passai due dita sotto l'occhio destro sporcandole di mascara «non ti facevo così profondo» commentai ironica, lui ridacchiò e io sorrisi cercando di dimenticare quello che era appena successo.
D'un tratto l'orologio che Harry aveva al polso emise un piccolo trillo «cazzo, sono le quattro. Siamo qui dentro da un'ora e mezza» imprecò alzandosi dalla sedia «devo proprio andare, ho promesso che avrei dato una mano in parrocchia. La festa, sai...» disse sbrigativo lasciando la frase in sospeso mentre si dirigeva verso la porta in tutta fretta, ma prima ancora che allungasse la mano per aprirla, parve ripensarci e si voltò un'ultima volta.
«Ti va di venire con me?»



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