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Salve gente! 

Come ogni volta mi scuso per il ritardo ma davvero, il mio PC è andato ma fortunatamente ho tutto salvato su una pennina e ogni volta cerco qualcuno per farmi pubblicare, quindi vi lascio immaginare...

In ogni caso, in questo capitolo cominciano a spuntare fuori altri dettagli, sia su Harry che su qualcun altro! Spero che il capitolo vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate C:

-Anna

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Camminavo di fianco ad Harry mentre ci accingevamo a raggiungere la parrocchia immersa nei miei pensieri e poco dopo gli andai a sbattere contro quando si fermò ad un semaforo, alzai la testa verso di lui e lo vidi sorridere scrollando le spalle come a giustificarmi. Quando riprendemmo a camminare le nostre dita si sfiorarono per sbaglio gettandoci entrambi in uno spietato imbarazzo che fece correre i nostri occhi in tutte le direzioni possibili purché non s'incontrassero.
«E così hai un fratello di sei anni?» chiesi per alleggerire l'atmosfera, o almeno così sperai.
Harry non rispose subito, aveva scelto la strada più lunga per raggiungere la chiesa tagliando per la piazza, così poteva far finta di distrarsi guardando gli addetti alla manutenzione che montavano le luci, gli stand e perfino una ruota panoramica, inoltre c'erano un sacco di persone che si aggiravano per le strade posizionando le proprie bancarelle, erano per lo più stranieri.
«Fratellastro» mi corresse alla fine «è il figlio di mio padre e quella donna» aggiunse con una smorfia disgustata, come se la sola idea di suo padre insieme alla sua nuova moglie lo ripudiasse a prescindere dall'argomento.
«Avete pur sempre un genitore in comune» gli feci presente, che lo volesse o meno, in ogni caso era suo fratello.
Lui sbuffò «non ricordarmelo» fece un cenno di saluto ad un uomo su una scala che applicava delle lampadine all'albero più grande della piazza, quello vicino al grande gazebo con la volta in vetro. Sotto il quale una volta, tanto tempo prima, c'ero stata con mia madre a chiacchieravamo allegramente aspettando che l'acquazzone che ci aveva sorpreso nel bel mezzo di una rara passeggiata, passasse.
«Qual è il suo nome?» chiesi con un sorriso triste che non aveva niente a che vedere con il fratello di Harry.
«» rispose riluttante.
«E magari, non pensi che Christoper vorrebbe poter avere la possibilità di conoscere suo fratello maggiore?» proposi beccandomi un'occhiata torva.
«Senti, dobbiamo per forza parlare di questo?» ribatté, mi resi conto di star sconfinando di nuovo e non avevo nessuna voglia d'irritarlo.
«Scusa, non volevo impicciarmi degli affari tuoi» risposi in fretta, giusto per mettere in chiaro che non era mia intenzione passare per una ficcanaso.
Lui sospirò passandosi una mano fra i capelli «non è questo...è che non voglio semplicemente parlarne, è meglio che mio padre stia fuori dalla mia vita il più possibile» spiegò, allora distrattamente mi chiesi che cosa avesse fatto quell'uomo di tanto grave per avere una così bassa opinione agli occhi del figlio, a parte andare a letto con un'altra donna.
Comunque a me personalmente sembrava un atteggiamento sbagliato, perché se hai un problema non puoi semplicemente fare finta che non ci sia aspettandoti che sparisca, ignorarlo serve soltanto a triplicarlo.
Ma preferii non insistere sull'argomento, se un giorno avesse voluto parlarmene allora l'avrei ascoltato, anche se ero più che sicura che se non avessi forzato la mano quel giorno non sarebbe mai arrivato.
La chiesa aveva uno spiazzale molto grande sul retro, che affacciava sulla strada adiacente a quella principale, ovvero quella che avevamo percorso per arrivarci. Lo spiazzo era già allestito con vari stand: c'era quello degli hamburger, quello dei gelati e dello zucchero filato che mi riportò alla mente il grande sorriso da bambina di mia madre ogni qual volta ci si avvicinava.
Inevitabilmente ritrovarmi in mezzo a tutte quelle cose tanto familiari ed estranee allo stesso tempo, non poteva far altro che riportarmi alla mente ricordi dolceamari che custodivo gelosamente nel mio cuore, che nemmeno la morte mi avrebbe strappato via.
Comunque oltre al cibo, c'era un punto di raccolta per gli abiti dismessi e un'ambulanza che prelevava il sangue da qualche donatore di passaggio, che sarebbe stato trasportato successivamente all'ospedale più vicino.
«Vieni» disse Harry prendendomi per un braccio mentre attraversavamo la strada, alzai gli occhi al cielo. Mi aveva forse preso per una ragazzina stupida incapace di camminare da sola? Ci mancava soltanto che mi avvisasse di guardare in entrambe le direzioni.
Non appena mettemmo piede oltre il cancelli il reverendo Dan ci venne incontro con un sorriso che andava da un orecchio all'altro «Jess, è davvero un piacere rivederti!» mi accolse cordiale «come stai?»
«Sto bene, la ringrazio» risposi arrossendo appena, non avevo dimenticato le sue parole: "la tua strada ora si è legata a quel ragazzo", cosa che faceva sembrare il nostro arrivo qualcosa di premeditato e fraintendibile -peggio di quanto già non fosse stato frainteso- ai suoi occhi.
«Harry, tua madre è da quella parte. Vi darà sicuramente qualcosa da fare» annunciò il reverendo fin troppo entusiasta per i miei gusti, additando poi uno stand apparentemente vuoto.
Lui annuì ciondolando da quella parte e facendomi cenno di seguirlo, salutai il parroco con un sorriso imbarazzato dopo la strizzata d'occhio che mi fece e mi affrettai a raggiungere Harry.
Dietro al banco anteriore si trovavano due donne e un ragazzino, una era rivolta di spalle e sembrava discutere con lui, l'altra invece ci rivolse uno sguardo indagatore. Aveva gli occhi grigio-azzurri e assomigliava in maniera quasi sconvolgente ad Harry, infatti quando sorrise le spuntò una fossetta sulla guancia destra «ciao tesoro» si rivolse al figlio.
«Umh...mamma, ti presento Jess. Un'amica, è venuta per dare una mano» rispose sbrigativo passandosi una mano tra i capelli vagamente a disagio e dovetti trattenermi dal ridere, sembrava intimorito dalla donna che aveva di fronte: e così, Harry Styles aveva ancora un'altra versione di se stesso.
«Un'amica» ripeté la donna scettica «è un vero piacere conoscerti Jess, ma chiamai pure Anne» disse cordiale porgendomi la mano che strinsi «conosci Harry da tanto?» aggiunse curiosa.
Lui sbuffò «vuoi darci qualcosa da fare o no?» la rimproverò con un leggero rossore che gli colorava le guance. Non era mia intenzione voltarmi a guardarlo atterrita -alzando entrambe le sopracciglia scettica e allo stesso tempo sbalordita- per imprimere quell'avvenimento nella mia memoria, lo conoscevo da quasi quattro anni e non avevo mai visto una cosa del genere. Non che avessimo passato poi tanto tempo insieme come in quell'ultimo periodo, ma mi era passato davanti praticamente per tutta la vita e aveva sempre avuto un'aria spavalda e sicura di se, non sembrava il tipo di persona che poteva arrossire.
«Per favore» aggiunsi al posto suo, sua madre mi sorrise in modo dolce e lui alzò gli occhi al cielo.
A quel punto anche la donna di spalle si voltò afferrando il polso del ragazzino che aveva un'espressione ribelle sul viso, ma che quando vide Harry s'illuminò in modo quasi reverenziale. Entrambi, sia la donna che lui mi ricordavano qualcuno, ma non riuscivo ancora creare una qualche sorta di collegamento.
«Harry, finalmente ti sei degnato di raggiungerci» disse lei divertita, ma c'era anche dell'arroganza nel suo tono di voce.
«Scusi il ritardo signora Campbell, sono stato trattenuto a scuola» si giustificò lui piatto «ciao Ben» aggiunse più caloroso notando il ragazzino.
Campbell.
E in un attimo, tutto mi fu chiaro. I capelli castano chiaro della signora -ora legati in una crocchia dietro la testa- e i grandi occhi azzurri dalle lunghe ciglia appartenevano a Fred e al ragazzino, che doveva avere all'incirca undici o dodici anni e tentava di liberarsi dalla sua presa.
«E tu chi sei?» chiese la madre di Fred, ignorando le proteste del figlio.
«Si chiama Jess ed è la figlia di Kristen, giusto?» parlò per me Anne e io annuii titubante, presa in contropiede da quell'affermazione «conoscevo tua madre» aggiunse poi, come a volersi spiegare. Lanciai uno sguardo ad Harry e lui me lo restituì alzando le spalle, probabilmente nemmeno lui era a conoscenza di questo dettaglio.
«Si, è tutto molto commovente. Ci dispiace per la tua perdita, ma adesso mettetevi a lavoro» s'intromise la signora Campbell insofferente prima che potessi prendermi la libertà di essere curiosa «Tu e tu, rimanete qui. C'è questa roba negli scatoloni che deve essere esposta sul banco, è roba d'antiquariato e alcune cose costano un occhio della testa, mi raccomando» istruì indicando me ed Harry «Anne, Diana ti cercava. Metà delle sue torte sono finite per terra, trovate una soluzione» ordinò «e tu Benjamin, tu vieni con me. Non tollererò altre lamentele, volesse il Dio che mi vieni su come quel disgraziato di tuo fratello, o peggio» ringhiò trascinando il povero Ben dietro di se, che allungò il collo per fissare me e Harry fin quando poté. Non mi sorprendeva che il ragazzo al mio fianco fosse una specie di idolo per i ragazzini, dopotutto era bello e popolare e aveva un certo non so che in grado di affascinare gli adulti, specie le donne.
Anne sospirò prima che potessi farlo io e gliene fui grata, perché il mio sarebbe sembrato più sognante che scocciato «buon lavoro ragazzi» fece un altro sorriso e si allontanò anche lei.
«Che donna spregevole e bigotta» commentò Harry lanciando un'occhiata velenosa nella direzione che aveva preso la madre di Fred stretta in un vestito nero a fiori «è un mostro, tratta i suoi figli come cani» aggiunse aprendo uno degli scatolini che giacevano lì per terra.
Cominciai a fare lo stesso «ora capisco perché Fred dice di odiare i suoi genitori» riflettei ad alta voce con una smorfia, tirando fuori una lampada finemente lavorata.
«Suo padre non c'entra niente però, insomma secondo me anche lui è una vittima; è l'uomo che montava le luci sull'albero, quello che ho salutato poco fa. Quando non è con lei, è simpatico» affermò pensieroso poggiando sul banco un orologio a pendolo.
Non potevo credere che quella fosse roba usata, era in così ottime condizioni che sarebbe potuta passare per roba d'esposizione in qualche negozio artigianale, mio padre avrebbe sicuramente speso un botto di quattrini per il modellino lucido di un auto d'epoca che poggiai sul compensato, che in realtà non costava più di venti sterline.
«Frequenti molto la parrocchia?» gli chiesi poco dopo, continuando a mettere in ordine tutto ciò che trovavo nelle scatole.
Lui alzò le spalle «ogni tanto» rispose vago.
«Ehi Harry!» ci voltammo entrambi, un uomo dall'aria cordiale con un grembiule e un cappellino alzò delle pinze da barbecue e le oscillò a mo' di saluto, poco distante notai un carretto degli hot-dog.
Harry alzò gli occhi al cielo vagamente divertito «ciao Robin» rispose tornando immediatamente al suo lavoro, come se sperasse che ignorandolo sarebbe andato via, un po' come ogni cosa dopotutto.
«Non mi presenti la tua ragazza?» ribatté l'altro estremamente divertito, per niente turbato dalla sua mancanza d'attenzione o intenzionato ad allontanarsi.
Harry sbuffò scocciato stringendo le labbra per trattenere probabilmente un sorriso con il quale stava combattendo e probabilmente ebbe la meglio, perché riluttante disse: «Jess, ti presento il fidanzato di mia madre» senza però smentire la domanda del suo potenziale patrigno, io arrossii ma preferii lasciar correre, evidentemente se l'era solo dimenticato.
Robin si guardò la mano e poi se la ripulì sul grembiule prima di allungarla verso di me, io risi facendo altrettanto ma Harry mi tirò indietro il braccio prima ancora che lo spiegassi del tutto, con un'espressione torva sul viso.
«Non ci pensare nemmeno a stringere quella mano unta. E tu che razza di figure mi fai fare? Torna a vedere le salsicce» sbraitò.
Sia io che Robin ci scambiammo una risatina «come sei maleducato, molto piacere Robin, sono Jess» dissi invece e questa volta gli strinsi la mano leggermente scivolosa senza nessuna esitazione.
Harry scosse la testa contrariato e sibilò una qualche bestemmia tra le labbra, cosa che fece intuire al fidanzato di sua madre che era di andarsene «va bene, va bene. Torno ai miei affari, se avete fame fatemi un fischio» disse lui gioviale facendomi l'occhiolino «è stato un vero piacere conoscerti Jess, spero di rivederti» mi rivolse l'ennesimo sorriso prima di sparire.
«La tua famiglia è davvero simpatica» dissi quando fu abbastanza lontano.
«Sono così imbarazzanti» borbottò invece Harry.
«Questo è perché non hai ancora conosciuto mio padre» ridacchiai tornando a quello che stavo facendo un attimo prima.
«Sai Jess» cominciò, io mi voltai incontrando il suo sguardo magnetico «sei così carina quando sorridi...» ripeté per l'ennesima volta, quasi in un sussurro. Questa volta però il mio stomaco fece una piroetta su se stesso facendomi rimbalzare il cuore in gola, i suoi occhi sembravano così verdi ed attraenti che avrei potuto perdermici e scomparirci all'interno, come se fossero stati una vasta e altissima distesa d'erba.
«Perché...perché continui a ripeterlo?» mi azzardai a chiedere, sicuramente le mie guance si erano appena colorate.
«Perché non te l'ha mai detto nessuno e tu hai bisogno di sentirtelo dire, fino a quando non ci crederai per davvero» spiegò rimanendo di fronte a me, con le braccia lungo i fianchi e lo sguardo incatenato al mio.
«Suppongo che dovrei ringraziarti allora» ribattei ironica, la situazione cominciava ad essere strana e io avevo bisogno di una scappatoia, tuttavia lui sembrava divertito.
«Si, e accettare il mio invito» aggiunse.
Corrucciai appena la fronte «quale invito?»
«Verresti alla festa domani?» D?EN



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