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«Voglio sapere ogni dettaglio» roteai gli occhi al cielo sospirando attraverso la cornetta del telefono.

«Ti ho già detto tutto stamattina a scuola, Nina» risposi esasperata, era forse la quarta volta che quel venerdì pretendeva di sapere ogni dettaglio della fisionomia di Niall Horan.

«È che lo sai, non mi stanco mai di parlare di lui» si giustificò la mia amica, purtroppo lo sapevo eccome.

«Non fa niente» ci passai sopra con riluttanza, ero abituata alle sue infinite chiacchiere sui ragazzi per i quali si prendeva una cotta o aveva una relazione.

Un paio di colpi contro lo stipite della mia porta mi fecero alzare lo sguardo «Jess non vorrei sbagliarmi, ma c'è un ragazzo sul nostro vialetto di casa che penso ti stia cercando. È lì già da un quarto d'ora e fissa questa casa» disse mio padre, affacciandosi nella mia stanza.
Derek Carter non era un uomo di molte parole quando si trattava di cose serie, un po' come me in generale, ma a differenza mia aveva un gran senso dell'umorismo -o almeno credeva di averlo- e penso che stesse tentando di raffinarlo proprio in quel momento.

Alzai un sopracciglio «papà ho da studiare, non ho viglia di scherzare» risposi, lui alzò entrambe le sopracciglia.

«Sbaglio o sei al telefono?» ribatté, alzai gli occhi al cielo sbuffando e mi rivolsi alla mia migliore amica «scusa Nina, è meglio che vada. Derek è in vena di scherzi» commentai scocciata.

«Salutamelo!» rispose lei con una risatina prima che riattaccassi, mio padre si mise le mani nei fianchi con un cipiglio torvo.

«Jess, dico sul serio. Affacciati alla finestra se non mi credi» disse cercando di mantenere la stessa espressione seria, ma non era la prima volta che mi prendeva in giro. Ogni tanto cominciava a blaterare sul fatto che prima o poi avrebbe dovuto accendere gli irrigatori per scacciare tutti i ragazzi che sarebbero venuti a farmi una serenata sotto la finestra di casa, cosa che trovavo decisamente troppo plateale ed imbarazzante.
Alzai gli occhi al cielo e rimanendo sul letto, mi sporsi verso la finestra «santo diavolo!» sbottai e quasi rotolai giù dal materasso, mio padre si resse contro la porta ridendo come un matto.

«Papà smettila!» urlai sfilandomi gli occhiali dai capelli e gettandoli tra i libri sparpagliati sulle coperte, che diavolo ci faceva a casa mia? Come diavolo aveva fatto a trovare casa mia?

«Dovresti vedere la tua faccia, la mia bambina...» cominciò.

«Non è come pensi, vedi di smetterla» risposi stizzita e più nervosa che mai oltrepassai lui e la porta, mi bloccai sulle scale e abbassai lo sguardo per rendermi conto che indossavo una tuta di merda.

«Sai che io e tuo fratello conserviamo una bottiglia di champagne nel frigo da campeggio in garage, in attesa di questo giorno?» continuò lui estremamente divertito. Sospirai, avrei tanto voluto che la mamma fosse lì per portarlo via e rinchiuderlo chissà dove, non era affatto utile in quel momento.

«Papà, non è il mio ragazzo e mai lo sarà. Fine della storia, ne riparliamo dopo» risposi sbrigativa, che diavolo m'importava poi se Harry Styles mi vedeva indossare una tuta? Col trucco leggermente sbavato che avevo ancora da quella mattina a scuola?
Alzai gli occhi al cielo, ormai quel ragazzo aveva raggiunto uno status superiore, riusciva a ad infastidirmi anche se c'erano strade, mura e porte a dividerci. Feci un profondo respiro tentando di calmarmi e aprii la porta di casa, Harry si lanciò dietro una siepe e io mi portai una mano tra i capelli: era anche un idiota, oltre che uno stronzo e un pallone gonfiato.
Attraversai il vialetto cercando di non ridere nonostante ce l'avessi a morte con lui, ma era davvero una situazione paradossale quella, non avrei mai immaginato che un giorno avrei trovato Harry Styles a giocare a nascondino nel mio giardino.

«Ti ho visto Harry, pensi che la gente non si accorga di un imbecille che se ne sta impalato nella sua proprietà?» sbottai, era una sensazione strana quella che provavo: un misto tra divertimento, rabbia ed imbarazzo.

Come se niente fosse si rialzò e si scrollò i jeans scuri «infatti, pensavo che fosse tuo padre e non avrei saputo che cosa dirgli» alzai un sopracciglio «non sapevo nemmeno se questa fosse davvero casa tua o meno» continuò, poi scrollai le spalle con uno sbuffo.

«Che cosa vuoi?» lui aggrottò le sopracciglia.

«Hai cambiato partner per il progetto! Avevamo deciso-»

«No Harry, tu avevi deciso» lo corressi incrociando le braccia al petto.

«Ma tu eri d'accordo, se non ti stava bene avresti potuto anche dirmelo. Non dici mai niente, come pensi che la gente si accorga di te?!» sbottò.

«Ti sbagli. È con le persone come te, come voi del progetto, che vedono solo quello che vogliono vedere che non parlo! E poi è indifferente che vi parli o meno, non ho nulla da dirvi!» ribattei.

«E tu allora?» ringhiò lui « ti sei ascoltata? Tu pensi di essere migliore? Perché credi di essere in questo fottuto progetto anche tu?! Di tutti noi, anche tu vedi solo quello che vuoi vedere. Pensi di conoscermi eh? Eppure io sono qui di fronte casa tua, alla dieci di sera e fa un fottuto freddo! Hai idea da quanto tempo stia qui fuori solo per cercare di farti cambiare idea? Chi cazzo me l'ha fatto fare?!» urlò.

Rimasi in silenzio, ci fissammo. Aveva solo un giubbotto leggero a coprirlo e aveva il naso rosso, era quasi strano non vedere le sue braccia nude, visto che di solito se ne andava in giro a maniche corte anche a dicembre.
In cuor mio sapevo che non aveva tutti i torti, avevo sempre la tendenza ad allontanare le persone per una o per un'altra cosa e non riuscivo a confrontarmi con gli altri, quando succedeva improvvisamente il mio cervello si ammutoliva, anzi si annichiliva. Non riuscivo a credere che fosse realmente lì, perché non l'aveva fatto a scuola o da qualsiasi altra parte? La mia indole indulgente mi portò a credere che l'avesse fatto come una sorta di gesto estremo, perché così non mi sarei potuta rifiutare di ascoltarlo e nessuno ci avrebbe interrotti; ma c'era una vocina tremendamente fastidiosa che da qualche parte nella mia testa che mi diceva che probabilmente, l'aveva fatto solo perché così nessun altro ci avrebbe visto interagire.
Sapevo che non potevo continuare a starmene in silenzio, anche perché sospettavo che non se ne sarebbe mai andato a mani vuote, dovevo dirgli che non avevo cambiato proprio niente. Il professor Castro e gli altri ne erano totalmente all'oscuro e comunque, non penso che Castro avrebbe acconsentito ad uno "scambio di coppia".

Sbuffai «in realtà non l'ho cambiato, sei ancora tu» mormorai.

«Cosa?!» scattò.

«Ma avevo tutta l'intenzione di farlo!» ribattei, si accigliò nuovamente e poi si passò una mano tra i capelli. Era una specie di tic il suo?

«Senti, mi dispiace. Ma ero così stanco e preso dagli allentamenti che ho dimenticato il progetto» disse, almeno sembrava sincero.

«Avresti potuto avvertirmi, ma visto che non te ne frega niente...» lui alzò gli occhi al cielo.

«Non ho detto che non me ne frega niente!» si tastò le tasche freneticamente alla ricerca del cellulare, lo estrasse da quella posteriore e lo sbloccò «dammi il tuo numero, così se dovesse ricapitare -ma non ricapiterà- ti avviso. Va bene?» sembrava un genitore che scende a compromessi con una peste come figlio, ma allo stesso tempo era sollevato o addirittura divertito.

I suoi cambi di umore e soprattutto di personalità, mi facevano girare la testa, non sapevo mai cosa dovevo aspettarmi quando mi stava di fronte e dubitavo che col tempo le cose sarebbero cambiate, probabilmente lui non se ne rendeva nemmeno conto oppure, credeva stupidamente che gli altri non se ne accorgessero.

Salvò il mio numero e rintascò il telefono «è tutto?» gli chiesi.

«Mi dispiace, mi dispiace davvero. Anche per la siepe, è mezza ammaccata» rispose e anche se non avrei voluto, giusto per non dargli alcuna soddisfazione, mi misi a ridere.

«Sei molto carina quando sorridi» se ne uscì.

«L'hai già detto»

«Lo so»

Ci guardammo, i lampioni lungo la strada gettavano un bagliore giallo su entrami e un fascio di luce, come se fosse stato fatto di proposito, gli tagliava il viso a metà proprio all'altezza degli occhi vispi.
Fu un attimo, un breve attimo in cui i nostri sguardi si fusero insieme e la sua espressione divenne più seria e il verde delle sue iridi più profondo e ci fu un unico momento in cui provai qualcosa di diverso dal fastidio che solitamente mi provocava anche solo guardarlo ciondolare anziché camminare, fece un passo titubante in avanti e allungò una mano sfiorandomi delicatamente la guancia con il pollice.
Il mio cuore parve reagire simultaneamente e prese a battere con forza contro la mia cassa toracica, la frustrazione che fino a quel momento mi aveva annodato lo stomaco si allentò quasi del tutto e la rabbia di poco prima si spense in un istante, come se ricambiare quell'occhiata e lasciarsi sfiorare dalle sue dita attente, fosse una specie di toccasana per il mio animo. Non lo so cosa fosse quella sensazione di sollievo mista ad agitazione e tachicardia, ma non ebbi nemmeno il tempo di scoprirlo che un auto con della musica a tutto volume sfrecciò lungo la strada e il nostro contatto visivo s'interruppe, portando con se la sua mano che ricadde lungo il suo fianco e tutto il resto.

Tossi appena «dispiace anche a me comunque, per aver detto a Niall che sei uno stronzo, ero arrabbiata» risposi come per mi giustificai passandomi a mia volta una mano tra i capelli per scostarli dalla faccia.

«Non importa, va bene se dici quello che pensi. Anzi, forse dovresti farlo più spesso e smetterla di voler essere invisibile, mh?» come faceva ad essere due persone diverse allo stesso tempo, non riuscivo proprio a capacitarmene.

«Forse hai ragione» acconsentii abbassando lo sguardo sul lastricato del vialetto.
Lui sospirò e mi poggiò una mano su una spalla più insicuro di prima, facendomi rialzare di colpo lo sguardo ed incontrare nuovamente quei magnetici occhi verdi.

«Mi dispiace sul serio di averti lasciato da sola» ripeté, almeno sembrava davvero dispiaciuto. Così decisi di lasciar perdere, infondo sarebbe stato inutile continuare ad avercela con lui per qualcosa di cui non aveva pienamente colpa.

«Sei scusato» ribattei, lui fece un sorriso sfoggiando le sue famose fossette, di cui quelle del suo stupido fan-club parlavano tanto per i corridoio della scuola; in effetti, dovevo ammettere, che gli davano un'aria innocente e un po' infantile in contrasto con tutto il resto della sua spigolosa e fin troppo matura figura, che lo rendeva solo più accattivante ed attraente di quando già non fosse o se ne vantasse.

«E comunque non pensavo che fossi quel tipo di ragazza che s'intrufola negli spogliatoi dei maschi. Non me l'aspettavo, e il fatto che cercassi me poi...» aggiunse divertito, il suo adorabile sorriso si tramutò in uno più malizioso facendomi inavvertitamente arrossire. Nemmeno io mi aspettavo una tale prontezza e scioltezza da parte mia, non tanta almeno da spingermi addirittura ad entrare in un covo pieno di ragazzi mezzi nudi solo per potergli urlare contro, speravo solo che il professor Adams non si fosse fatto una brutta opinione della sottoscritta.

Tuttavia risi dandogli una spinta scherzosa «non ti sarebbe piaciuto per niente se ti avessi trovato prima che Niall mi bloccasse» ribattei facendomi più seria.

«Questo dipende dai punti di vista» commentò alludendo a chissà cosa, alzai gli occhi al cielo cercando d'ignorare l'imbarazzo che mi colorò di più le guance.

«Voi tornartene a casa adesso? Ti prenderai una polmonite» lo avvisai indietreggiando verso casa.

«Non preoccuparti per me, ho visto di peggio» rispose continuando a starsene lì impalato.

«Lo dico per te, mio padre potrebbe sguinzagliare un paio di mastini da un momento all'altro» minacciai divertita con un piede sull'unico gradino dell'uscio di casa, cercando di reprimere un sorriso.

Scoppiò a ridere «addirittura?! Allora me ne vado, ci vediamo lunedì» disse uscendo dalla mia proprietà.

Poi alzò una mano nella mia direzione come per salutarmi e io ricambiai il gesto «buonanotte Harry» aggiunsi.

«Buonanotte Jess» mi fece l'occhiolino, si allontanò lungo il marciapiede con le mai in tasca e l'ombra di un sorriso che ancora gli aleggiava tra le labbra.
Afferrai il pomello della porta e mi voltai un'ultima volta per vederlo sparire, poi si accesero gli irrigatori.

Davvero simpatico, Derek.

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