Capitolo 11

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Avevo preso gusto a sistemare a ritmo di musica e quella che poteva sembrare un'attività snervante diventó subito un passatempo per concentrarmi su qualcos'altro che non fosse l'Irlanda e il trasferimento. Guardo l'ora. È l'1:20 e io all'1:30 pranzo di solito. Non posso credere di aver sistemato camera per più di quasi un'ora e mezzo! Di solito sono una tipa disordinata. In camera mia CD, vestiti e altre cose non sono messe in ordine, ma buttate a terra come capita. Sono troppo svogliata a dover riporre tutto nei cassetti e il dover passare ore e ore a ordinare la mia camera mi è sempre sembrata un'attività inutile. Preferisco fare dell'altro, insomma. E poi, non si diceva che le persone disordinate erano anche le più creative? Decido di spegnere la musica. Mi avvicino alla porta. Da li si vede tutta la mia camera. Ora è spoglia e poco vissuta. Come mi aveva detto mamma, lascio le lenzuola sul letto, senza riporle nello scatolone. Vado nel mio bagno " privato " e mi lavo la faccia e le mani. Mi spruzzo un po' di deodorante e mi sciolgo i capelli, che avevo legato per sentire meno caldo, visto che dovevo muovermi tanto. "È PRONTO ZOEEEE". Mi chiama mia madre per il pranzo. Mi dirigo in cucina, dove al tavolo è già seduto mio padre. Sta leggendo il giornale mentre mia madre finisce di cucinare le ultime cose.
"Come è andata la mattinata?" mi chiede senza staccare gli occhi dal giornale che ora sta sfogliando svogliatamente.
"Bene"dico freddamente. Interviene mia madre, per smorzare il silenzio. Lei in questo momento non riuscivo più a guardarla con lo sguardo arrabbiato di prima, perché vedevo che le interessava realmente vedermi felice. Ma mio padre... Dio quanto mi faceva arrabbiare.
"Zoe ha fatto shopping oggi" dice mia madre con voce allegra. Ma ne' io ne' mio padre troviamo qualcosa da dirci, anche se mia mamma ci aveva dato l'argomento. È sempre stato più dolce e comprensivo, mio padre intendo, ma credo che ancora non mi abbia perdonato il mio comportamento ribelle alla notizia del trasferimento. Da questo punto di vista è più severo di mia madre, e quando crede che io mi sia comportata male, in qualsiasi contesto e momento, nessuno, e con nessuno intendo proprio nemmeno mia madre, può contraddirlo o dirgli che la sua reazione è esagerata. 'Gli passerà anche questa' penso, un po' abbattuta.
Per tutto il pranzo i miei non fanno altro che parlare di Dublino: della nuova casa, della scuola, del futuro arredamento, dei lavori di ristrutturazione e cose del genere. Quando finiamo di pranzare, tiro un sospiro di sollievo che quella tortura sia finita, e rivado in camera per riordinare le ultime cose. Sapevo che quel pomeriggio America era impegnata con il suo fidanzato, quindi non ci saremmo potute vedere. Saranno pure i miei ultimi-giorni-felici-a-Roma ma non potevo impedire alla mia amica di vedersi con il suo ragazzo. Sistemo gli ultimi scatoloni per poi stendermi sul letto, esausta. Quel pomeriggio cosa avrei potuto fare?

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