ventuno

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Ci fermammo immediatamente davanti alla porta quando ci accorgemmo di una luce accesa, quella di una camera al primo piano. La porta non era chiusa a chiave, così per Michael non fu difficile scassinare la serratura con un sasso.

"No! Cosa fai? C'è qualcuno in casa!" bisbigliai, prendendogli il braccio per fermarlo.

Mi afferrò la mano e mi fece segno di rimanere in silenzio. Entrammo completamente dentro la casa. L'arredamento era veramente carino, un po' rustico. Il salone era molto grande e il fuoco dentro al caminetto era acceso. Michael afferrò un trofeo dalla mensola sopra al camino. Era un premio vinto a una gara di cavalli.

"Zitto." sussurrò lui, mollandomi la mano - che stava iniziando a sudare - e afferrando saldamente l'oggetto con entrambi le mani. Fissò dietro di me, mi voltai incuriosito e sobbalzai quando vidi una donna bionda in piedi sulle scale. "Voi chi siete?" disse innocentemente, ma spaventata. Si strinse gentilmente nel suo abito da notte. Guardai Michael preoccupato e imbarazzato dal momento, non sapendo cosa dire.

Michael notò che la giovane donna teneva stretto in una mano il suo rosario. "Siamo angeli." disse, avvicinandosi a lei. Il trofeo lo nascondeva dietro alla schiena, mentre con passo lento si faceva sempre più vicino alla bionda.

"Oh, Signore, grazie per avermi mandato gli angeli custodi." iniziò a pregare ad occhi chiusi, le mani incrociate. Michael roteò gli occhi al cielo, mentre io trattenevo la risata.

Michael alzò il premio e lo fece scontrare contro il suo cranio. Ella cadde per terra, la sua testa cominciò subito a sanguinare. Una grande pozza di sangue sporcava i piedi del mio fidanzato e la moquette color panna, presto divenuta scura.

Spalancai le palpebre e corsi da lei. Le presi il polso, provai a sentire se respirava ancora. "Merda, è morta!"

"Non l'ho fatto apposta, porca puttana!" gridò, con ancora la statuetta alzata in aria. Quando vide il sangue lasciò la presa, portandosi le mani davanti alla bocca, realizzando il tutto.

Non la conoscevo, ma la scena era traumatizzante. Michael trovò una coperta sul divano, la prese e la usò per coprire la ragazza. Mi venne da vomitare. Corsi da lui e lo abbracciai forte. Mi accarezzò la schiena per confortarmi.

"Andiamo a vedere se c'è qualcun'altro in casa." disse, lasciandomi poi un bacio sulla guancia. Mi diede altre due pacche sulla spalla e mi prese la mano. Scavalcammo il corpo e salimmo le scale in silenzio.

Tutte le stanze erano vuote, a quanto pare il quella villa abitava solo lei. L'ultima camera che avevamo controllato aveva un divano che occupava tutta la parete e una televisione dalla parte opposta, un tavolino giaceva al centro della stanza.

All'improvviso Michael mi spinse contro il muro. Strofinò le labbra sul mio collo, sulle mie clavicole, sulla mia spalla, ed infine sulle mie labbra.

"Siamo soli." disse lui. Viaggiava e creava figure astratte sui miei fianchi da sotto la canottiera. Essa poi venne tolta e buttata sul pavimento. Incontrò la mia bocca ancora una volta, "Luke, voglio dirlo."

Attaccai la mia fronte alla sua. "Dire che cosa?"

"Ti amo."

Prison. || Muke ClemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora