Capitolo 11 La City

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Nim Wei sin accorse che Edmund si stava avvicinando nel momento in cui lui entrò nel tunnel. Erano passati secoli da quando aveva morso il suo collo da mortale, eppure il legame che aveva stabilito con lui era ancora attivo. Il suo profumo, il gusto del suo sangue, le erano familiari quanto i propri. Nemmeno il fatto che lui era stato cambiato da un altro anziano aveva estirpato la sintonia che aveva con la sua assenza.
Fortunatamente per il suo orgoglio, il suo ex amante ignorava totalmente tutto ciò.
Congedò l'avvocato che stava consultando riguardo l'acquisto di una proprietà in Spagna e tornò nelle sue stanze. Erano il suo santuario: ricche, tenebrose, grandiose eppure intime. Le piaceva considerarle un incrocio tra una chiesa e un serraglio. Le arcate e le aperture delle porte erano formate da granito nero lavorato, mentre i vivaci colori della tappezzeria indicavano lo scorrere dei secoli. Il suo potere ne era responsabile, il suo potere manteneva i segni del tempo su tutto il mobilio.
Nim Wei si cambiò rapidamente d'abito, sprimacciò i cuscini sulle cattedre vescovili in stile media vale e si versò un bicchiere di cabernet francese corretto con sangue umano. La sua razza poteva bere vino non diluito, ma preferiva che avesse un qualcosa in più. Entrambe le parti di quella bevanda invecchiata erano di qualità: erano entrambe francesi, in effetti. Era accoccolata accanto al fuoco, con indosso una corta veste da camera di velluto nero con le maniche lunghe, quando Edmund irruppe dalla porta.
Aveva un bagaglio interessante stretto tra le mani.
La sua guardia d'onore per quella notte, un delizioso vampiro dai capelli ricci di nome Giuseppe, pendeva privo di conoscenza preso per la collottola. Nim Wei fu contenta che Edmund fosse stato costretto a lottare per arrivare a lei, ma fu meno contenta di notare quanto la sua bellezza la colpiva ancora. La rabbia l'aveva sempre fatto sembrare più bello. Dal modo in cui il suo corpo rispose a quella vista, lui doveva essere molto arrabbiato.
Senza preoccuparsi di salutarla, trascinò Giuseppe sul tappeto turco e lo lasciò cadere, a faccia ingiù, con un tonfo pesante. Lei si pentì di non aver invitato il talentuoso italiano a farle compagnia, così da accogliere Edmund con quella vista.
"Dobbiamo parlare" le disse con voce dura ed eccitante.
Nim Wei sorrise guardandolo da sopra il bicchiere di vino. "Ti sarebbe bastato mandarmi un messaggio. Non avrei sbarrato la mia porta."
Lui la guardò, con l'incredulità che contrastava la sua rabbia. "Che diavolo ti succede? Sono passati cinquecento anni da quando andavamo a letto insieme. Non credi sia un tantino ridicolo assalire la donna con cui vado a letto ora?"
Il cuore di Nim Wei iniziò a battere con attenzione. Appoggiò la coppa sul tavolo di legno scuro accanto alla sedia.
"Sarebbe ridicolo, se fosse vero."
"Quegli uomini avevano il tuo odore" disse in tono rabbioso, serrando i pugni ma tenendoli lungo i fianchi. "Gli uomini che hanno cercato di uccidere Estelle erano ruoli servitori."
"Calmati" gli disse dolcemente. "Sei molto vicino a superare il limite."
L'immagine di lui le sparì da davanti gli occhi. Si stava gettando su di lei. La stava attaccando. Quell'atto di presunzione la stupì così tanto che lui riuscì a prenderla per il collo e sbatterla contro il lato del camino. Sollevata da terra, l'incisione di uno schiavo incatenato le premette contro la schiena. Il volto di Edmund era quasi irriconoscibile con i denti completamente scoperti e gli occhi azzurri infuocati.
"Tocca la di nuovo" le disse "e morirai."
Non era un caso che lei avesse indossato un abito a maniche lunghe. Premette la punta del pugnale che aveva fatto uscire dalla fondina fissata all'avambraccio contro la seconda asola del gilè di tweed che lui indossava. L'elsa era d'argento, ma la lama era di ferro. Edmund grugnì quando si sentì pungere, ma non mollò la presa.
"Edmund" disse lei con il tono più calmo che poté. "Faresti bene a mettermi giù."
"Giurami che non farai del male a Estelle."
"Edmund, ucciderti mi spezzerebbe il cuore inerte che ho nel petto, ma se mi costringi lo farò."
La sua presa si strinse ancora di più sulla gola di Nim Wei. Lei era un'anziana, e i suoi poteri erano superiori a quelli di lui, ma per un istante pensò che gli potesse riuscire di spezzarle il collo, da tanto era arrabbiato. Aveva gli occhi pieni di emozione, arrossati. Nim Wei dubitava che quelle lacrime fossero state versate al pensiero di ucciderla. Erano state versate per Estelle, per la donna che la stava accusando di aver assalito.
"Pensa alla tua famiglia" gli disse, sapendo che la sua stirpe mortale era la sua debolezza. "Sarebbero contenti di sapere che hai ucciso una donna solo per un sospetto?"
Riluttante, la mise giù. Con sgomento, quando poggiò i piedi per terra lei si rese conto di stare tremando. Se fosse stata da sola si sarebbe massaggiata il collo ferito. Per darsi modo di mascherare la sua reazione, versò un secondo bicchiere di vino e glielo porse. "Perché non mi spieghi di che si tratta?"
"Come se tu non lo sapessi!"
"Divertimi. Nel caso in cui io sia innocente."
Lui aggrottò le sopracciglia, poi prese la coppa e buttò giù ciò che conteneva. "Gesù" disse tossendo. "Quanto sangue ci hai messo dentro?"
Perlomeno non fingeva di essere troppo per bene per apprezzarlo. Lei sorrise e gli indicò l'altra sedia dall'alto schienale. Lui ci si sedette con la stessa riluttanza con la quale aveva smesso di strangolarla. Lei attese di conoscere la storia, e lui gliela raccontò. La giovane mortale della quale si era chiaramente innamorato, il tentativo di assassinio da Harrods, i servitori umani che puzzavano come Nim Wei. Lei riconobbe la descrizione di quegli uomini come quella dei due che aveva trovato sgozzati fuori dalla propria porta.
"Ti prego" concluse lui. "In nome di qualunque cosa tu abbia provato per me, lascia stare quella donna."
Nim Wei si irrigidì, sconvolta come se fosse stata presa a schiaffi. Continuava a ritenerla responsabile, anche se lei l'aveva ascoltato e si era trattenuta dall'ucciderlo! Pensava che fosse così puerile, così incosciente e - peggio ancora - così innamorata di lui. Aveva sempre avuto una bassa opinione di lei, e forse una parte di ciò che pensava era vero. Questo però non impedì al suo orgoglio di scorrerle nelle vene come acqua gelata.
Nim Wei afferrò le teste di leone in fondo ai braccioli della sedia, stringendo le dita nelle loro bocche così da potersi alzare. "Vedo che è fiato sprecato, cercare di con incerti."
"Nim Wei....."
"Non ripeterti" lo avvisò. "Mi hai insultato in più modi di quanti possa contarne. Ti assicuro che nonostante la tua folle dichiarazione, uccidermi non ti sarà così facile."
Un'ombra di dubbio gli attraversò il volto rabbioso, dandole soddisfazione, ma senza essere neanche lontanamente una ricompensa sufficiente. "Perdonami se ho..."
"Vai" gli ordinò puntando un dito verso la porta. "Prima che dimentichi il rispetto che devo a tuo fratello Aimery." Si sentì insultato da quella frase e lei lo sapeva. Orgoglioso com'era, non aveva preso bene la salita al potere di suo fratello.
"Come desideri" le disse, offrendole un inchino tardivo. I denti le facevano male dalla rabbia, quando lui se ne andò.
"Frank!" ruggì con la voce e con la mente. Quel vampiro tedesco era a capo della sua sicurezza, e aveva proprio la scaltrezza che le serviva. L'avrebbe aiutata a sbrogliare quel groviglio, a scoprire chi tra i suoi servitori aveva avuto la temerarietà di metterla contro Edmund Fitz Clare.
Passeggio avanti e indietro davanti al camino mentre aspettava che lui rispondesse alla sua chiamata, con in corpo una frustrazione derivante da un insieme di cose diverse. Frank avrebbe potuto aiutarla anche in quello. Quell'uomo ce l'aveva grosso come un cavallo, ma aveva il doppio del desiderio, specialmente quando lei aggiungeva una sferzata di dolore all'incontro. Nim Wei si fermò e prese a tamburellare le dita sulle braccia conserte. Era meglio che Frank fosse pronto a darsi da fare quella notte. Aveva molto da farsi perdonare, considerando quanto facilmente Edmund si era fatto strada fino alle sue stanze.

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