Capitolo 18 Bedford Square

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Ovviamente, Edmund non era a casa quando Graham tornò. Sarebbe rimasto da Estelle fino all'alba, mettendo in pratica i suoi trucchetti infernali tra le lenzuola. Nonostante ritardasse le cose, Graham pensò che la sua assenza fosse la cosa migliore. Nim Wei non gli aveva detto di aspettare, ma nelle storie che aveva letto i cacciatori di vampiri fronteggiavano sempre le loro prede all'alba, il momento migliore per trovarli con i poteri spenti.
Cristo, pensò Graham con disgusto. La mia vita sta diventando un romanzo d'azione.
Si sforzò di sdraiarsi in camera sua, anche se sapeva che non sarebbe mai riuscito a dormire. Il sole sorge tardi, d'inverno, e lui doveva anche aspettare che Sally uscisse per andare a scuola e Ben per andare al lavoro. Non voleva che i suoi fratelli interferissero e rischiassero di farsi male.
Sbuffò, ridendo amaramente. La verità era che non voleva che Ben e Sally scoprissero cos'aveva in mente. Avrebbero pensato che il loro fratello era diventato matto.
La sua vita sarebbe stata più facile, se lo fosse stato, ma lui aveva visto con i suoi occhi la vera natura di Edmund. Ripensandoci, aveva sentito il controllo mentale di Edmund la notte in cui aveva discusso su chi sarebbe dovuto rimanere con Estelle. La rabbia di Graham montò al ricordo di quanto breve era stata quella vittoria. Com'era già accaduto in passato, quell'emozione lo rese ancora più convinto. Graham aveva ragione di essere arrabbiato. Edmund li stava ingannando fin dal giorno in cui li aveva incontrati.
Sapendo che aveva bisogno di essere deciso, coltivò quella rabbia man mano che le ore passavano. Dopo un pò non ci fu più bisogno di pensarci. Non si sentiva più come se ci fossero due Graham diversi: uno tormentato dal senso di colpa per ciò che doveva fare, e l'altro concentrato sul compito di distruggere il suo nemico. La rabbia chiarì la sua indecisione. La rabbia rafforzò i suoi propositi. La lealtà era solo per chi se la  meritava.
Il suo cuore accelerò leggermente quando sentì la finestra della mansarda scricchiolare alle prime luci dell'alba. Edmund era tornato a casa.
Determinato a seguire il suo piano, Graham si unì a Sally e Ben per colazione, dopodiché disse alla signora Mackie di prendersi il giorno libero. Nessuno di loro sembrò notare nulla di strano, ma perché avrebbero dovuto? Quella mattina, Graham non fu più silenzioso di com'era stato un centinaio di volte in precedenza.
Dopo che se ne furono andati, salì le scale fino al terzo piano, alla camera da letto di Edmund.
La porta era chiusa a chiave, ma questo non lo fermò. Martin Walser in persona aveva addestrato Graham nell'arte di scassinare serrature, con le sue vecchie mani che sembravano incantate quando usavano gli attrezzi da scasso. Il kit da scassinatore di Graham era stato un regalo proprio dell'uomo che era finito per farsi ammazzare. Gliel'aveva dato dicendogli tranquillamente: 'servirà più a te che a me.' Ma quella era solo un'altra vittima da deporre ai piedi di Edmund. Spietato, Graham scassinò velocemente il meccanismo ed entrò nella stanza di Edmund con il fuoco della decisione che gli scorreva nelle vene. La stanza era buia, e la pesantezza dei tendaggi prese un nuovo, più sinistro, significato. Come se non fosse sufficientemente inquietante, Edmund dormiva in un letto a baldacchino dalle tendine pesanti. Il tessuto decorato sembrava più adatto a un castello medievale che a una casa moderna. Ma forse era stato costruito proprio in quell'epoca. Graham non aveva idea di quanti anni avesse il suo tutore.
Tutto, di lui, è una bugia, pensò Graham stringendo i denti. E non c'era da sorprendersi che fosse un professore di storia così brillante.
Graham tirò indietro le tendine del letto e le legò. Come suggerivano le letture di Graham, Edmund non si mosse. Era sdraiato come un cadavere nel centro di quel grande e morbido letto, con l'anima - se ne aveva una - andata chissà dove per tutto il giorno. Era sdraiato su un fianco, con le ginocchia leggermente piegate, le coperte tirate su fino al mento e le mani infilate sotto il cuscino. Graham non riusciva a ricordare se aveva mai visto suo padre dormire. Anche se non stava respirando, la postura era umana, non animale. Addormentato pareva più piccolo, molto più piccolo del suo figlio minore. Per un attimo, la decisione di Graham si incrinò.
Poi iniziò a notare quanto Edmund sembrasse diverso rispetto a come appariva ogni giorno.
I capelli che erano sparsi sul cuscino avrebbero dovuto essere di un elegante color argento, invece sembravano brillare come l'oro zecchino. Come se l'orologio del tempo avesse girato al contrario, le rughe che solitamente gli increspavano il viso erano scomparse. Vedere da lontano la vera forma del suo tutore, quella notte ad Hampstead Heath, non era stato così. Non solo Edmund appariva giovane quanto Graham, era anche più bello di quanto qualunque essere umano poteva essere. La sua pelle era bianca come il marmo, con i pori invisibili. Le labbra risplendevano come dei rubini di cui un poeta avrebbe potuto scrivere. Sembrava un oggetto prezioso, intagliato e decorato dalla mano di un gioielliere. Persino la debole traccia delle vene sotto la pelle pareva artistica agli occhi di Graham. Dentro quelle vene, per quanto lui potesse vedere, il sangue non pulsava.
Questa bellezza fa parte del suo potere, si disse. È così che seduce gli incauti.
Con un unico, deciso, movimento, afferrò Edmund per un polso e lo tirò giù dal letto.
Il corpo nudo di Edmund cadde sul tappeto come se fosse fatto di qualcosa di più duro, e più pesante di carne e ossa. Neanche allora i suoi occhi si aprirono. Gemette leggermente, come se un sogno lo infastidisse, ma non oppose resistenza quando Graham lo trascinò lungo il pavimento. Solo quando lo mise di peso sulla poltrona davanti alla finestra sembrò risvegliarsi.
"Graham" chiese con una voce pesante e rauca. "Cosa stai facendo?"
Graham aprì di colpo le tende e gli scuri. La luce entrò attraverso il vetro in un riquadro argentato, non davvero luminoso ma luminoso abbastanza. Edmund gridò e cercò di scappare. I suoi arti non funzionavano sufficientemente bene da riuscirci. Graham lo prese per le spalle e lo inchiodò alla poltrona.
"So cosa sei" disse.
"Gesù, Graham. Sono solo mezzo addormentato."
Era più che mezzo addormentato. La testa penzolava e faceva fatica a tenere gli occhi aperti, e questo nonostante l'immediata bruciatura che il sole aveva provocato sulla sua pelle. Ordinando al proprio cuore di restare pesante, Graham lo scosse con impazienza. La pietà era fuori luogo in quella faccenda. "Basta con le bugie, ce le hai infilate in gola sin dal giorno in cui ci hai adottati. Tutte quelle sciocchezze sul volerci salvare, su quanto fossi fortunato ad avere noi da amare. per tutto il tempo, sei stato un dannato mostro. Ho visto te e il tuo amico Robin trasformarvi in lupi, ti ho visto squartare una lepre e mangiarla intera. Alla faccia del tuo 'stomaco delicato'! Dimmi, papà, cosa ci hai fatto per tutti questi anni mentre dormivamo? Hai bevuto il nostro sangue per placare la tua sete immonda? Cristo, siamo mai stati più di una conserva di cibo per te?"
Le pupille di Edmund si erano ridotte a due capocchie, ma i suoi occhi annebbiati riuscirono a spalancarsi a quella domanda. "Mai" disse con tono offeso ma sincero. "Non l'ho mai fatto, Graham. Mai neanche una goccia."
Le sue mani erano strette attorno agli avambracci di Graham, e questo pareva essere l'unica cosa che gli impediva di cadere, e l'unica cosa che impediva a Graham di fargli del male. Il cuore di Graham batteva come una grancassa. Non gli era sfuggita l'implicazione nelle parole di Edmund: non stava negando ciò che era, non stava facendo ciò che Nim Wei aveva detto che avrebbe fatto.
"Stai ammettendo di essere un vampiro" gracchio.
Edmund deglutì. "Lo ammetto."
La gola di Graham si strinse allo sguardo supplichevole del suo tutore. Distolse lo sguardo, ricordandosi quasi troppo tardi che non doveva guardarlo negli occhi. Edmund avrebbe potuto fregarlo se l'avesse fatto.
"Non ti ho mai morso" disse Edmund. "Né te né Estelle."
"Non puoi negare di aver usato il tuo controllo mentale su di noi. E anche su Ben e Sally." Un ricordo gli tornò in mente, rendendolo ancora più deciso. "Ricordi quando le hai ordinato di stare lontana dai fornelli? Per un mese non è riuscita ad avvicinarsi alla cucina senza mettersi a tremare."
Edmund soffocò un suono di incredulità. "Ho usato il mio controllo su Sally perché aveva cinque anni e si era appena data fuoco ai capelli per vedere se le piacevano. Non sapevo cosa facevano gli altri genitori, dovevo fare il meglio che potevo."
"Il meglio che potevi" sogghignò Graham. Era lucido, ora; così lucido da sentirsi come una spada appena forgiata, una cui un cavaliere avrebbe dato un nome. "Stavi facendo il meglio che potevi quando hai pagato quegli uomini per attaccare Estelle in modo da poterla 'salvare'? Stavi facendo il meglio che potevi quando hai ucciso Martin Walser? Mi chiedo come si sentirebbe Estelle se sapesse di avere un assassino nel letto."
"Non metterla in mezzo, Graham. Qualunque cosa pensi che abbia fatto, non metterla in mezzo."
"Sei stato tu a metterla in mezzo quando hai usato i tuoi trucchetti da vampiro per farla innamorare di te."
"Forse per te è più facile credere che sia andata così, ma..."
"Più facile! Più facile!" Graham si mise a gridare senza riuscire a fermarsi. Era passato dall'essere lucido a essere fuori controllo nel giro di un secondo. Il cuore gli batteva così forte da aver paura che si sarebbe messo a vomitare, mentre le parole gli uscivano di bocca come fiotti di sangue. "Mi piaceva Martin Walser, e voglio bene a Estelle. Quale parte del tuo essere un vampiro e un assassino e.... e un fottuto lupo credi sia facile, per me?"
"Figliolo...."
La vista di Graham si annebbiò, colorandosi di rosso. Prima di rendersene conto, aveva preso in mano il vaso di cristallo appoggiato sulla scrivania di Edmund e l'aveva scagliato dall'altra parte della stanza. Le rose a gambo lungo che conteneva si sparpagliarono sul pavimento.
"Non farlo" gridò, completamente isterico. "Non osare chiamarmi figliolo!"

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