Capitolo 27 Hampstead Heath

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A un certo livello di coscienza, Edmund sapeva dove stava andando. Non sapeva solo che stava scappando, ma anche dove stava scappando. E non sapeva solo che stava fuggendo, ma anche che stava cercando di ristabilire la verità su sé stesso. Quando Hampstead Heath gli apparve davanti, freddo, nebbioso e tranquillo, capì di potersi finalmente fermare.
Lui e Robin avevano corso molte volte lungo quei placidi versanti. Avevano ululato alla luna. Si erano sdraiati nudi sulla e avevano riso per nient'altro che il piacere di essere vivi, riso così tanto da farsi venire le lacrime agli occhi.
I figli non facevano cose simili con padri che disprezzavano.
Ancora di più, padri che erano davvero dei mostri non si curavano di nessuna di quelle cose.
Edmund fece ricadere la testa all'indietro, sulla spina dorsale. L'erba sotto i suoi piedi era fresca e gelata, facendogli ricordare che si era preso una camicia e dei pantaloni ma non un paio di calze. Il dono di morte di Auriclus continuava a scorrergli attraverso, facendogli brillare leggermente la pelle, anche se questo non gli sembrava più una cosa spaventosa. Edmund stava assorbendo l'energia, riponendola in angoli che non sapeva stessero aspettando di riceverla. Li avrebbe esplorati più tardi, studiando le nuove abilità e le nuove conoscenze che contenevano. In quel momento, sentire pezzi dell'intelligenza di Auriclus scivolargli nel cervello era come leggere il rapporto della borsa da mezzi addormentati. Anche se sapeva che i simboli avevano un significato, non riusciva ancora a interpretarli.
Darò un senso a tutto questo, pensò. Troverò un modo per non essere un pericolo per le persone che amo.
Il suo cuore, che batteva all'impazzata, rallentò, avvicinandosi finalmente a un ritmo più naturale per la sua razza. Lui iniziò a camminare verso il lago dove sospettava che Graham avesse visto per la prima volta lui e Robin in forma di lupo. La nebbia si agitava pigramente sulla superficie dell'acqua, una lastra di ghiaccio con i bordi crepati.
Anche Graham mi vuole bene, pensò Edmund. Non ha importanza ciò che gli è stato detto.
Edmund si rese conto di avere tutto ciò per cui era stato geloso di suo fratello maggiore. Una famiglia che lo amava. Rispetto. Una donna con cui voleva condividere il resto delle scelte che fino a quel momento gli erano state precluse. Scelte che potevano mettere a dura prova la sua coscienza, ma pensò che forse - forse - non si sarebbe vergognato del modo in cui le compiva.
Sorrise al barlume di speranza che gli riscaldò il cuore. Se Estelle fosse stata lì, l'avrebbe abbracciata. Lei l'aveva aiutato a trovare questa fiducia in sé stesso. Ai suoi occhi, lui era sempre stato un brav'uomo.
Lui non le aveva detto abbastanza spesso che l'amava, neanche lontanamente abbastanza spesso.
Sarà preoccupata, pensò con uno briciolo di senso di colpa. L'aveva sentita gridargli dietro da molto distante, aveva sentito il suo amore e la sua paura mentre lo pregava di tornare indietro. Lanciò un'occhiata alle sue spalle, in direzione di Bedford Square. Sarebbe tornato a casa non appena avesse avuto sufficiente controllo da ricostruire il proprio incanto. Aveva tempo, l'alba era ancora abbastanza lontana.
Quando si voltò nuovamente verso il lago, ricevette una spiacevole sorpresa.
"Che bello" disse una figura che prima non si trovava davanti a lui. "Il nostro anziano nuovo di zecca che ci cade comodamente tra le braccia, e in uno dei suoi luoghi preferiti. Adoro quando i membri della nostra razza si comportano nel modo che prevedo."
L'upyr che l'aveva colto di sorpresa era una donna orientale dal fisico minuto, vestita con abiti scuri, dal cappello fatto a maglia al cappotto da marinaio ai piccoli stivali da soldato. Era giovane. Edmund ritenne che avesse vissuto meno di 100 anni da immortale, forse addirittura solo 50. La sua gioventù era compensata dalla mitraglietta dall'aria pericolosa che aveva appoggiato alla sua snella spalla. Come storico, Edmund aveva seguito gli sviluppi della tecnologia militare. Quel modello d'acciaio cromato sembrava fabbricato in Germania. Era caricato a nastro, probabilmente poteva sparare un migliaio di colpi al minuto. Un essere umano della taglia di quella donna non sarebbe stato in grado di tenere in mano un'arma così pesante senza usare il sostegno, ma lei la imbracciava come se avesse potuto puntargli addosso la canna per tutta la notte.
In qualche modo, Edmund pensava che non fosse quello il suo piano.
"No" lo rimproverò quando lui tese i muscoli per allontanarsi da lei. "Il mio compagno ti tiene sotto tiro la schiena. Eravamo qui ad aspettarti."
Edmund voltò la testa. Un uomo era in piedi alle sue spalle, a forse un metro di distanza. Vestito per intonarsi con la sua compagna, era un piccolo gigante, alto e muscoloso quanto Graham, anche se si muoveva con più eleganza rispetto al figlio di Edmund. Imbracciava una mitraglietta più piccola di quella della donna: una da gangster, come Edmund credeva fosse soprannominata negli Stati Uniti.
"Cartucce di ottone," lo informò l'uomo "con all'interno pallottole di ferro. La mia spara solamente 700 colpi al minuto, ma crediamo che ti possa falciare facilmente."
"Chi siete?" chiese Edmund. "Perché lo state facendo?"
Riportò lo sguardo sulla donna, incapace di decidere chi fosse più pericoloso. Non riusciva a leggere le menti di nessuno dei due, il che era una cosa decisamente strana. Nonostante la loro relativa gioventù, irradiavano una determinazione evidente quanto la fredda e dura punta delle loro armi. Edmund sapeva che l'avrebbero ucciso se avesse fatto un gesto sbagliato.
A quanto pareva non l'aveva ancora fatto, perché la donna gli sorrise, compiaciuta e fredda. Si sentiva tranquilla, con la mitraglietta in mano; si sentiva sicura contro i suoi poteri da anziano nuovo di zecca. Il cervello di Edmund corse a cercare un modo per approfittarne.
"Lo stiamo facendo per la nostra libertà" disse lei. "Perché ci rifiutiamo di passare un altro minuto sotto il comando di quella troia. E riguardo al chi siamo..." Il suo sorriso si allargò. "Questo è il mio grande amore Frank, e io sono Li-Hua, una volta celebrata da tutta Londra per la mia capacità di suonare il piano."
"Temo di non conoscerti" disse Edmund educatamente.
Il suo atteggiamento cambiò radicalmente. "Tuo figlio Graham mi conosce molto bene. Ovviamente, lui crede che il mio nome sia Nim Wei."
Edmund le saltò quasi addosso nell'impeto della rabbia che gli infiammò le vene. I pezzi del puzzle trovarono posto con uno scatto silenzioso. Questa donna aveva morso Graham per controllarlo. Questa donna aveva cercato di far sì che suo figlio lo odiasse. All'ultimo istante bloccò i muscoli evitando di gettarsi a corpo morto contro di lei. Non era sicuro di potersi lasciare più velocemente delle loro mitragliette, e non era assolutamente convinto che il suo nuovo status da anziano gli avrebbe permesso di sopravvivere se fosse stato colpito da una sventagliata di proiettili di ferro.
Il sorriso di Li-Hua divenne un ghigno quando lo vide trattenersi. Edmund capiva che quella situazione la stava divertendo.
"È davvero un peccato" disse beffardamente. "Ti saresti potuto risparmiare tutti questi problemi se avessi semplicemente ucciso la nostra regina come speravamo facessi. Tuo fratello è a capo del Concilio dei mutaforma. Tu non saresti stato ucciso per aver fatto giustizia."
"Magari posso ucciderla ora" si offrì Edmund, pronto a promettere qualunque cosa l'avrebbe potuto aiutare a uscire da quella situazione. "Sono diventato un anziano, dopotutto."
"Che bugiardo" disse Li-Hua un attimo prima che il suo dito premesse il grilletto.
I pensieri della donna non gli avevano dato alcun preavviso che il tempo dei negoziati era finito. Edmund ne fu troppo sorpreso per poter fuggire, e poi perse la capacità di farlo. Il dolore che lo investì ingoiò la sua volontà. 'Un migliaio di colpi al minuto' divenne più che semplici parole, divenne centinaia di proiettili di ferro bollente che lo colpivano. L'aria risuonava stranamente come di carta che viene strappata, quando la forza dell'impatto lo fece volare all'indietro e cadere a terra. I suoi occhi rimasero aperti, ma il suo corpo era paralizzato. I suoi doni upyr urlavano, si gonfiavano, scivolavano fuori dai buchi nella sua carne in raggi di luce dorata. Edmund sapeva che il suo potere stava cercando - senza successo, gli sembrava - di guarire il terribile danno procuratogli dall'unico metallo cui la sua razza era vulnerabile. I normali proiettili sarebbero stati risputati fuori, ma con questi non era possibile.
Come se il suo potere si stesse arrendendo,la luce si affievolì.
La donna vampiro si mise accanto a lui, in piedi. Aveva smesso di sparare, ma era pronta a riprendere. Un mucchio di cartucce di ottone usate fumava per terra attorno ai suoi piedi.
"Basta così" disse il suo amante. Si era spostato al suo fianco. La sua mano scorreva su e giù lungo la schiena di lei per danni irreparabili al nostro asso nella manica."
Edmund temette l'avessero già fatto.
Non morire, ordinò a sé stesso mentre il suo sangue gli usciva dal corpo troppo in fretta e da troppi buchi, finendo per macchiare il terreno sotto di lui. Pensò alla sua famiglia, a Estelle e a quanta gioia gli aveva dato amarlo. Aveva ancora così tanto da darle, da dare a tutti. Gli sembrava quasi che la voce di Estelle gli parlasse rabbiosamente nella testa.
Non azzardati a morire, Edmund Fitz Clare.    

Estelle non scoppiò a piangere fino a che non vide le cartucce sparse sull'erba, fino a che non vide l'enorme macchia di sangue per terra. La landa era macchiata di  sangue, il terreno ne era scurito. Fino a quel momento non aveva permesso a sé stessa di lasciarsi andare alla paura, non aveva voluto credere che Edmund fosse davvero in pericolo. Non poteva morire, non dopo che avevano finalmente scoperto cosa significavano l'uno per l'altra.
Purtroppo, quella non era la storia che le prove le raccontavano. Il piccolo sportellino di ferro che si era portata dietro come protezione le scivolò dalle dita intorpidite.
"Oh mio dio" disse Sally a voce sempre più alta. "È quello che credo?"
Apparentemente calmo, Robin si inginocchiò per strofinare la terra macchiata di sangue tra il pollice e l'indice. Portò quell'odore al naso. "Il sangue è di Edmund, ed è ancora vivo. È tutto ciò che posso sentire."
"Sì" concordò Nim Wei, spostando lo sguardo da loro verso l'orizzonte a est. Un lievissimo grigiore stava rischiarando il cielo. "I suoi rapitori non vogliono ucciderlo. Sento che sono in due, entrambi upyr. L'hanno messo in una specie di furgone per le consegne, nero o forse blu scuro, con i finestrini anneriti." Scosse la testa. "È tutto quello che ricevo. Li-Hua è giovane, ma ha la capacità di nascondere i propri pensieri. Credo che stia scherzando anche quelli degli altri."
"Ma potete rintracciarli?" Estelle si sforzò di non singhiozzare. Per quanto Nim Wei fosse di aiuto, Estelle sospettava che la regina dei vampiri non sopportasse i miserabili. "Potete scoprire dove lo stanno portando?"
"Hanno ingerito qualcosa" disse Nim Wei. "Cocaina, credo. Per restare svegli. Hanno intenzione di viaggiare durante il giorno."
"Va bene," disse Estelle "ma dove sono andati?"
Nim Wei si voltò verso di lei. Il suo viso pareva una fredda e bellissima scultura. "Mi dispiace, non lo so. Ci sono molti furgoni in questa città, e non so dirvi come trovare quello che appartiene a loro."
"Ma loro hanno Edmund. Hanno Edmund!."
Ben la abbracciò quando lei perse il controllo. Anche Graham dava l'impressione di volerla consolare, ma riteneva di non averne diritto. L'assenza di Edmund era una ferita aperta nel suo cuore. Lei non avrebbe dovuto perderlo, non in quel modo, non prima di aver avuto la possibilità di abituarsi alla loro felicità.
Non gli avevo detto abbastanza spesso che l'amava, neanche lontanamente abbastanza spesso.
"Devi sapere qualcosa" pregò Nim Wei. "Perché l'hanno fatto. Cosa sperano di guadagnare."
Qualcosa che avrebbe potuto essere compassione brillò per un attimo negli occhi di Nim Wei. "Non lo so" disse nuovamente. "Credo di essere stata fortunata ad avvertire ciò che ho avvertito."
Quando Ben parlò, la sua voce fu talmente dura da far singhiozzare nuovamente Estelle. "Lo troveremo, Estelle."
"Io lo trovetò" lo corresse Graham.
Sally andò da Graham è gli prese le mani. Le sue erano talmente piccole da scomparire dentro quelle di lui. "Non da solo, Graham. Nessuno pensa che tu debba farlo. Nessuno ti dà la colpa per ciò che è successo."
Lui aprì la bocca, ma non riuscì a parlare. La luce delle stelle luccicò nelle lacrime che stavano scorrendo sul suo volto tipicamente inglese.
"Non da solo" ripeté Sally. "Tutti amiamo papà. Ti aiuteremo tutti a trovarlo."
"Oh, signore" disse Graham senza fiato, come se non fosse sicuro che la sua offerta fosse una buona idea.
Cercando di ridere nonostante tutto, Estelle tese le braccia verso di lui. Con un grido soffocato, lui andò da lei e l'abbracciò così forte che lei quasi non poté respirare, anche se l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era rompere quell'abbraccio. Sapeva che lui doveva sentirsi a pezzi. Tutti quelli che conoscevano Graham lo ritenevano un'anima pura, una persona che voleva davvero fare le cose per bene. Estelle sospettò che solo in quel momento lui si rendesse conto di quanto quell'immagine di sé contava per lui. Conoscendo il proprio fratello ancora meglio di lei, Ben si unì all'abbraccio, e poi Sally fece lo stesso. Circondato dalle persone cui voleva bene, Graham iniziò a piangere più forte, con le sue possenti spalle scosse dai singhiozzi.
Per qualche ragione, il fatto che lui si sentisse a pezzi la faceva sentire più forte.
"Tutto noi" promise dolcemente Estelle. "Tutti noi salveremo Edmund."

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