Estelle non discusse con la riluttanza di Edmund a mostrarle i canini... o perlomeno, non lo fece a parole. Invece, si allontanò da lui e si tolse le forcine dai capelli, permettendo così alle sue scintillanti onde di ricadere ciocca dopo ciocca sulle sue forti spalle femminili. Quando tutti i suoi morbidi capelli furono sciolti, ci fece passare le dita in mezzo e scosse la testa. Con quel semplice gesto, si era trasformata da donna a seduttrice.
"Vieni più vicino alla luce" disse.
La sua voce era fioca come il canto di una sirena. I piedi di Edmund iniziarono a muoversi.
"Non dovrei farlo" si lamentò.
"Sssh" disse lei. "Andrà tutto bene."
C'era una vecchia lampada di vetro appesa al muro accanto alla testata del letto. Aveva bruciato gas per la precedente generazione di esseri umani, ma ora conteneva una lampadina elettrica. Edmund entrò nel cerchio della sua luce, incapace di resistere al richiamo dell'interesse che lei aveva per le sue particolarità. Il cuore sembrava dovergli uscire dal petto. Lei stava affilando la lama di un coltello pericolosissimo, e non lo sapeva neanche.
"Rilassati" gli disse puntando su di lui i suoi brillanti occhi grigi. "Voglio solo alzarti il labbro superiore."
Lo prese tra l'indice e il pollice. Un fremito scosse le spalle di lui, un brivido che divenne una vibrazione più delicata. Lei aveva la bocca socchiusa e respirava rapidamente mentre gli esaminava i canini ormai completamente allungati.
"Sono affilati" commentò.
"Non toccare le punte" disse lui troppo velocemente, troppo col fiato rotto. "Non voglio che tu ti punga."
Lo sguardo di lei si spostò sugli occhi di lui. Si inumidì le labbra. Il sangue di lui iniziò a tuonargli nelle orecchie. Riuscì a malapena a sentirla quando parlò nuovamente. "E se ti tocco qui?"
Fece scorrere gentilmente la punta dell'indice sotto il suo labbro superiore, disegnando il profilo delle gengive. Il disegno dell'impronta del suo dito solleticò la pelle sensibile e umida. L'istinto o forse l'intuizione - o forse le pupille dilatate di lui - le disse di premere maggiormente sopra la base pulsante dei canini. Quando lei lo fece lui esalò un respiro, poi si svuotò completamente i polmoni quando lei portò il dito dietro il dente e lo strinse da quella parte.
Lui non riusciva a muoversi, letteralmente. Era come se lei gli stesse solleticando il glande, da tanto i nervi dietro i suoi canini erano connessi con la sua sessualità. La pelle gli si scaldava e raffreddava alternativamente, il suo uccello si ergeva dal suo corpo con una forza che lo spaventava. Aveva i calzoni aperti, e l'aria ne colpiva la punta. Poteva sentire il liquido che indicava la sua estrema eccitazione colare fuori dal piccolo forellino.
"Questo ti piace?" sussurrò lei. "Ti sembra che ti stia massaggiando l'uccello?"
Leggeva molto bene dentro di lui. Edmund le prese il polso e riuscì a ritrovare il respiro. "Mi fa desiderare di morderti, di affondare i denti nel tuo collo e bere il tuo sangue."
Il viso di lei si colorò di un rossore improvviso. "Sei certo che sarebbe un errore?"
"Non farlo" disse lui. Le parole gli uscirono rauche come tutte le altre che aveva pronunciato. "È già abbastanza difficile, non ho bisogno che tu mi incoraggi."
Lei lo guardò, poi abbassò lo sguardo. Sembrava dispiaciuta, ma le sue ciglia si muovevano con eccitazione.
"Hai ragione," disse "scusami. Forse dovresti legarmi."
Signore, lo stava facendo morire. Lui rise con voce tremante, perché il suo suggerimento fintamente innocente gli sembrava in realtà una buona idea. Per la prima volta nel corso della loro relazione, Edmund pensò che lei potesse essere un pericolo per lui più grande di quanto non fosse lui per lei. Ma forse non aveva importanza. Sapeva che non si sarebbe allontanato da lei quella notte.
"Sali sul letto" disse, pronunciando l'ordine con un tono così deciso da farla tremare. "Mettiti in ginocchio."
Lei gli obbedì, cosa che era eccitante già di suo. Indossava i suoi abiti da lavoro: una camicia di cotone inamidata, stretta in vita e con il colletto a punta, e una stretta gonna che le arrivava alle caviglie. Il tessuto di tweed le imprigionava i fianchi, ostacolando i suoi movimenti. Attento a nascondere la propria reazione a quella situazione, Edmund prese una corda di tessuto decorato da uno dei quattro sostegni del baldacchino, facendosela scorrere tra le dita mentre camminava lentamente attorno al letto. Gli occhi di lei seguivano i suoi movimenti come fossero ipnotizzati.
L'uccello di Edmund spingeva come un mulo, dimostrando che l'erezione poteva farsi ancora più dolorosa. Un'altra goccia di liquido gli umettò il glande.
"Schiena contro il sostegno, Estelle. Avrai bisogno di qualcosa cui appoggiarti quando ti prenderò."
Lei tremò, ma si sforzò di parlare normalmente. "Non dovrei togliermi i vestiti?"
"Ci penserò io" le assicurò.
Lui poté sentire il pericolo che gli montava dentro, e poté sentirlo anche lei. La bestia che non avrebbe rinunciato a ciò che bramava. Non aveva fatto spesso giochi di dominio, forse li avrebbe fatti più spesso se con gli altri avessero avuto il forte effetto che gli provocavano quelli con Estelle. Era lei la compagna che desiderava avere, la donna di cui voleva farsi carico. Il corpo di lei tremava, i capezzoli eretti parevano acini d'uva sotto la camicetta su misura. Abbastanza rudemente da darle un'idea di ciò che sarebbe arrivato dopo, le portò le mani dietro il sostegno del baldacchino e le legò i polsi senza stringere troppo. Il suo lupo adorava i piccoli segni di trepidazione della donna, amava il fatto che fosse una specie di competizione. Probabilmente avrebbe potuto liberarsi, se avesse fatto affidamento sulla forza del suo braccio destro, ma da come il suo respiro si era fatto irregolare, Edmund dubitava che avrebbe voluto farlo.
Si avventò sul materasso di fronte a lei con un movimento che nessun essere umano avrebbe mai potuto eseguire. L'angolo più primitivo della sua natura si esaltò per il gemito di sorpresa che lei emise.
"Sei bagnata?" tuonò lui stando a quattro zampe. "Il desiderio che provi per me sta già colando?"
"Edmund..." mormorò, ma lui non le diede la possibilità di dire altro.
Con un lungo movimento continuo, lui strappò la parte anteriore dei vestiti che lei indossava. Caddero tutti - camicetta, gonna e biancheria intima - aprendosi attorno alle sue curve come petali. Lei ansimò nuovamente, più forte di prima. Nuda, era quasi troppo bella da sopportare: i suoi seni e i suoi fianchi così femminili, le sue lunghe cosce tremanti. Cosce che brillavano, bagnate dal succo del suo sesso. Era talmente bagnata da soddisfare anche il più insicuro degli uomini, e di certo non era Edmund.
Il profumo della sua eccitazione era come una pesante nuvola nell'aria.
Con un ringhio che era più da lupo che da uomo, spinse la faccia contro il suo monte di Venere, nel cuore di quel delizioso aroma. Mentre lui la leccava, lei si abbandonò contro ciò che la imprigionava, gridando il suo nome e roteando i fianchi in avanti. La sua lingua era troppo per lei; troppo rapida, troppo precisa e troppo forte. Lui la obbligò ad aprire maggiormente le ginocchia e quindi agganciò la lingua sul bottone del suo piacere. La fece venire.
"Edmund" gemette lei. "Non farmi urlare in casa tua."
Lui non riusciva a ricordare perché dovesse ascoltarla. Lei tentò di chiudere le gambe, forse per nascondere i suoi segreti o forse per tenere più vicina a sé la sua testa. In ogni caso, lui non glielo permise. Era sua, e ne poteva fare ciò che voleva. Tenendola aperta con le mani, spinse la lingua dentro di lei, rabbrividendo nel trionfo quando lei gemette. Il suo sapore era dolce quasi quanto il sangue. La portò al limite, e la lasciò lì.
Era più calda in quel momento di quanto fosse mai stata.
Lui scelse quel momento per allontanarsi e togliersi i vestiti, un pezzo alla volta in maniera fastidiosamente lenta. Sapeva che a lei piaceva il suo corpo. Mentre si spogliava, fece guizzare i muscoli per lei. I suoi bellissimi seni nudi si alzarono in risposta a quella vista.
I pantaloni furono l'ultima cosa che si tolse. Si mise in piedi sul materasso per poterli abbassare. Il suo uccello si ergeva lungo e spesso, la punta arrivava a un dito dall'ombelico. Sembrava l'erezione di un ragazzo, grossa e bestialmente impaziente. Edmund si compiacque di mostrarsi a lei. Siccome Estelle era in ginocchio, ne aveva una visione perfetta. Le sue palle si erano indurite per l'eccitazione, e il piccolo forellino stava piangendo costantemente per lei.
"Edmund" disse col fiato corto, in parte per il timore in parte per l'ammirazione. "Mio dio."
"Succhialo" le ordinò, autoritario come un re.
Lei si inumidì le labbra e abbassò la testa su di lui. Non le diede altro che la cappella, era il massimo che lei potesse gestire. E la gestì bene, leccandola con una precisione e un'abilità che gli fecero irrigidire tutti i muscoli del collo. Quando un gemito minacciò di sfuggirgli, si allontanò.
"Adesso," disse con voce più dura del solito "perché non vediamo se riesco a farti arrivare di nuovo al mio livello?"
"Non credo sia necessario" confessò lei, con le guance talmente arrossate da sembrare in fiamme. "Mi è davvero piaciuto prenderti in bocca."
Non aveva ancora capito che non si trattava di fare ciò che era necessario. Lui la baciò in bocca finché lei non si contorse, giocando leggermente con la punta delle dita dentro i suoi umidi petali. Non importava quanto lui asciugasse i suoi succhi, essi continuavano a colare dalla sua anima. Il suo clitoride palpitava come un piccolo cuore. Lui lo strinse abbastanza forti da farla sussultare.
Poi la leccò, nel modo in cui il lupo aveva sempre desiderato - le perle di sudore sulla sua tempia, la sensibile curva del suo collo, il fragrante canale tra i suoi seni morbidi ma sodi. I capezzoli erano come caramelle per i suoi sensi upyr, morbidi come la seta sulla sua lingua e pulsanti di eccitazione. Avrebbe voluto affondare i denti in quelle calde colline, avrebbe voluto bere da lei come se lo stesse allattando.
Troppo desideroso di farlo, decise invece di accarezzarle il sesso, tirandone le pieghe e i rigonfiamenti, accarezzandone gli umidi canali. Non era un gesto volto a mantenere acceso il motore di lei - anche se certamente ottenne anche quest'effetto - quando semplicemente lui non riusciva a impedirsi di toccare le prove dell'effetto che aveva su di lei.
"Signore," ansimò Estelle, agitandosi contro la corda che le legava i polsi "vorrei poterti mettere le mani addosso."
Edmund si raddrizzò e fece scorrere le sue mani tremanti lungo le curve della schiena di lei, e lei la inarcò come se quella semplice carezza le desse piacere, muovendo senza sosta i muscoli delle cosce. Lui cercò di non guardare, ma non riusciva a tenere lo sguardo lontano dal sangue che le pulsava rapido e con forza nelle vene del collo. C'erano altre caramelle, se avesse voluto. Lei non avrebbe neanche lottato per impedirgli di prenderle. La stanza era in penombra, quando avevano iniziato. Ora, con la tentazione che cresceva dentro di lui, la sua aura brillava talmente da aver rischiarato tutta la stanza.
Involontariamente, si leccò i denti.
"Non ti ho mai visto così" disse lei. "Così selvaggio ed eccitato."
"Questo sono io, Estelle. Come sono realmente."
I loro sguardi si incrociarono e mantennero il contatto. Lui poteva sentire l'uccello esplodergli tra le gambe, sobbalzando dalla forza del desiderio che provava per lei.
"Non ho paura, Edmund. Non ho mai avuto paura di te."
Lui respirava pesantemente, il cuore batteva incontrollato. "Vuoi il mio cazzo dentro di te?"
"Sì."
"Lo vuoi tutto?"
"Sì, Edmund. Ogni centimetro."
"Vuoi sentirlo bene?"
Non sapeva perché stesse ritardando il momento, solo che desiderava ardentemente le sue risposte. Lei aprì ancor di più le ginocchia, facendo scricchiolare il letto sotto di loro. La sua voce era gutturale e determinata. "Voglio il tuo cazzo più duro possibile, lo voglio nel più profondo del mio corpo. Voglio capire se sono forte quanto credi che io sia."
Il pericolo non importava. Edmund non poteva trattenersi, quando lei si comportava in questo modo. Le afferrò saldamente i fianchi, spostò il bacino nell'angolazione giusta e spinse tutta la sua dura asta dentro di lei.
Il gemito che lasciò partire era quello di un uomo torturato. Possederla era uno dei piaceri più grandi. Lei era talmente bagnata che lui avrebbe potuto affogare, era così calda che lui avrebbe potuto prendere fuoco. Dovette tirarsi indietro e poi spingere nuovamente in avanti, per vedere se la seconda penetrazione era piacevole quanto la prima. Grugnì, perché fu ancora meglio: fu ancora più calda e più stretta, perché lei strinse i muscoli delle cosce attorno a lui. Non poteva più fermarsi. Il piacere si sommava al piacere, spinta dopo spinta; una gioia non solo per il suo corpo ma anche per le sue emozioni. La amava così tanto, e la fiducia che lei riponeva in lui era un dono prezioso. Lui gemeva ogni volta che i loro fianchi si incontravano, un suono che lei ripeteva come se quella frizione umida e melliflua fosse altrettanto piacevole anche per lei.
"Ancora" disse, portando indietro la testa fino a scoprire il suo splendido collo. "Voglio sentirti di più."
Lui allungò le braccia dietro di lei, per afferrarle le mani che aveva intrappolato con la corda di tessuto. Non si offrì di liberarla; la sua impotenza gli piaceva troppo, i suoi seni floridi che si schiacciavano e ballavano contro il suo petto. Lei sembrò d'accordo con la sua opinione. Le loro dita si intrecciarono e si strinsero forte.
"Ancora" lo pregò. "Ti prego."
Lui spinse sulle ginocchia e glielo diede tutto.
Non si era reso conto di quanto lei volesse che lui usasse la forza. Il primo urlo del suo orgasmo fu soffocato contro la spalla di Edmund. Il secondo, pochi istanti dopo, fu accompagnato dal suo affondare i denti nella carne di lui.
Quello fu troppo per il già vacillante autocontrollo di Edmund. Si diresse verso il proprio orgasmo come una pallottola vagante. Non avrebbe potuto trattenersi neanche se avesse voluto. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di lei, ad un livello più profondo di quanto avrebbe potuto spiegare razionalmente. Spinse dentro di lei quasi a piena forza, raggiungendo la sua cervice, colpendo con la sua sensibile punta quel caldo e umido cuscinetto. Ad alcune donne non piaceva, ma lei lo incoraggiò con urletti e piagnucolii. Il bisogno di venire era fortissimo dentro di lui.
E poi lo sentì: un rombo distante come quello di una valanga. Immagini indesiderate gli invasero la testa. Un lago ghiacciato circondato dalle montagne. Una pistola cromata. Un raggio di luce che si faceva strada in un paesaggio innevato. Figli miei, disse una voce profonda e dolce che lui riconobbe solo vagamente. Accettate il mio dono e la mia benedizione.
Il suo orgasmo arrivò, spinto dall'onda di potere che lo stava investendo senza preavviso. L'entità di quell'onda lo sbalordì, assordandolo senza neanche un suono. La nave che era il suo corpo si ribaltò, il sangue nelle vene si in fuoco. Non aveva mai saputo cosa voleva dire desiderare qualcosa prima. La fame lo investì, come se ogni piccola voglia che aveva mai provato si fosse sommata e moltiplicata. Non aveva alcuna possibilità di controllarla: era troppo prepotente. Nessun serpente aveva mai colpito la sua preda con la forza con cui lui colpì il collo di Estelle. I suoi denti penetrarono in profondità mentre lui la mordeva como un uomo che muore di fame. Il primo sorso lo fece gemere, improvvisamente desideroso di provare ancora quella sua dolcezza. Lei era così buona, e lui aveva avuto fame per così tanto tempo. La ricchezza della vita di lei gli scorse in gola, riscaldando ogni cellula del suo corpo. Lacrime di adorazione e di piacere colarono dai suoi occhi. Venne ancora e ancora, i testicoli che ancora si contraevano molto dopo che l'orgasmo si era esaurito.
Anche Estelle gemette, ma non era esattamente un suono di piacere.
Lui si allontanò da lei così rapidamente da cadere quasi dall'altra parte del letto.
Afferrò il sostegno del baldacchino per salvarsi, ma era di proteggere lei che avrebbe dovuto preoccuparsi. Aveva la testa penzolante. Lentamente la alzò. Lui vide che aveva rotto la corda che la legava.
"Edmund" disse, parlandogli mezza stordita. "Perché ti sei fermato?"
Mi sono fermato perché avevo paura di ucciderti. Perché ho paura che potrei ancora ucciderti. Non riuscì a dirlo a voce alta. Si leccò le labbra senza pensarci e sentì il suo sapore. Quella terribile fame si faceva ancora sentire dentro di lui, mostruosa e viva. Non si era preoccupato di guarirla, e ora due righe rosse scorrevano lungo il suo collo, attirando il suo sguardo come due magneti. Per legge la sua razza non poteva prosciugare un essere umano, non senza aiuto, ma in quel momento lui pensò che avrebbe potuto farlo.
Preoccuparsi del libero arbitrio di Estelle sembrò insignificante in confronto a quello.
Senza preavviso, la sua aura aumentò ulteriormente - un luminoso fuoco bianco con troppa benzina da bruciare. Spaventato, strinse il sostegno del letto fino a che le nocche gli divennero bianche. Il bagliore della sua energia riempiva la stanza come un sole.
Santo cielo, pensò mentre i pezzi del puzzle trovavano posto. Era Auriclus sulle montagne. Si è ucciso e ha condiviso il suo potere. Sto diventando un anziano.
Estelle mosse le mani come se la loro immagine la lasciasse perplessa. "Edmund," disse "credo di star brillando anch'io."
Stava brillando. Non era solo il riflesso del potere di lui che aumentava. Il suo braccio destro era il più luminoso, ma anche il suo occhio e il suo orecchio brillavano. La luce le scorreva nelle vene come se avesse preso il posto del suo sangue, fino a che lei sembrò a malapena umana.
Il cuore di Edmund si strinse per l'orrore.
"Devo uscire di qui" disse. "Non posso fare del male alle persone che amo."
Poteva sentire il potere che lo investiva, alla ricerca di altri corpi da plasmare a sua immagine. Ora, finalmente, conosceva il segreto per trasformare gli umani in upyr, e tutto ciò che avrebbe voluto fare era bestemmiare. Gli esseri umani pensavano che bere il sangue di un vampiro li avrebbe trasformati in membri della sua razza, ma era questo - la profonda penetrazione dell'aura di un anziano - il vero elisir dell'immortalità.
Nessuno in casa sarebbe stato al sicuro dalla sua fiammata di potere. Non Ben, né Sally, né Graham, la cui presenza poteva sentire nell'ingresso. Il suo figlio maggiore era in ginocchio, con le braccia strette allo stomaco come se provasse dolore. Edmund non sapeva se la sua aura fuori controllo li avrebbe uccisi o a malapena trasformati, ma in ogni caso non poteva permettere che succedesse ai suoi figli. Avrebbe distrutto tutti quelli che amava, prima di riuscire a trovare un modo per controllarsi.
"Non cercare di seguirmi" pregò Estelle. Fu tutto ciò che ebbe tempo di dire.
Si allontanò da lei con un balzo mentre lei urlava "no!" Riusciva a malapena a pensare mentre afferrava i suoi vestiti e spalancava con una spallata la finestra della camera. Riusciva a malapena a respirare mentre scendeva lungo il tetto ripido. Aveva una sola possibilità, e aveva intenzione di sfruttarla.
Per il loro bene, doveva sparire nella solitudine della notte.
STAI LEGGENDO
IL PROFUMO DELL'OSCURITÀ
RandomLondra, 1922. La pioggia cade stanca sulla città, ma alla giovane Estelle non importa: oggi ha incontrato l'uomo della sua vita..... Dieci anni dopo, Edmund Fitz Clare, noto professore di Storia e vampiro mutaforma, deve fare i conti con un pericolo...