Capitolo 10

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Jane's Pov

Corro fuori dalla mensa, andando verso il grande giardino principale. Corro, e so di essere sola.

I tagli sulla mia faccia bruciano, bruciano da tutto il giorno. Ho dovuto dire ai vari professori di essere stata aggredita mentre uscivo da scuola.

Non so come abbia fatto Derek a trovare la mia stanza, non sapeva nemmeno che mi trovassi qui. Forse i suoi amici mi hanno vista, non lo so. Magari qualcuno ha fatto la spia, mettendomi nei casini.

Ma comunque, resta il fatto che la mia faccia è sfigurata e la mia anima è distrutta. Non ce la faccio, veramente.

Spero solo di non avere un altro episodio, perché non saprei come comportarmi.

Rallento il passo, fino a raggiungere il grande alberi vicino al campo da calcio. La solita panchina è lasciata a se stessa, come d'abitudine.

Il tempo è leggermente cupo e spero solo che piova, così posso chiudermi dentro la mia stanza e piangere.

Mi siedo sulla panchina, cercando nella mia borsa. Ricordo che avevo preso questa abitudine quando ero agitata, in cerca di qualcosa. E di solito, quella cosa erano le mie pasticche oppure le mie sigarette.

Ma ora, che entrambe le cose non ci sono più, è rimasto solo il mio vizio.

Guardo il mio telefono, notando che mancano solo venti minuti alla fine della ricreazione. Non rientrerò in mensa, non posso davvero farlo. Ma devo andare in classe, abbiamo lavorato tanto questa notte io ed Harry.

Mi dispiace averlo trattato così rudemente, ma è anche vero che sarebbe scoppiata un'altra rissa tra lui e Derek.

Frugo ancora nella mia borsa, a causa del mio tic insolito. So che non ho niente se non i libri, ma lo faccio lo stesso.

"Dannazione!" Impreco, gettando la borsa a terra. Afferro la testa tra le mie mani e lascio che il pianto prenda il sopravvento. Rumorosi singhiozzi lasciano le mie labbra, ma non mi importa. Mi giudicano lo stesso, anche se piango davanti a loro lo faranno lo stesso.

Il mio cuore pompa troppo velocemente e so che potrei avere un attacco da un momento all'altro, ma in questo momento non mi interessa.

Spero solo di averne uno e di andare nell'altro mondo.

"Jane!" Chiamano. Alzo la testa di scatto e vedo Harry mentre corre nella mia direzione, con il solito cappello nero tra le mani.

"No, ti prego" Mormoro a me stessa e mi alzo, muovendo velocemente i miei piedi verso il campo da calcio. Mi richiama qualche altra volta, e so che è vicino.

"Jane!" Questa volta so che è dietro a me, ma io apro il cancello che va verso il campo da calcio. Lo chiudo immediatamente, e quando lo faccio la sua faccia si trova dall'altra parte.

"Parlami, per favore" La sua voce é stanca e debole, e il suo sguardo implora una mia spiegazione.

Non posso dirgli del mio problema e di tutte le cose correlate. Se svelo il mio problema, svelo anche chi ero prima di iniziare la scuola. E io non voglio.

"Non ne ho le forze" Cerco di fermare le lacrime, mordendo l'interno della mia guancia.

"Sono qui, per te" Mi rassicura, appoggiando la mano sul cancello arrugginito. Io lo guardo per qualche secondo, prima di spostare il mio sguardo verso la sua mano. Il palmo sembra così liscio e morbido, e qualche tatuaggio spunta da sotto la manica della felpa. Due anelli sono perfettamente incastrati nell'indice e nel medio, facendo risaltare le sue dita lunghe.

"Cosa ti h-"

"Ssh" Mormoro, non volendo parlare sempre di Derek. Rimango con gli occhi sulla sua mano, ignorando il suo sguardo confuso.

Alzo la mia mano e la osservo, notando lo smalto scheggiato sulle mie unghie lunghe. Ritorno con lo sguardo sulla sua mano e appoggio la mia sul cancello. Il piccolo contatto fisico tra di noi fa andare in conto circuito il mio corpo, mandando scosse elettriche dalle radici dei miei capelli fino alle punte dei piedi.

Guardo Harry, guardo i suoi occhi color giada pieni di comprensione.

"Capisci come mi sento?" Chiedo, asciugando con la mano libera il mio viso bagnato.

"Si, credo di si" Balbetta, abbassando la mano e posizionandola sul cancello. Con una leggera spinta lo apre ed io indietreggio leggermente, così da permettere l'apertura.

Due braccia forti mi stringono le spalle e mi schiacciano contro il suo petto. Subito mi faccio coccolare, appoggiando la testa su questo e facendomi cullare dal suo profumo.

"Un giorno dovrai raccontarmi che cosa succede, lo sai?" Mi chiede, facendo vibrare i nostri petti.

"Un giorno" Rispondo, sorridendo leggermente. Ma appena lo faccio, la pelle della mia faccia brucia, come se fosse stata tirata violentemente.

"Devo chiederti una cosa, però" Dice, staccando leggermente i nostri corpi. Un sorriso giocoso è stampato sulla sua faccia, e i suoi occhi sono fissi nei miei. Non si ferma a guardare le ferite e i lividi, lui guarda dentro di me.

"Se riguarda Derek, io-"

"No, Derek non c'entra" Ritorno un attimo serio, distogliendo lo sguardo. Dopo alcuni secondi ritorna su di me, sforzando un sorriso. "Uscirai con me e la mia compagnia, una sera"

La sua compagnia?

"Non sapevo che avessi un gruppo di amici a scuola" Dico, appoggiando le mani sulle sue spalle. Non uscirei comunque, tantomeno con persone che mi odiano.

"Oh, non a scuola. Ho una compagnia tutta mia, fuori da qui. Ho una casa mia, amici miei e anche un casa della confraternita" Sorride compiaciuto, mentre lascia vagare le sue mani sulla mia schiena.

"Quindi sei il classico ragazzo americano?" Ridacchio, cercando di non sforzare troppo il viso.

"Esattamente" Sorride, sistemando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio.

"Allora, lo farai?" Mi chiede con tono serio, ma allo stesso dolce e soffice.

"Non lo so, non vorrei essere ridotta ancora così da Derek" Dico, pensando alle conseguenze. Se veramente uscissi con loro, questa volta Derek non si fermerà a qualche pugno. Ed io ho troppa paura.

"Non succederà nulla, ci sono io" Sorride, facendo scontrare di nuovo i nostri petti. Avvolge di nuovo le sue braccia intorno e me ed io faccio lo stesso, ricambiando l'abbraccio.

"Non voglio che tu ti metta nei guai.." Mormoro, pensandolo davvero. È l'unica persona gentile che c'è qui. E non mi importa se lo fa per prendermi in giro, ho bisogno di un amico adesso.

"Non succederà" Mi rassicura, accarezzandomi i capelli. "Allora, ci stai?"

"Ci sto" Dico senza pensarci, mordendomi la lingua subito dopo.

La campanella risuona in tutto il giardino, svegliando le nostre menti pensanti. Ma comunque, rimaniamo abbracciati vicino al cancello del campo da calcio.

"Dobbiamo andare" Dico, leggermente malinconica. "Abbiamo un lavoro da presentare"

Lui annuisce leggermente, allontanandosi da me. Mi guarda qualche volta, prima di camminare verso la vecchia panchina. Io lo seguo e mi passa la mia borsa, ammiccando un sorriso.

"Come una squadra?" Mi chiede.

"Come una squadra" Ribadisco, sentendo il cuore gonfiassi di gioia.

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