11. Girl In The Mirror

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"There's a girl in my mirror, I
Wonder who she is. Sometimes
I think I know her, sometimes I
Really wish I did. There's a story
In her eyes, lullabies and goodbyes.
When she's looking back at me, I
Can tell her heart is broken, easily".

Era finalmente venerdì. Il tanto atteso venerdì. Quel giorno che aspetti con ansia e disperazione per tutta la santissima settimana, per poi maledire quello immediatamente successivo, perché, magari, ti sei presa una sbronza abbastanza difficile da smaltire che ti farà dannare per tutto il weekend. In ogni caso, non avevo progetti particolari per quel venerdì: pensavo di fare quello che mi sarei sentita di fare. Ma di sicuro mi era bastata la sbornia di lunedì sera (tanto per cominciare bene la settimana), quindi non avevo per nulla intenzione di andare in qualche locale. O, peggio, a una di quelle insopportabili feste che organizzavano ogni venerdì sera in quelle confraternite del cavolo, solo affinché quelli tra gli studenti dal terzo anno in poi potessero rimorchiare. Anche se non avevo proprio voce in capitolo, visto che ero una di quelle "troiette" facilmente abbordabili a mia volta. Quel venerdì, però, non avevo voglia di fare niente di niente. Soprattutto perché avevo ancora il ciclo, e i soliti dolori di testa, pancia e schiena che si porta dietro. Il mio piano ideale per quella sera era di rimanere buttata a letto, ad abboffarmi di cibo spazzatura, magari guardando uno stupido film al mio stupido PC. Non nascondo che includevo speranzosamente anche Peter, nei miei progetti, ma non mi illudevo più di tanto, poiché già sapevo che avrebbe sicuramente avuto altri programmi. Stavamo camminando fianco a fianco per i corridoi, dato che aveva deciso che mi avrebbe raggiunta ogni giorno, una volta uscita dall'aula dove si sarebbe svolta la mia ultima lezione, e che avremmo fatto assieme il tragitto fino alla mia stanza. Mi stava raccontando degli ultimi deliri del suo professore di Ingegneria Elettrica, mentre ci eravamo fermati un attimo vicino a un cestino perché io potessi buttare un fazzolettino per il naso - che avevo usato a lezione e che mi ero scordata di gettare prima (perché, no, avere il ciclo mestruale non era abbastanza punitivo: dovevo anche essermi beccata il raffreddore, naturalmente). Quando mi rigirai verso di lui, visto che gli avevo momentaneamente dato le spalle, notai la piccola mano di qualcuno che gli stava picchiettando la spalla sinistra. Lui corrugò le sopracciglia, confuso, e si voltò, rivelando dietro di lui una ragazza bassina, ma con le forme giuste nei punti giusti. Aveva i capelli lunghi di un biondo chiaro (certamente tinti), dei profondi e penetranti occhi scuri, e dei tratti filippini che la rendevano bellissima e aggraziata. Indossava un vestito rosso con dei quadretti neri e, da sopra, una felpa nera con le maniche bianche. Aveva le gambe completamente scoperte e degli stivaletti neri borchiati ai piedi. Con un sorriso timido, abbassò la mano che era rimasta a mezz'aria per richiamare l'attenzione di Peter, e si strinse lo zaino in spalla, prima di prendere parola.

"Tu sei Peter Poole, giusto?" gli domandò, senza mezzi termini, dondolandosi sulle gambe, rendendo evidente il suo nervosismo.

Almeno in quel modo capii che, il più delle volte, non ero l'unica a essere messa in soggezione da alcuni atteggiamenti di Peter. Lui si limitò a un semplice cenno del capo, con uno sguardo corrucciato in volto, evidentemente perché non aveva ancora capito cosa lei volesse da lui. Ma, d'altra parte, non l'avevo capito neanche io.

"Sono Brooke Cox. Siamo nello stesso corso di Scienza del Computer" gli spiegò, con voce piccola.

Non mi aveva degnata neppure di uno sguardo, e già solo per quel motivo mi stava sulle palle. Per di più, sbatteva le lunghe ciglia come minimo venti volte al secondo, per cui fui abbastanza intelligente da capire che qualsiasi cosa avrebbe detto dopo sarebbe stata solo una stupida scusa per farsi notare da lui - che, a dirla tutta, ancora non aveva compreso il perché lei gli avesse rivolto la parola. C'è da dire che non fosse un tipo molto sveglio, in certe occasioni.

Celeste - La miglior cosa che non ho mai avutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora