*Se volete farvi del male, vi consiglio di ascoltare la canzone mentre leggete*
"It's inevitable, everything that's good
Comes to an end. It's impossible to know
If after this we can still be friends.
I know you're saying you don't wanna
Hurt me. Well, maybe you should show
A little mercy"."Mi manchi. A pranzo ci sei?".
Sorrisi come un'idiota alla vista di quel messaggio, e lo sbattere delle ali delle farfalle nel mio stomaco mi fece il solletico alla pancia. Ritenevo quantomeno assurdo e incredibile che fosse capace di farmi quell'effetto addirittura attraverso uno schermo, ma ormai stavo imparando a farci l'abitudine, e stavo capendo che, per quanto un essere umano, il più delle volte, cerchi una spiegazione logica a ogni cosa che gli capita o ha attorno, arrivato a un certo punto dovrebbe semplicemente arrendersi alla consapevolezza che non tutto si può interpretare razionalmente. Avevo smesso da tempo di scervellarmi, e mi ero lasciata avvincere dalla potenza di quello che sentivo per lui. Era solo dalla sera prima che non ci vedevamo. Eravamo rientrati da Boston quella domenica pomeriggio, e avevamo trascorso il resto della giornata insieme, fino poi a doverci salutare - non senza qualche (molte) difficoltà - la sera tardi. Diciamo che non fu molto facile passare dal vedersi ventiquattro ore su ventiquattro a niente. Appena era giunto in camera sua, aveva iniziato a tempestarmi di messaggi, tanto che, dopo un po', mi aveva direttamente telefonata, scatenando non poche proteste da parte di Lindsay, che lamentava di voler dormire sonni tranquilli. Cosa che la mia "voce da cornacchia", stando alle sue parole, non le permetteva di fare. Sarebbe superfluo specificare che quella era una delle "giornate no", in cui litigava con Mike in continuazione. Quella mattina non eravamo riusciti proprio a vederci, perché eravamo dovuti scappare a lezione - anche se fu molto traumatico tornare a studiare dopo quel weekend lungo passato a fare letteralmente niente. Non avevo neppure fatto colazione, e non potevo nascondere, dai borbottii del mio stomaco, che stavo risentendo non poco di quella decisione avventata. La professoressa O' Neil si era cimentata in un interminabile monologo su un argomento che adesso mi sfugge. Ma non penso fosse nulla di così importante da essere ricordato, se metà aula stava ancora dormendo. Io ero stata concentrata sulla velocità con cui si muoveva - tutt'altro che sinuosamente - il suo corpo dalla massa non indifferente, e sul modo in cui i suoi capelli biondo acceso sembravano sempre aver preso la scossa, per come erano sparati in tutte le direzioni possibili e immaginabili, fino a quando la vibrazione del cellulare non mi aveva distratto e fatto abbassare lo sguardo sul banco. Chissà per quanto tempo rimasi effettivamente in quella posizione. Dovette essere veramente molto, se, quando risollevai gli occhi, sentendomi osservata, notai che tutti mi stavano fissando, a metà tra l'incuriosito e il divertito, e che la professoressa era in piedi accanto a me. Mi stava a dir poco incenerendo con lo sguardo e "inebriando" con il suo "profumo" sgradevolissimo.
"Signorina, le ho chiesto ben cinque minuti fa se voleva anche che le portassi un caffè per fare salotto, già che c'era, dato che sta a dormendo. Se la lezione non le interessa, è pregata di abbandonare l'aula. Non è obbligatorio seguire i corsi, lo sa? E poi sono le dieci di mattina. Avrei capito se fossero state le otto..." mi rinfacciò, con le mani sui fianchi, e in volto un'espressione che non ammetteva repliche.
Risucchiai un respiro, perché il tutto si era svolto solo nell'arco di qualche secondo, lasciandomi interdetta, e aprii bocca per ribattere, seppure non sapessi cosa dire per giustificarmi. Lei, però, con un gesto tempestivo, mi strappò il telefono di mano.
"Questo lo prendo io, e lo riavrà alla fine delle lezioni. Sempre se mi sentirò benevola nei suoi confronti. Presti attenzione, piuttosto, perché, se la becco distratta di nuovo, non la passerà così liscia" decretò poi, fulminando con un'occhiataccia tutti quelli che si erano permessi di ridacchiare per la sua sfuriata, tornandosene poi da dov'era venuta.
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Celeste - La miglior cosa che non ho mai avuto
RomanceNon stavano insieme, e non avrebbero mai potuto. Non avrebbero mai dovuto. Era scritto dall'inizio che un loro "noi" non sarebbe per niente stato destinato a esistere. Eppure non se ne importarono. Non se ne importarono e sfidarono il destino, convi...