"Lie down with me, and hold me in
Your arms.And your heart's against my chest,
Your lips pressed in my neck, I'm falling
For your eyes, but they don't know me yet.
And with a feeling I'll forget, I'm in love now".Stentai quasi a credere che quella frase fosse davvero uscita dalle mie labbra. Le stesse che, in quel momento, erano solo a pochi centimetri dalle sue. Trattenni il respiro, e ogni cosa attorno a me sembrò non esserci più, sembrò scomparire gradualmente, mentre lui mi sorrideva, sbarazzino, con quel suo sorriso mozzafiato, e mi si avvicinava con lentezza. Le sue mani erano ancora sui miei fianchi. Non oso neppure immaginare l'espressione che dovevo aver assunto, anche perché non ci riuscirei. Era come se il tempo si fosse fermato, oppure come se stesse procedendo così a rilento, da risultare nullo. Poggiò la fronte alla mia. Eravamo pelle contro pelle. I nostri nasi si sfioravano. Sentivo addirittura l'odore evanescente della pittura ormai asciutta sulle sue guance. Un suo ciuffo ribelle mi solleticava la fronte. I miei occhi erano nei suoi e i suoi nei miei. Mi vedevo riflessa nei suoi. A quella vicinanza potevo affermare senza ombra di dubbio che non erano né celesti né verdi. Erano grigi. Incredibilmente grigi, con il contorno dell'iride azzurro e delle pagliuzze verdi qua e là. Però rimanevano i più belli che avessi mai visto. Mi stava ancora sorridendo, e io lo imitai presto. Tolse la mano destra dal mio rispettivo fianco e mi accarezzò una guancia. Il tocco fu così delicato, ma lo percepii senz'altro, perché tutto il mio corpo scattò sull'attenti al contatto con le sue dita fredde, e il sangue cominciò ad affluirmi alle guance. I nostri respiri si fondevano e confondevano. Il mio sapeva ancora di cioccolata, il suo assomigliava a quello delle gomme da masticare alla menta. Quando il suo sguardo passò dai miei occhi alle mie labbra, quasi pensai di tirarmi indietro. Sapevo più che bene che, se mi avesse davvero baciata, il nastro non si sarebbe potuto riavvolgere mai più. Me la facevo sotto dalla paura. L'avevo voluto io. L'avevo provocato io. Era a causa mia che eravamo in quella situazione. Però ero così terrorizzata all'idea di poter rovinare tutto... E, alla fine, rovinai tutto per davvero.
"Peter..." mormorai, con il cuore in gola che mi faceva far fatica a parlare.
Per tutta risposta, i suoi occhi saettarono subito di nuovo nei miei. Aggrottò le sopracciglia e aspettò che dicessi qualcosa, ma non avevo molto da dire, in verità. Io volevo baciarlo. Lo volevo dannatamente tanto. Forse troppo. Era quello il problema. L'ultima volta che avevo sperato così tanto in qualcosa, quel qualcosa aveva finito per rivoltarmisi contro. Non volevo che accadesse lo stesso. Ma non era quello il motivo. Quelle erano solo le scuse futili che continuavo a propinarmi per non darmi dell'idiota codarda, ma la verità era che la mia paura più grande era che con quel bacio i miei sentimenti per lui si moltiplicassero, triplicassero, fino ad arrivare a essere troppo ingestibili e grandi per me, che solo una volta nella mia vita avevo provato sensazioni simili. Anche se per Dave, quando eravamo più piccoli, non pensavo comunque di aver provato qualcosa di così forte e potente. Non potevo rischiare di legarmi così strettamente a una persona (anche se, volente o nolente, l'avevo già inesorabilmente fatto). Baciare Peter non sarebbe stato come baciare un ragazzo qualsiasi, cosa che facevo in continuazione. Baciare Peter avrebbe significato consegnargli il mio cuore e dirgli: "Tieni, fanne ciò che vuoi", e io non potevo farlo. L'avevo già fatto una volta, in passato, e le cose si erano capovolte a tal punto, da fare in modo che l'unica a rimanere distrutta e devastata fossi io. Non stavo mettendo in dubbio i miei sentimenti nei suoi confronti, affatto, ma la mia mia capacità di controllarli, e la sua di custodirli. Rimasi per un po' con le labbra schiuse, cercando una scusa quantomeno plausibile da rifilargli, ma non ce ne fu bisogno. Gli irrigatori antincendio sul soffitto iniziarono all'improvviso a far piovere acqua ovunque, e noi ci ritrovammo sempre più bagnati, fino ad avere i vestiti appiccicati addosso. Non capivamo cosa stesse succedendo, però c'era un'assordante sirena che seguitava a risuonare ovunque. Peter si era allontanato da me rapidamente, confuso, quando l'acqua aveva incominciato a scrosciare. Mi chiesi se non fossi provvista di poteri soprannaturali, che mi consentivano addirittura di far scattare l'allarme antincendio quando ero in difficoltà, ma poi ci fu una voce metallica - che si diffuse attraverso gli altoparlanti a muro - che smontò le mie appena maturate convinzioni: "Ci è stata segnalata un'anomalia, in una delle cucine del college residenziale, che ha fatto scattare l'allarme. Gli studenti sono pregati di mantenere la calma e di dirigersi verso l'uscita di emergenza a loro più vicina, che è sicuramente indicata sul piano d'evacuazione del corrispettivo piano. Il punto di ritrovo è l'entrata dell'edificio principale. Mi raccomando, non accalcatevi". Io e Peter ci guardammo, mentre avevamo gocce d'acqua che ci scivolavano sul viso e continuavano a bagnarci secondo dopo secondo, facendo aderire i nostri abiti sempre di più ai nostri corpi e i nostri capelli alle nostre teste. Mi prese per mano e mi trascinò per le scale interne per scendere al piano inferiore, e da lì accedere alle scale esterne per uscire fuori e raggiungere l'entrata. L'aria che sferzava fredda contro la mia pelle bagnata mi provocava frequenti brividi un po' ovunque. O forse era la stretta della mano di Peter attorno alla mia. O il pensiero di quello che stava per succedere pochi attimi prima. Mi stavo dando ancora dell'idiota bipolare, e stavo ancora riprendendo mentalmente me stessa per aver dato l'ennesima dimostrazione di essere una contraddizione vivente, quando arrivammo al punto di ritrovo e ci unimmo agli altri. Peter mi lasciò la mano e mi promise che sarebbe tornato presto, mentre chiedeva un po' in giro cosa fosse successo. Non vedevo Lindsay e Abigail da nessuna parte, ma pensai che, forse, non fossero ancora rientrate e avessero seguito Mike al Rockefeller. Invece, pochi attimi dopo, le vidi corrermi incontro completamente fradice, mentre ridevano come matte.
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Celeste - La miglior cosa che non ho mai avuto
RomanceNon stavano insieme, e non avrebbero mai potuto. Non avrebbero mai dovuto. Era scritto dall'inizio che un loro "noi" non sarebbe per niente stato destinato a esistere. Eppure non se ne importarono. Non se ne importarono e sfidarono il destino, convi...