"Once upon a time you were my
Everything. It's clear to see that
Time hasn't changed a thing. It's
Very deep inside me, but I feel
There's something you should know"."Ma non ha un senso logico!" protestò Colin, contrariato, massaggiandosi il viso con le mani.
Aveva insistito per tornare da me quella notte stessa, ma ero, per fortuna, riuscita a farlo desistere: sia perché non volevo farlo rialzare dal letto e rivestire inutilmente - siccome ero quasi certa che, per lo shock, non sarei stata capace di rispondergli se non a monosillabi -, sia perché avevo necessità di rimanere per conto mio e di riuscire a completare il puzzle da sola. Sembrava quasi che il fato, il destino, o qualsiasi cosa fosse, fosse assolutamente contrario al fatto di farmi aiutare da qualcuno a rimettere insieme i pezzi, e che volesse, anzi, che lo facessi io stessa. Il problema era che non si può completare un puzzle con dei tasselli mancanti, o se c'è sempre chi è pronto a sottrartene qualcuno da sotto il naso. Quella notte non avevo letteralmente chiuso occhio, infatti quel giorno mi sentivo privata di ogni minima forma di energia. Colin aveva perfettamente ragione: niente aveva un senso logico. Nella mia mente vorticavano tanti di quegli interrogativi, che sentivo la testa esplodermi: perché non me l'aveva detto, innanzitutto? E perché, quando ci eravamo incontrati per la prima volta al campus, mi aveva trattata in quel modo (perché, sì, ormai ero più che sicura che mi avesse riconosciuta da subito)? Perché mi aveva evitata come la peste, fino a quella fantomatica serata da Billy & Denny's di cui non ricordavo praticamente nulla? Cosa cavolo c'entrava Dave, e come faceva a sapere tutte quelle cose? La canzone che aveva scritto era dedicata a me, per questo me l'aveva fatta ascoltare? Non aveva mai avuto intenzione di dirmelo, oppure sì? Quante volte aveva tentato di farlo, ma poi si era arreso? Mi scorsero davanti agli occhi le immagini di tutte le volte che aveva provato a dirmi qualcosa e io lo avevo puntualmente zittito, parlandogli da sopra o cambiando argomento. Possibile che fosse stato sul punto di dirmelo quella volta su quel tetto? O quando andammo insieme in quel parco giochi? E, a proposito del parco giochi: la storia di sé che mi aveva raccontato non quadrava per niente con quello che ricordavo io. I suoi genitori erano molto uniti, era impossibile che avessero divorziato. Ma, soprattutto, come aveva fatto a permettersi tutti quei viaggi? E quella volta in caffetteria, quando gli avevo detto di non provare più niente per quel bambino... Aveva reagito a quel modo perché pensava parlassi di lui? Significava che aveva provato - o provava ancora - qualcosa per me? Beh, quello sicuramente, dato che l'iniziativa di baciarmi l'aveva presa lui, la prima volta. Poteva avermi mentito, però. Tanto lo aveva fatto fino a quel momento... Chissà quante altre balle avrebbe continuato a raccontarmi. Sbuffai, pervasa da un insostenibile senso di sconforto, e appoggiai la testa su una spalla di Colin, chiudendo gli occhi, mentre lui mi lasciava un leggero bacio tra i capelli. Era dalle sette di mattina che stavamo discutendo a riguardo (o, meglio, lui si cimentava in filippiche più lunghe dei rotoloni di carta igienica che pubblicizzavano sempre in Tv, e io annuivo o dissentivo), ed erano le undici passate. Non avevamo neppure fatto colazione. Cioè, io non l'avevo fatta. Mamma e papà erano andati in chiesa, per cui avevamo tutta la casa per noi, ma non avevamo fatto altro che rimanere chiusi in quel seminterrato per tutto il tempo. Avevamo seguitato a vedere filmini fin quando gli occhi non avevano cominciato a lacrimarmi, per quanto mi bruciavano - a causa dello sforzo eccessivo a cui li avevo sottoposti. Avevo lo stomaco chiuso e un'innata voglia di vomitare. Forse per tutta la cioccolata che avevo ingurgitato con Colin quella notte. Oppure per l'agitazione e l'ansia accumulate in quelle ore. Ero stanca. Mentalmente, fisicamente e psicologicamente. E Colin non fece altro che peggiorare le cose, quando prese parola.
"Cosa pensi di fare, adesso?" mi pose la domanda da un milione di dollari, avvolgendo un braccio attorno alle mie spalle e attirandomi più vicina a lui.
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Celeste - La miglior cosa che non ho mai avuto
Roman d'amourNon stavano insieme, e non avrebbero mai potuto. Non avrebbero mai dovuto. Era scritto dall'inizio che un loro "noi" non sarebbe per niente stato destinato a esistere. Eppure non se ne importarono. Non se ne importarono e sfidarono il destino, convi...