19. Take Me Home

17.5K 697 93
                                    

"Wrapped up, so consumed by all
This hurt. If you ask me, don't
Know where to start".

Il sabato seguente Mike e Peter erano in fermento. Non avevano fatto altro che straparlare per tutta la mattinata, tanto che io, Lindsay e Abigail per poco non li avevamo zittiti a suon di ceffoni. Però un po' mi divertiva vederli tanto esagitati per qualcosa di così futile come una partita di baseball. Le ragazze avevano accettato di buon grado di andare a New York con loro, ma avevano impiegato un'infinità di tempo a scegliere cosa mettere per non morire di caldo o di freddo, come se la nostra meta fosse stata l'Alaska e non una metropoli a solo un'ora e mezza di distanza. Ma, naturalmente, non potevamo mica rischiare di fare tardi in una giornata così importante! Per carità. Per cui, Spongebob e Patrick avevano stabilito che bisognava mettersi in viaggio subito dopo la fine delle lezioni, cosa che non aveva giovato molto a Lindsay e Abigail, che, anzi, erano andate ancora più in ansia. Perciò, nonostante la partita sarebbe stata alle sette di sera, alle cinque e mezza eravamo già allo stadio. Ovviamente noi non saremmo rimaste con loro, ma saremmo andate il prima possibile in città con la macchina di Mike, poi saremmo tornate a riprenderli a fine partita. Se ripenso a come si erano conciati, ancora rido. Peter indossava al contrario un cappellino blu con visiera e con lo stemma degli Yankees; aveva due linee orizzontali (una bianca e una blu) dipinte sulle guance e una maglietta a maniche corte, bianca, a righe verticali blu scuro, con stampato all'altezza del cuore lo stesso simbolo che aveva sul cappellino. Il tutto sopra a dei jeans blu. Mike non era da meno, solo che lui si era verticalmente dipinto metà faccia di rosso e l'altra metà di bianco; aveva in testa un cappellino nero con una grossa B stampata in rosso sulla visiera messa al contrario, e indossava una T-shirt blu scuro con su scritto "Red Sox" sul davanti e "Michael Davis 03" sul retro, sopra a dei pantaloni oscenamente rossi. Andava ripetendo a chiunque glielo chiedesse che il tre era il suo numero fortunato, e che scrivere il suo nome per intero dietro la schiena gli avrebbe portato ancora più fortuna.

"La partita dovrebbe durare due ore. Se ci sono cambi di programma vi mandiamo un messaggio" ci comunicò Mike, iniziando a tastare le tasche del giubbotto che aveva in mano alla ricerca dei biglietti.

"Sì? E come farete, geni, se nessuno dei due ha il numero di nessuna di noi tre?" gli fece notare Lindsay, con una punta di sarcasmo nella voce che fece ridacchiare me e Abigail.

I due si guardarono confusi, come se avessero stentato a credere a quelle parole, e cacciarono fuori i cellulari. Noi tre facemmo altrettanto, e ci scambiammo vicendevolmente i numeri telefonici.

"Soddisfatta, adesso, Miss Perfettina? - la prese in giro Mike, guadagnandosi una linguaccia e un finto broncio da parte di una Lindsay alquanto piccata - Ora dobbiamo proprio andare. Ci sentiamo" concluse poi, salutandoci, mentre Peter ci fece un misero cenno con una mano, ansioso di entrare in quello stadio, seppure mancasse ancora un'ora e mezza all'inizio della partita.

Quella sera non faceva particolarmente freddo. Ricordo che il termometro dell'auto di Mike segnava circa venticinque gradi. Io mi ero, fortunatamente, vestita a strati, in modo da non avere né troppo freddo né troppo caldo. Lo stesso non si poteva dire di Lindsay e Abigail, che erano due caloriferi ambulanti grondanti di sudore, a causa dei maglioni pesanti che si erano fidate di mettere. Il cielo era nuvoloso, ma le previsioni non avevano predetto pioggia. Nessuna di noi era stata tanto previdente da portare comunque un ombrello.

"Spero tanto che i Red Sox perdano. Così Mike imparerebbe una volta e per tutte a tenere a freno quella sua lingua lunga" si espresse Lindsay, posizionandosi al posto di guida e sbattendo violentemente la portiera.

Se Mike fosse venuto a sapere che aveva riservato un trattamento del genere alla sua amata Michelle (sì, aveva davvero dato il nome della First Lady alla sua macchina), non credo che Lindsay l'avrebbe passata tanto liscia. Io mi accomodai su uno dei sedili posteriori, mentre Abigail si sedette davanti - perché era molto debole di stomaco -, accanto a Lindsay. Allacciammo le cinture e Lindsay mise in moto, non senza aver prima impostato l'aria condizionata. Io scoppiai a ridere, perché significava che stavano davvero morendo di caldo come avevo immaginato, e lei mi trucidò con un'occhiataccia.

Celeste - La miglior cosa che non ho mai avutoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora