"I thought that I've been
Hurt before, but no one's
Ever left me quite this sore"."Tu... - per caso, eh - conosci Peter...?" provai a domandare, ma, naturalmente, non ricordavo il cognome, quindi la domanda restò incompleta.
Assottigliai gli occhi e mi forzai a concentrarmi meglio, perché, volendo, pensavo che sarei riuscita a riportarlo alla mente. Ma non fu così. Non sono mai stata una cima con i nomi: li ho sempre scordati dopo due secondi che mi sono stati detti, lo sai meglio di me. Il fatto che io ancora ricordassi il suo era già un record.
"Peter chi? Sai, ce ne sono tanti... C'è Peter Anderson, Peter Chang, Peter Crawford, Peter Duncan..." iniziò a elencare i vari nomi, tenendo il conto sulle dita di una mano; a me venne il mal di testa già al secondo Peter.
"Alto, capelli sul biondo, occhi chiari e... molto scontroso" riassunsi brevemente le "caratteristiche" sulle quali mi ero potuta soffermare quelle due volte che lo avevo visto.
Lei ci pensò su, arricciando le labbra e fissando un punto indefinito sopra la sua testa, mentre si picchiettava le labbra con l'indice di una mano. Poi ebbe come un'illuminazione e trattenne il respiro, sorridendo, probabilmente perché aveva capito di chi stavo parlando.
"Ah! Peter Poole?" mi chiese conferma, puntandomi l'indice contro, sorridendo ancora, soddisfatta di se stessa.
Annuii, facendole un piccolo sorriso, e i suoi occhi si illuminarono. Rammentai che, la prima volta che l'avevo sentito nominare dal vice-preside, qualche ora prima, avevo pensato che risultasse molto musicale, e in quel momento capii perché: aveva la stessa iniziale del nome, e mi sentii anche stupida a non averlo ricordato.
"Ecco... Non lo conosco molto bene, in verità. L'anno scorso lo vedevo spesso in caffetteria o in biblioteca, ma non è mai stato un tipo di molte parole. È taciturno e se ne sta sempre sulle sue. Ma... ehi, come mai ti interessa?" si informò, dopodiché socchiuse gli occhi e mi osservò con la faccia di chi la sa lunga.
"Pura curiosità" mi affrettai a dire, per poi sorriderle, prima di salutarla - visto che il tour era finalmente giunto al termine - e di incamminarmi verso la mia stanza, sperando che sarei riuscita a tornarci.
×××
Una volta in camera, l'uragano della mia nuova coinquilina mi investì con una valanga di informazioni di cui non colsi neppure il filo logico, tanto che parlava veloce, senza neanche prendere fiato tra una parola e l'altra. Non ebbi il tempo di ribattere, o quantomeno di chiederle di ripetere almeno la metà del discorso e cercare di capirci qualcosa, perché il mio telefono incominciò a squillare nella tasca posteriore dei pantaloni in cui lo avevo riposto. Lo presi immediatamente e osservai, con le sopracciglia aggrottate, il nome del chiamante: era Colin. E stavo anche per rispondergli, seppur controvoglia, ma qualcuno bussò alla porta per la seconda volta, in quella giornata. Silenziai e riposi il cellulare in tasca per andare ad aprire. Ti lascio immaginare cosa sarebbe accaduto se fosse andata di nuovo la mia coinquilina (di cui non ricordavo il maledetto nome, ma che non volevo chiederle per non sembrare stupida; perciò nella mia mente lei rimaneva "la mia coinquilina" o "la tizia con la quale condivido la stanza"). Girai la maniglia e tirai la porta verso di me. I miei occhi si sbarrarono all'istante per la sorpresa.
"Uhm... Ehi, ciao! A quanto pare ricordavo bene la posizione stanza..." constatò, sorridendomi, l'ennesima persona di cui non avevo presente il nome, passandosi una mano dietro il collo.
Lo guardai interrogativa, aspettandomi che continuasse il discorso, ma lui non colse il mio gesto, quindi dovetti esplicitare, mentre la mia coinquilina sopraggiungeva alle mie spalle, assolutamente interessata al nostro ospite.
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Celeste - La miglior cosa che non ho mai avuto
Roman d'amourNon stavano insieme, e non avrebbero mai potuto. Non avrebbero mai dovuto. Era scritto dall'inizio che un loro "noi" non sarebbe per niente stato destinato a esistere. Eppure non se ne importarono. Non se ne importarono e sfidarono il destino, convi...