Londra.

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A Londra piove, si sa.
Si sa che la pioggia è una caratteristica tipica di quel luogo, eppure, quando una goccia gli si posa sulla fronte e scivola giù, lenta sul suo viso è solo in quel momento, quando alza gli occhi al celo coperto da una corte di nubi grige che lo realizza.
"Bene cazzo"
Non ha proprio pensato ad un ombrello.

Ci vollero circa 45 minuti prima che riuscisse a salire su un Taxi, e quando ci riuscì questo avvenne solo grazie ad un ragazzo che, capendo il suo intento si offrì di chiamargliene uno.
Quando quello arrivò, il giovane si dileguò salutandolo e Fedez rispose con il suo inglese un po incerto ma efficace e salì sul Taxi, piombo.
Sentì l'autista borbottare qualcosa in inglese. Non comprese, ma dalle occhiate che gli lanciava, sospettò dovesse essere in rimprovero.
Ora per colpa sua i sedili dell'auto erano completamente fradici, ma non è che potesse farci gran che.
"Dove ti porto?"* chiese l'uomo sospirando.
Fedez aprì la tasca interna del giubbotto e ne estrasse un foglietto spiegazzato, dove le parole "Ti aspetto" erano scritte in una calligrafia tonda e vagamente infantile.
Lo girò poi, dietro dalla stessa mano era stato scritto un indirizzo che porse all'uomo.

Non sapeva cosa aspettarsi dalla casa del suo amico. Sul serio.
Se le tipiche villette delle case inglesi o più probalimente un palazzo simile a quello della Regina Elisabetta, ma quando l'auto si fermò davanti un grande edificio dai mattoni rossi a vista, rimase sorpreso.
Un condominio.
"È sicuro sia questo il posto?"
"Si ragazzo"
"Grazie allora" rispose, allungando i soldi all'autista che sorrise soddisfatto.
Scese dunque con il borsone sotto braccio e corse al riparo sotto la tettoia della palazzetta.
Aveva le gambe che gli tremavano.
Perché era lì?
Perché non era sotto il portone dell'amica di Giulia a supplicare la sua ragazza di riprenderlo?
No, lui non era nemmeno il tipo da supplicare poi.
Guardò i nomi sul citofono, in cerca di quello giusto, quando il portone di aprì e ne uscì un'anziana signora con l'ombrello.
Federico si spostò di lato , aiutando la signora tenendo aperto il portone.
"Grazie ragazzo"
La vecchia mostrò un sorriso riconoscente, i denti vagamente ingialliti e Fedez sorrise di rimando, sgusciando all'interno del palazzo.
Salì le scale , piano, buttando un occhio su ognuno dei campanelli per riconoscere quale tra quelle porte fosse quella del suo amico. Giunse finalmente all'ultima, con sempre più dubbi sulla parole dell'autista.
Probabilmente lo aveva fottuto, come piccola vendetta per avergli infradiciato i sedili del Taxi.
Sbuffò, chinandosi in avanti per leggere i nomi sul campanello.

Michael Holbrook Penniman
&
Andreas Dermani

Ecco un'altra cosa a cui non aveva pensato.
Mika aveva un coinquilino.
Era quasi certo che Andreas fosse il nome del compagno. Compagno che Fedez sino ad ora aveva sempre visto come un entità astratta, mai come una persona reale, qualcuno in carne e ossa.
Vaffanculo.
Poteva sempre tornare indietro però. Michael non sapeva che era lì e non necessariamente avrebbe dovuto saperlo.
Si sistemò il borsone sulla spalla, già intenzionato a recarsi in strada per cercare un bar che gli avrebbe fatto chiamare una qualche compagnia di Taxi, evitandogli svariati minuti di fischi e urla a vuoto e parecchie bestemmie di meno, quando la porta si spalancò.
Un uomo, esageratamente pallido e poco più alto di lui, con i capelli color stoppa e gli occhi cangianti cerchiati da profonde occhiaie fuoriuscì, guardandolo con un espressione tra l'incredulo e l'arrabiato e con un Golden Retriver al guinzaglio.
Riconobbe subito Melachi, la cagnolona che Mika tanto amava e che, nell'appartamento della popstar in Italia, spesso poggiava il muso sulle sue gambe mentre pranzavano, sperando che Fedez le allungasse qualcosa di nascosto. Quella iniziò a scodinzolare alla sua vista e fece per saltargli addosso, ma Federico si ritirò, inciampando nei suoi stessi piedi, troppo sconcertato dall'essere stato colto in fragrante.
Sperava di poter fuggire inventando una scusa, tant'è che borbottò anche uno "scusa amico devo aver sbagliato casa" ma per l'agitazione aveva parlato in italiano, senza riflettere, ed era più che evidente poi che l'uomo l'avesse riconosciuto.
E che non sembrasse neanche tanto felice di vederlo.
" Tu? Che diavolo ci fai tu qui? Ti ha chiamato lui vero?"
Andreas aveva parlato troppo velocemente e con un tono troppo irritato per far si che Fedez non andasse nel pallone. Non aveva capito neanche la metà di ciò che aveva detto e Melachi come se non bastasse continuava ad abaiare, sovrastando le parole del padrone.
Tentò di ricollegare il cervello ala bocca, ma tutto ciò che venne fuori furono solo degli insensati balbettii.
"Ehi! Cos'è questo casino?"
La testa riccioluta di Mika spuntò fuori dalla porta e l'agitazione che c'era fino a quel momento parve congelarsi, ma l'aria rimaneva comunque tesa.
Michael lo guardò, prima sorpreso e poi sorridente.
"Fede! Tu sei qui!"
Federico, avrebbe voluto sorridere, per ricambiare l'entusiasmo del suo amico, ma proprio non ci riusciva, non con Andras che lo guardava in quel modo.
L'uomo distolse finalmente lo sguardo da lui, spostandolo sul compagno, che aveva tramutato il sorriso che gli aveva rivolto meno di un secondo fa, in uno sguardo serio e scocciato. I due non si dissero niente, sino a quando Andras non distolse lo sguardo e scendendo le scale disse.
"Ne riparliamo sta sera"





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Angolino di Lex.
Salve a tutti, questa è la prima Midez che scrivo, nonché la prima storia che pubblico qui su Wattpad.
Questa storia di Fedez e Mika ci sta trascinando dentro un po tutti e penso sia giusto dare forma a queste fantasie che noi fangirl abbiamo in testa.
Spero che come inizio vi abbia incuriosito.

* i dialoghi in corsivo sono in inglese come avrete capito. Questo perché piu avanti ci saranno lunghi dialoghi tra alcuni personaggio inglesi e dato che come mteria non è il mio forte, non vorrei parlare inglese come Skin parla italiano.

It would be too late to let you go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora