• Leggete lo spazio autrice grazie •
Strizzò appena gli occhi, lasciando cadere il braccio sul bancone in legno di quercia. Sbottò, mentre con l'altra mano si reggeva il capo.
-Mi dia da bere, per favore- gemette riluttante.
-Non posso, sei minorenne- affermò il barista, mentre con un panno bianco asciugava qualche bicchiere di vetro, viaggiando dietro la penisola.
Char borbottò qualcosa prima di imprecare mentalmente. Tutto nella sua vita stava precipitando, compresa se stessa. Stava toccando il fondo, e le stava piacendo. Aveva perso la persona che amava e la sua migliore amica. Aveva perso anche il suo ego, ma non l'avrebbe mai ammesso. Continuava a vedere la fine, anche prima che tutto iniziasse. Odiava la gente, si riteneva qualcosa di diverso da un essere umano, con delle sensazioni. Si rifugiava tra le migliaia di particelle di alcool. Si rendeva dipendente di qualcosa, che in realtà ti rende schiava. Chiedeva aiuto con la speranza di poter in qualche modo, far pena. Voleva essere commiserata, almeno qualcuno in quel modo, benché sbagliato, l'avrebbe considerata. Picchiettò le dita sul legno scuro, strinse le labbra prima di esitare.
-Per favore, mi dia anche solo un cicchetto, non lo dirò a nessuno- biascicò dispotica, ne aveva bevuti almeno due da quella mattina, ma non le bastavano.
Due di quelli, non l'avrebbero aiutata a dimenticare.
-Tieni- alzò gli occhi sul bicchiere, che le era appena scivolato nel campo visivo.
Strinse le palpebre in due fessure, mentre una curva le si disegnò in viso. Fece cenno col capo verso il barista, che la fissava interdetto. Notò quest'ultimo asciugare ancora dei bicchieri, non le aveva lanciato lui il drink.
-Te l'ho lanciato io- inarcò le sopracciglia, torcendo il viso in una smorfia.
Un ragazzo dai capelli lunghi la stava fissando con un sorriso timbrato sul volto, disegnato da morbidi lineamenti. Boccheggiò, quando notò una serie di tatuaggi incisi sulle braccia e sullo stralcio del petto, lasciato dalla camicia bianca di flanella.
-Grazie- farfugliò con voce flebile
-Piacere, Harry- sorrise ancora, questa volta sfoggiando un paio di fossette su entrambe le gote
-Piacere, Charlotte- disse soltanto, facendo scivolare lungo l'esofago l'alcolico chiaro.
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Strinse di più le dita a quelle del ragazzo, che torreggiava alla sua destra. Si morse l'interno delle labbra mentre una manciata di vento le fece scivolare qualche ciocca sul viso. Sbottò appena, quando sentì il ragazzo al suo fianco ridacchiare.
-Sei troppo buffa, Mad- soffiò, guardandola a sottecchi.
-Quanto ci vuole per arrivare?- biascicò atona, stringendo le labbra.
Non lo guardò, non lo faceva mai. Lei aveva paura di guardarlo. Temeva che l'avrebbe potuta guardare negli occhi e lei non avrebbe tollerato tanta intimità. Si limitava a farlo, solo quando era sicura che lui non la stesse osservando. Era da qualche giorno che aveva cominciato a dargli la mano. Si era abituata a quel contatto, al punto di sentirsi controllata in qualche modo. Quasi adorava in che modo le sue dita s'intrecciavano a quelle di Ashton. Si sentiva legata a lui e quel legame quasi le piaceva.
-È lì- mugugnò con un ghigno
Madison annuì. Chiuse gli occhi per qualche istante quando notò a qualche metro un'enorme casa bianca. Doveva essere lei, casa di Ashton. Sentì mozzarsi il fiato, mentre il petto le si muoveva frenetico. Allentò la presa da quella del ragazzo che la stava guardando. Ad ogni passo sentiva perdere un battito, il cuore quasi le schizzò fuori dal petto. Sospirò, stringendo la mano sinistra in un pugno che fece scivolare lungo il fianco. Sospirò ancora prima di arrestare gli scarponcini contro la ghiaia umida dalla pioggia, che l'aveva bagnata qualche ora prima.
-Cosa c'è?- sputò, guardandola dall'alto.
-Promettimi che non mi farai del male.- mormorò, stringendosi nel maglione chiaro.
-Madison,- sospirò, sistemandosi le lenti sul ponte del naso. I capelli ricci gli coprivano la fronte opaca e la maglia nera aderente, metteva in risalto la sua muscolatura.
-Davvero, promettimi che non mi toccherai e non mi farai del male, ed io ti giuro che non me ne andrò.- esordì con voce flebile, mentre gli guardava il petto fasciato muoversi in modo allettante.
A momenti sarebbe voluta sparire. Trovare qualche maschera, dove poter rifugiarsi.
Non le piaceva chiedere, si limitava a fingere di star bene. Ma se non avesse esitato a chiedere, probabilmente sarebbe potuta morire in quella casa qualche secondo dopo.-Te lo prometto.- sentenziò, stringendola contro il suo petto
Madison sussultò a quel contatto. Poteva sentire il suo cuore battere contro la gabbia toracica. Un odore inebriante si fece spazio nelle sue narici. Lasciò cadere le mani lungo i fianchi, mentre quelle di Ashton le viaggiarono lungo la schiena. Sentì perdere i sensi. Odiava il contatto fisico, non era per niente abituata a quelle vicinanze. Scrollò leggermente le spalle, quando si trovò a frugare col naso tra il cotone della maglia scura, che le occupava il campo visivo.
-Non ti toccherò.- sputò -Ma tu hai giurato di non andartene.- sentenziò intrecciando nuovamente le dita a quelle di Madison, che annuì mentre un dolore lancinante continuava a logorarle le pareti dello stomaco.
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Boccheggiò, quando sentì la porta d'ingresso scagliarsi alle sue spalle. Alzò gli occhi e fece una mezza giravolta su se stessa, mentre ammirava il grandioso ambiente prendere spazio davanti alle sue iridi. Una rampa di scale occupava la parte destra dell'ambiente sontuoso, mentre uno stipite segnava il confine con quello, che doveva essere il soggiorno
-Lei è Meredith, la mia domestica- fece cenno col capo verso una sagoma tarchiata, che annuì indenne.
-Piacere Madison- disse soltanto, guardandola a sottecchi
Sentì lo sguardo di Ashton bruciarle la schiena, non parlava molto quando era con lui. Era estranea persino a lei il suono della sua voce è sentirla così isolata in un ambiente così grande le fece venir voglia di perderla.
-Harold esci da lì dietro- bofonchiò, Ashton sogghignando
Una piccola sagoma fece spuntare la testolina da dietro le gambe della donna longilinea. Strinse le labbra in un sorrisino sghembo prima di saltellare in avanti.
-Lui è Harold il mio fratellino- espose indicandolo
-Ciao- soffiò accasciandosi verso la figura minuta del bambino che continuava a saltellarle davanti
-Harold è autistico, e tu devi aiutarmi.- sputò criptico
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Come state?
Io bene anche se col mal di schiena e stanchissima ma vabVolevo innanzitutto ringraziarvi per esserci, sono davvero contenta che la storia vi stia piacendo.
L'unica cosa che vi chiedo però è commentare, ho bisogno di pareri e di sapere personalmente voi cosa pensiate di tutto ciò. Davvero vi chiedo solo questo. Fatelo per me, così se non va qualcosa posso cambiarla, o migliorare . Grazie mille.Passando oltre io shippo troppo Madison e Ash >>>> ma okay
Ah e nuovo personaggio HARRY 😽😽😽😽😽
Poi Harold è il fratellino di Ash che è Autistico e dato che si chiama anche lui Harry, per differenziarlo da Harry styles l'ho chiamato Harold. Lo so potevo semplicemente cambiate nome, ma non mi andava lel
Aggiorno domenica prossima credo perché boh la domenica non ho mai niente da fare e niente vvbciao ciao
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Mad
Genç Kurgu"È questa la fregatura con te,perché quando mi fai bene,me ne fai più di chiunque altro. Quando mi fai male,pure." © original by scrivodizain