18 - Matthew

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Emma non aveva più visto suo padre dal giorno in cui ce n'eravamo andate di casa ed eravamo andate a vivere con Louis. Io non l'avevo più contattato, perché mi ero arrabbiata tantissimo e non avevo intenzione di parlargli mai più e nemmeno lui aveva fatto nessuno sforzo per scusarsi o per vedere sua figlia.

Quella sera Louis mi chiese se avessi bisogno di compagnia e, quando risposi quello che avevo detto anche a mia sorella quel pomeriggio, cioè che era una cosa che dovevo fare da sola, mi disse di tenere il telefono a portata di mano e di chiamarlo non appena avessi voluto tornare a casa.

«Matthew non è pericoloso.» Dissi, alzando un sopracciglio. «È uno stronzo, ma non ha mai alzato un dito su nessuna delle due.» Aggiunsi. «Comunque grazie, se dovessi avere bisogno di aiuto ti chiamerò.»

«Posso almeno accompagnarti?» Insistette Louis.

Cedetti ed accettai il passaggio, perché sapevo che sarebbe stato inutile cercare di combattere. Voleva sentirsi utile e lo apprezzavo davvero tanto. Inoltre non avevo idea di come raggiungere la casa di Matthew, perché il mio autista aveva già staccato per quel giorno ed io non avevo intenzione di prendere i mezzi pubblici da sola e di sera.
***
Arrivai a casa di Matthew alle sette in punto, nervosa e agitata. Non avevo idea di cosa aspettarmi da quell'incontro, ma di sicuro sapevo quello che avrei voluto dirgli.

«Ehi, ciao!» Esclamò lui quando mi vide entrare. Alzò gli occhi dal libro che stava studiando e lo chiuse, riponendolo sul divano di fianco a lui. Ci raggiunse velocemente e salutò anche Emma.

«Hai visto com'è cresciuta?» Domandai, cercando di non sentirmi troppo a disagio. Matt aveva perso due mesi della vita di sua figlia e in quel periodo i bambini crescevano tantissimo.

«Già.» Replicò lui. «Venite, ho fatto preparare la cena. Ehm... cosa mangia Emma?» Mi domandò poi, imbarazzato.

«Sta cominciando a mangiare frutta, verdura e carne frullata. Ma non preoccuparti, ha già mangiato.» Risposi, evitando il suo sguardo. Era quello il rapporto che avremmo avuto per il resto della nostra vita? «Senti, non sono venuta qui per cenare, voglio solo parlare del futuro e del tuo ruolo nella vita di Emma.» Aggiunsi dopo qualche istante.

Matthew mi guardò, sorpreso, poi annuì.

«Hai ragione. E voglio subito partire chiedendoti scusa per come mi sono comportato con te e con lei.» Replicò il ragazzo, facendo strada fino alla sala da pranzo, dove il tavolo era preparato e già pieno di cibo.

«Grazie.» Risposi. Pensai brevemente di scusarmi anch'io per come mi ero comportata con lui, ma decisi di evitare. Non dovevo chiedergli scusa proprio per niente. Non l'avevo obbligato ad innamorarsi di me, io ero sempre stata molto chiara sul tipo di rapporto che volevo che esistesse tra di noi: «solo sesso, niente di più.» E di sicuro non avevo pianificato di rimanere incinta di sua figlia. Anzi, io volevo scappare a gambe levate dopo la prima volta che mi aveva detto che mi amava. Ero stata obbligata ad essere la sua fidanzata dai nostri genitori.

«Non... ehm, non ho un seggiolone per Emma. Forse dovrei comprarne uno per quando venite a trovarmi.» Disse lui improvvisamente, imbarazzato.

Mi guardai intorno e scossi impercettibilmente la testa. Matthew non aveva nemmeno pensato all'eventualità che sua figlia potesse avere bisogno di un seggiolone o di qualsiasi altra cosa. Aveva pensato a lei per almeno cinque secondi da quando ce n'eravamo andate?

«Non importa, la tengo in braccio.» Risposi freddamente, prendendo posto al tavolo e tenendo la bambina sulle mie gambe. Non progettavo di rimanere per molto in ogni caso.

«Mi dispiace, sono il peggior padre sulla faccia della terra.» Mormorò Matt dopo un po'. «Non ho idea di come abbia fatto ad arrivare a questo punto. L'anno scorso ero innamorato perso di te e avrei fatto qualsiasi cosa per te, compreso riconoscere la bambina anche nell'eventualità che non fosse mia... poi ho scoperto che è davvero mia figlia ed è diventato tutto... troppo.» Aggiunse, evitando di guardarmi negli occhi.

Mi morsi un labbro per evitare di dire qualcosa di veramente maleducato. Non volevo che Emma mi sentisse usare parolacce o insultare suo padre.

«Matthew, onestamente, credi che per me non sia stato tutto 'troppo', come dici tu? Ho avuto una bambina a diciannove anni. Ho partorito, Matt. Non so quale donna normale decida di farlo a mente lucida, io ero così impreparata che non sapevo nemmeno quello a cui stavo andando incontro. E credimi, non è stata una passeggiata. Proprio no. Sto crescendo Emma da quando è nata, ci sono stata quando ha avuto le coliche, quando ho dovuto portarla al pronto soccorso perché non sapevo che diavolo avesse... non è reale, questo? Io non sono scappata. Non mi sono nascosta dietro uno stupido libro.» Replicai.

«Sì, ma io non ho mai chiesto di diventare padre.» Cercò di giustificarsi lui.

«Perché, secondo te io ho progettato di diventare madre?» Domandai, sconvolta.

«No, ma...»

«Ma cosa?» Chiesi, cercando di mantenere un volume di voce ragionevole e di restare calma. Non potevo far capire ad Emma che ero arrabbiata, altrimenti avrebbe cominciato a piangere.

«Beh, contando che la maggior parte delle volte che andavi a letto con qualcuno eri ubriaca... diciamo che potevi anche aspettarti che succedesse una cosa del genere. Voglio dire, non potevi pretendere che andasse tutto bene per sempre, no? È già tanto che Emma sia mia e non di chissà chi altro.»

Abbassai lo sguardo sulla bambina seduta sulle mie gambe, che guardava tutto quello che c'era sul tavolo con curiosità e mi imposi di non cominciare ad urlare.

«Non cambierai mai, vero?» Domandai a bassa voce, scuotendo la testa.

Certo, per lui era facile incolpare solo me. Ma eravamo andati a letto insieme. C'era stato anche lui. Era stato ubriaco anche lui. E, fino a prova contraria, non avrei dovuto essere stata io l'unica ad assicurarsi che avessimo preso precauzioni. Avrebbe dovuto pensarci anche lui. Ma ovviamente dare la colpa solo a me era la cosa più semplice da fare. Non voleva responsabilità ed era chiaramente ancora molto arrabbiato con me perché non avevo mai ricambiato i suoi sentimenti ed ero andata a letto con altre persone.

«Nemmeno tu, a quanto pare.» Mormorò lui, abbassando lo sguardo sul piatto che aveva davanti a sé.

«Che cosa vuoi dire?» Chiesi. Mi si era annodato lo stomaco, non avevo più nemmeno fame.

«Che è ovvio che sei ancora la stessa persona di prima. Non provi ancora nulla per me, il padre di tua figlia, e vai a letto con chiunque capiti.» Rispose lui, alzando finalmente lo sguardo e cominciando a fissarmi.

«A parte che non puoi obbligarmi a provare qualcosa per te.» Dissi, imponendomi di non alzare la voce. In quel momento avrei voluto saltare in piedi, urlargli quello che pensavo di lui e uscire sbattendo la porta. Ma non volevo che Emma crescesse in quel clima di continue liti familiari, quindi cercai di stare calma. «E poi il fatto che sei il vero padre di mia figlia non vuol dire un bel niente. Non è che il test del DNA positivo mi ha fatto magicamente innamorare di te. Anzi, forse è proprio il contrario, sai? Ti stai comportando da persona orrenda e ho cominciato ad odiarti. Perché hai voluto che portassi Emma, questa sera? Perché potesse assistere a questa bella scenetta?» Domandai. E questa volta presi in braccio la bambina e mi alzai veramente, diretta verso la porta d'ingresso.

«Ti ho chiesto di portarla perché volevo passare del tempo insieme a voi. Quando ho letto il tuo messaggio pensavo che avessi finalmente cambiato idea, che fossi tornata in te. Credevo che volessi tornare ad essere una famiglia.»

«Oh, e per te 'famiglia' cosa significa, esattamente?» Domandai. Ero così arrabbiata che sentivo il sangue ribollire nelle mie vene. Ero sul punto di esplodere. «Essere una famiglia vuol dire obbligarmi a stare con te, anche se non provo nessun tipo di sentimento - non positivo, almeno? Vuol dire che tu studi e lavori, mentre io sono costretta a prendermi cura di Emma ventiquattro ore al giorno, senza la possibilità di studiare o lavorare? Vuol dire che devo vestirmi, truccarmi e pettinarmi perfettamente e pulire la casa per quando inviti i tuoi importantissimi compagni del gruppo di studio? O i tuoi colleghi, in futuro? No, Matthew, non siamo più nel 1950. Non funzionano più così le cose.» Dissi.

«E cosa vorresti fare, sentiamo? I tuoi piani non sono sempre stati quelli di vivere con i soldi di mamma e papà e continuare a fare quello che hai sempre fatto? Cioè uscire tutte le sere, ubriacarti, tornare con uno diverso e posare per i fotografi?» Domandò lui, guardandomi con aria di sfida.

Cominciai a cullare Emma, perché sentivo che si stava agitando e non volevo che cominciasse a piangere. Dovevo cercare di non far trasparire nessuna emozione, perché sapevo che la bambina sentiva quando ero arrabbiata.

«Ritieniti fortunato. Non ti sto dicendo esattamente quello che penso di te solo perché non voglio che Emma senta.»

«Certo. O forse non stai rispondendo perché ti ho detto la verità.» Ribatté lui a denti stretti.

«Sei proprio lontano dalla verità.» Dissi. «Non che io ti debba nessun tipo di spiegazione, ma non ho intenzione di fare l'ereditiera e di continuare la vita di prima. Se proprio lo vuoi sapere non sto più uscendo di sera, perché sono sempre troppo stanca. E poi sto cominciando a studiare, perché mi voglio iscrivere all'università. Voglio una carriera, voglio che mia figlia cresca sana e felice e voglio passare il resto della mia vita con qualcuno che ci ami incondizionatamente e che supporti i sogni di entrambe. E tu, piuttosto evidentemente, non sei proprio quella persona.» Risposi.

«E credi che Styles lo sia?» Mi domandò improvvisamente, facendomi bloccare. «Pensavi che non sapessi quello che sta succedendo? Lo so benissimo che stai andando a letto con l'apprendista maggiordomo. Non ho intenzione che mia figlia cresca con certa gente intorno.» Aggiunse.

«L'apprendista maggiordomo, come lo chiami tu, è una persona molto migliore di quanto tu possa mai diventarlo. Lavora sodo per mantenersi e per aiutare la sua famiglia, ha dei sogni e, soprattutto, supporta quelli degli altri.» Risposi a denti stretti.

Poi mi voltai e aprii la porta per uscire.

«Non pensare di cavartela così, Freya. Emma ha il mio cognome e, se necessario, combatterò in tribunale per ottenere la sua custodia. Non permetterò che cresca da nessuna parte intorno a Styles o Tomlinson.»

«Buona fortuna a dimostrare che saresti un padre adatto.» Dissi, chiudendo definitivamente la porta alle mie spalle e facendo qualche passo prima di appoggiarmi alla parete.

Non potevo piangere. Non potevo piangere. Emma si sarebbe agitata più di me e non volevo che accadesse. Ma cosa diavolo era successo? Matthew mi aveva minacciata di ricorrere ad avvocati per ottenere la custodia di mia figlia. Ed era successo tutto solo perché non voleva che io mi mettessi insieme a Harry.

Uscii velocemente dal palazzo in cui abitava Matthew e recuperai il telefono per chiamare Alec. Avevo bisogno di tornare a casa e di parlare con Louis o Harper o Harry. O anche tutti e tre nello stesso momento.

«Freya!» Sentii la voce del mio migliore amico, poco lontano. Mi voltai di scatto e vidi Louis di fianco all'auto di Alec, che si era fatto prestare per accompagnarmi a casa di Matthew.

«Mi hai aspettata qui per tutto questo tempo?» Domandai, sorpresa. Lui annuì, prese Emma dalle mie braccia per sistemarla sul seggiolino e poi mi guardò. «Non mi fidavo al cento percento di quello.» Aggiunse, scuotendo la testa.

Lo abbracciai stretto, scoppiando a piangere sulla sua spalla.
***
Convocai una riunione d'emergenza al Circolo per il giorno successivo, e invitai Louis, Harper, Harry e il fidanzato di Harper, Luke.

«Matthew vuole portarmi via Emma.» Dissi, pensando alla bambina, che in quel momento era nell'appartamento che condividevo con Louis e stava giocando con Ingrid.

«Che cosa?» Domandarono tutti. Poi cominciarono a parlare uno sopra l'altro, insultando Matthew, dicendo che non era possibile e che avrebbero fatto di tutto perché non succedesse.

«L'ho visto ieri sera. Sono andata da lui per parlare del futuro, per stabilire quale sarà il suo ruolo nella vita di Emma e mi ha detto che è pronto a combattere in tribunale per avere la custodia della bambina. Non vuole che cresca con noi.» Dissi poi, guardando Louis.

Il ragazzo strinse i pugni, ma non disse nulla. Harry, al suo fianco, sembrava visibilmente arrabbiato.

«Ci sono delle cose che puoi fare.» Intervenne Luke, il fidanzato di Harper. Il ragazzo studiava Legge ed era quasi arrivato alla laurea. Frequentava lo stesso anno di Matthew.

«Che cosa?» Domandai, interessata.

«Puoi precederlo e chiedere tu l'affidamento esclusivo di Emma. Penso che tu possa provare che lui l'ha abbandonata, no?» Mi chiese di rimando il ragazzo, sistemandosi gli occhiali da vista.

«Credo di sì.» Riflettei ad alta voce. «Sono mesi che vivo a casa di Louis e, prima di ieri sera, non c'è stato assolutamente più alcun contatto tra di noi. L'ha abbandonata, se n'è fregato per tutto questo tempo.» Aggiunsi. «Lui... per quale motivo potrebbe richiedere l'affidamento esclusivo di Emma?» Domandai poco dopo, cominciando ad agitarmi.

«Dovrebbe riuscire a provare che la madre, cioè tu, non è un genitore adatto. Ci sono vari motivi per cui potrebbe non esserlo, tra cui abuso di alcol o droghe e malattie mentali.» Replicò Luke.

Harper mi guardò, preoccupata.

«Non ha prove. Non hai nessuna malattia mentale, non fai abuso di alcol o droghe e ti occupi di tua figlia tutti i giorni. Hai una casa in cui vivere...» Iniziò a dire la ragazza, ma si bloccò improvvisamente.

«Ma non ho stabilità finanziaria.» Mormorai tra me e me. «Non ho un lavoro e non ho un reddito, quindi potrebbe utilizzare questo contro di me, giusto?» Domandai a Luke, che sembrò pensarci su per qualche secondo.

«Beh, ma a quello posso pensarci io.» Intervenne Louis, che non aveva ancora parlato. «Ho più soldi di quanti possa usarne in tutta la mia vita, non credo che sia un problema, no?»

«Ma tu non sei uno dei genitori.» Ribatté Luke. «E non hai nemmeno la responsabilità genitoriale.»

«Non posso ottenerla?» Domandò Louis. «Sono stato più un padre io per Emma in questi mesi che lui da quando è nata.» Aggiunse amareggiato.

«Non è così semplice. Purtroppo la legge qui in Inghilterra dice che puoi ottenere la responsabilità genitoriale solo se sei il vero padre, il padre adottivo oppure un secondo genitore dello stesso sesso.» Rispose Luke.

Sospirai, scuotendo la testa. Harry mi prese una mano e la strinse leggermente, forse per dimostrarmi che lui era lì.

«E Matthew è segnalato come padre sul certificato di nascita di Emma, quindi non potresti nemmeno adottarla. Bisognerebbe chiedere il suo permesso o dovrebbe rinunciare ai suoi diritti.» Risposi.

Avevo passato la notte a cercare su internet, ma non ero riuscita a risolvere nulla. Ogni volta che mi sembrava di essere arrivata a una possibile soluzione, trovavo qualche difficoltà. Era come se mi trovassi in un labirinto di specchi e continuassi a sbattere la testa, perché non trovavo la strada.

«Secondo me l'unica opzione possibile è mettersi d'accordo amichevolmente, Freya.» Disse Luke dopo un po'. «Certo, potresti trovare un lavoro, ma non penso che ne troverai uno immediatamente e Matthew potrebbe rivolgersi a un avvocato in qualsiasi momento. Potrebbe averlo già fatto.» Aggiunse.

«Luke ha ragione.» Intervenne Harper. «Devi provare a farlo ragionare. Dovete trovare un accordo senza mettere in mezzo avvocati o giudici.» Aggiunse.

«Lo so, ieri sera ci ho provato, ma...» Mi interruppi, poi guardai Harry e mi morsi le labbra per non piangere. «Matthew è un idiota.» Conclusi, invece di dire quello che pensavo davvero.

Harry non aveva bisogno di sapere che Matt stava facendo tutto quel casino perché non voleva che Emma crescesse con lui. Non sapevo cosa fare, mi sentivo in trappola e non avevo la minima idea di come uscire da quella situazione.

Una cosa era certa, però: non avevo intenzione di darla vinta a Matthew.
***
«Sono tornata per continuare a parlare di Emma.» Dissi quel pomeriggio, presentandomi a casa di Matthew senza avvisare e ripromettendomi di non andarmene finché non avessimo raggiunto un accordo.

Il ragazzo aprì la porta vestito e pettinato di tutto punto e mi guardò, perplesso.

«Non avevamo un appuntamento.» Mi disse.

«No.» Risposi. «Ma credo che sia importante parlare del futuro di tua figlia, non credi?» Aggiunsi. «In fondo vorresti ottenere l'affidamento esclusivo, quindi immagino che saresti pronto ad abbandonare tutto quello che stai facendo, senza preavviso, per occuparti di lei.» Conclusi.

Lui sembrò pensarci un secondo, poi cedette e aprì del tutto la porta per farmi entrare. Non ero sicura di come sarei riuscita a vincere un litigio con un futuro avvocato, ma sapevo una cosa: non volevo perdere mia figlia e questo mi rendeva determinata e, probabilmente, anche pericolosa.

«D'accordo.» Replicò Matthew, facendomi sedere sul divano. «Cosa vuoi?» Domandò poco dopo.

«Le cose stanno così.» Risposi. «Tu ed io non torneremo mai insieme e sei un pazzo se pensi che non farei di tutto pur di non farti ottenere l'affidamento esclusivo di Emma. Combatterei fino alla fine e nessuno dei due vuole intraprendere una lunga ed estenuante battaglia legale, giusto?»

«Onestamente non ne ho il tempo, ma se è quello che serve a proteggere mia figlia da Tomlinson e Styles...»

Scossi la testa, sbuffando.

«Ti rendi conto che Emma non sa nemmeno che sei suo padre? Sei sparito dalla sua vita per mesi e non sa più chi sei. Vede Louis tutti i giorni e le piace giocare con lui e si fida di lui.» Replicai. «E sai una cosa? Lui farebbe qualsiasi cosa per lei. È stato Louis a leggere tutti i libri e gli articoli su internet del mondo con consigli per come essere bravi genitori. È stato Louis a passare ore a guardare video di genitori su YouTube per scoprire esattamente come tenere in braccio una neonata e come rendere la casa a prova di bambino. È stato Louis a farmi compagnia durante la notte, quando Emma non riusciva a dormire per le coliche, e ad accompagnarmi al pronto soccorso quando aveva la febbre alta e non sapevamo cos'avesse. Tu dici che vuoi proteggerla da lui, ma Louis Tomlinson è il padre migliore del mondo, nonostante la bambina non sia sua.» Aggiunsi. «E sai cosa? Louis ha comprato un'enorme zona giochi con scivoli, altalene, una zona con la sabbia e tanto altro nel giardino della casa in cui viviamo e ha fatto installare una piscina dei piccoli nell'ex garage, vicino a quella per noi. L'ha fatto per quando Emma diventerà più grande, perché vuole che abbia tutto e, soprattutto, l'ha fatto di sua spontanea volontà, senza che nessuno gli abbia chiesto nulla. Louis avrebbe potuto scappare come hai fatto tu, avrebbe potuto smettere di rispondermi al telefono e continuare a uscire tutte le sere e ad essere irresponsabile come lo eravamo tutti, ma invece è cresciuto ed è stato al mio fianco per tutto questo tempo. E perché l'ha fatto? Perché è il migliore amico dell'universo.»

Matthew non parlò per qualche secondo.

«Non... non sapevo niente di tutto ciò.» Mormorò lui.

«Certo. Non sapevi niente, perché te ne sei fregato per tutto questo tempo. Tu non hai idea di quello che abbiamo passato in questo periodo, perché non c'eri, Matthew. Ora non puoi pretendere che io abbandoni completamente mia figlia come hai fatto tu, solo perché sei geloso e non vuoi che io esca con nessun altro ragazzo. Crescere una bambina non è un capriccio, non è una vendetta. Tu non hai la minima idea di cosa significhi essere padre.»

Il ragazzo rimase di nuovo in silenzio, questa volta per parecchi minuti e il mio cuore cominciò a battere più velocemente. Stava riflettendo sulle mie parole? O stava cercando il modo migliore per dirmi che aveva già contattato gli avvocati e aveva fatto qualcosa per cui avrei perso mia figlia? In fondo i miei genitori erano riusciti a corrompere un giudice per ottenere un ordine restrittivo nei confronti di Ingrid, che non aveva mai fatto nulla di pericoloso o minaccioso nei miei confronti. Chissà cos'avrebbe potuto fare lui.

«Hai ragione.» Disse dopo quelle che mi sembrarono ore. «Non so nulla di come si cresce una bambina e non dovrei volerlo fare perché voglio vendicarmi nei tuoi confronti, ma perché voglio davvero fare parte della sua vita.» Aggiunse.

«Esatto.» Concordai, sperando di aver capito bene quello che mi stava dicendo. Mi stava dando ragione?

«Ed io voglio far parte della sua vita, Freya, ma non so come. Non voglio portartela via, non veramente. Quella era solo la mia parte infantile che voleva avere la meglio su di te. Non mi piace il fatto che tu viva con Tomlinson e non mi piace nemmeno il fatto che tu vada a letto con Styles, ma mi hai fatto capire che sono cose fuori dal mio controllo e non posso farci nulla, giusto?»

«Giusto.» Risposi lentamente. «E nessuno ti vieta di passare del tempo con Emma, di venire a trovarla o di fare parte della sua vita, Matt. Non c'è bisogno di litigare su queste cose. Dobbiamo solo comportarci tutti da persone adulte e andrà tutto bene.»

«D'accordo.» Disse Matt, guardandomi negli occhi. Lo osservai per qualche istante, cercando di capire quello che stava provando. Mi sembrava sincero e volevo provare a fidarmi di lui.

«Manca solo un'ultima cosa.» Replicai. Forse stavo tirando troppo la corda, ma non potevo andarmene senza prima provarci. «Non ti sei mai scusato per quello che hai detto ieri e per come ti sei comportato.» Aggiunsi.

Non era nel mio DNA farmi pestare i piedi dagli altri. Non lo era mai stato e non avrei mai lasciato che qualcuno mi mancasse di rispetto in quel modo.

Matthew sorrise e scosse la testa. Sembrava quasi divertito dalla situazione.

«Sono stato un po' irrispettoso, vero?» Domandò.

«Irrispettoso, odioso, sessista, spregevole, stronzo... scegli pure la parola che preferisci. Puoi anche sceglierne più di una, tanto ti si addicono tutte.» Risposi.

Lui scoppiò a ridere, poi abbassò lo sguardo.

«Le donne che mi tengono testa mi fanno paura e mi attraggono nello stesso momento.» Rispose. «E forse è per questo che tra di noi non ha mai funzionato.» Aggiunse. «Mi dispiace per tutto, davvero.»

«Certo, perché io sono come gli animali selvatici: fiuto la paura.» Risposi ironicamente. «Matt, a me dispiace davvero di non essermi mai innamorata di te. Non so perché non sia successo, non penso che sia colpa di nessuno. Non siamo semplicemente fatti l'uno per l'altra.» Aggiunsi poi, tornando seria.

Lui annuì, ma non disse più nulla sull'argomento.

«Dammi un po' di tempo e cerca di fidarti di me e ti assicuro che diventerò un padre decente per la piccola Emma.»

«Ci conto.» Risposi, prima di alzarmi dal divano e andarmene da quell'appartamento.

Sembrava che la situazione con Matt fosse finalmente risolta ed io non vedevo l'ora di tornare a casa e di raccontare tutto a Louis e Harper (che aveva detto che mi avrebbe aspettata a casa e ne avrebbe approfittato per passare un po' di tempo con la sua nipotina) e poi di telefonare a Harry per dirgli com'era andato il pomeriggio.

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Buongiorno! Dopo il capitolo della settimana scorsa, in cui finalmente Harry e Freya si decidono ad ammettere che provano qualcosa l'uno per l'altra, oggi vediamo il ritorno di Matthew (potete roteare tutti gli occhi al cielo, lo sto facendo anch'io). E il nostro adorato Matthew ovviamente cerca di creare ulteriori problemi per la nostra protagonista, che però riesce a trovare una soluzione (fortunatamente).
Nel prossimo capitolo, che pubblicherò martedì prossimo, apriremo una finestrella sulla vita di Freya dopo la chiacchierata con Matt. Sarà riuscita a risolvere davvero? Oppure Matthew cercherà di fare qualche cavolata perché è geloso? E Harry? Si farà spaventare da quanto è complicata la vita di Freya oppure le starà accanto e la aiuterà? Martedì scopriremo tutto e vi avviso che sarà il penultimo capitolo. Ho quasi finito di scrivere la storia e ormai sono sicura al 100% che ci saranno 20 capitoli in tutto (21 con il prologo).
Grazie per aver letto fin qui, spero che il capitolo vi sia piaciuto e ci "leggiamo" martedì prossimo! Un bacione a tutti!


No Control || [One Direction]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora