Capitolo 5

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Il fatidico giorno è arrivato.
Alle 16 ho l'aereo per New York e io ancora non ho imballato niente. La mia camera è ancora intatta.
Dal piano di sotto si sentono le urla di mia madre che mi dicono di alzare il culo e inscatolare tutto.
Non ci credo ancora. Sto per lasciare il mio piccolo paese per andare dall'altra parte del mondo.
Se una settimana fa qualcuno mi avrebbe detto che io nel giro di 4/5 giorni sarei dovuta partire per l'America l'avrei preso a calci nel culo.
Non riesco ancora a farmi il resoconto degli ultimi giorni.
Sono ancora sotto shock.

All'ennesimo richiamo di mia madre decido di alzarmi.
Vicino alla porta trovo degli scatoloni e del nastro adesivo, così mi metto al lavoro.

Dopo aver riempito tutti gli scatoloni controllo l'orario e mi accorgo che tra 10 minuti dobbiamo partire per raggiungere l'aeroporto. Mi giro a guardare per l'ultima volta quella che è stata per così tanti anni la mia camera, ed esco. Con l'aiuto di mio padre porto gli scatoloni al piano di sotto.

Alle 14 in punto partiamo.
Infilo le cuffie e chiudo gli occhi. Cerco di non pensare a Carly che non sarà più con me a condividere tutto, tutti i pensieri, tutte le cotte, tutti i discorsi, le feste, i pigiama party, gli scherzi, le risate fino alle lacrime.
Non ce la posso fare.

Arriviamo all'aeroporto, passiamo il check in e ci imbarchiamo.

**

Dopo 10 ore finalmente arriviamo a New York e con un taxi ci dirigiamo verso la nostra nuova casa.
È una casa magnifica a due piani con il tetto spiovente.

All'interno è  grande e spaziosa con quattro camere da letto, tre bagni, una cucina spaziosa e un salotto con un divano e un televisore di ultima generazione.
Il tutto è molto essenziale, con pareti e arredamenti bianchi e qualche tocco di grigio.
Appena entriamo in casa notiamo i gemellini Sam e Mia, due bambini biondissimi con i classici occhi blu che abbiamo un po' tutti in famiglia, seduti sul divano con affianco una signora sulla quarantina. L'assistente sociale presumo.

-I signori Evans?- chiede cordialmente
-Si siamo noi- risponde mio padre.

Lascio i miei genitori a risolvere le ultime cose e decido di fare il giro della casa.
Arrivata al secondo piano noto delle scale che salgono ancora.

Strano, pensavo di essere già all'ultimo piano.

Appena arrivo in mansarda rimango incantata. C'è  un letto matrimoniale in mezzo alla stanza, un comodino, un armadio e una scrivania. Ma la cosa che mi lascia senza fiato è il lucernario proprio sopra al letto. Stando sdraiati si può osservare il cielo. È qualcosa di spettacolare.

Senza pensarci due volte ci porto le valigie e sistemo le mie cose nell'armadio e sulla scrivania.

Verso notte fonda, mi metto ad osservare il cielo e subito penso a Carly.
Mi manca, mi manca, mi manca. Non ce la faccio a stare lontana da lei. Lei è tutto per me. È una sorella maggiore, è la mia psicologa, la persona con cui puoi parlare e non ti giudica, è la mia compagna di avventure, è il mio tutto, è la mia MIGLIORE amica. Ma ora lei è 6.888,94 km lontana da me e io non so cosa fare.

***

La mattina dopo mi sveglio a causa della luce che filtra dal lucernario.
Mi ci vogliono 10 minuti buoni per capire dove mi trovo. Poi ricordo. Già... sono a New York.

Scendo in cucina e trovo l'intera famiglia a tavola per la colazione.
Li guardo con aria disgustata. Come possono ambientarsi così facilmente? Come? Io non ci sarei mai riuscita.

Torno di sopra senza aver toccato cibo e mi preparo per il primo giorno di scuola.

Non bado più di tanto all'aspetto fisico. Indosso dei jeans a vita alta con una t-shirt bianca, una felpa aperta bianca e Bordeaux e le immancabili All Star bianche. I capelli li lascio mossi al naturale. Prendo lo zaino e scendo al piano di sotto dove mia madre mi aspetta impaziente.
Per i primi giorni mi accompagna lei perché New York è praticamente enorme.

Arrivo a scuola e subito mi colpisce la marea di studenti. Sono davvero tanti!

Non è niente a che vedere con la piccola scuola che frequentavo in Italia.
Tra una spallata e l'altra, attraverso il cortile ed entro nell'edificio.

E ora da che parte si va?

Mi guardo intorno in cerca della segreteria.
Giro tra i corridoi e finalmente la trovo.
Un po' titubante mi avvicino e cerco di formulare la frase. Per fortuna so parlare abbastanza bene l'inglese sia perché mio padre è americano e di conseguenza a casa si parla sia l'italiano sia l'inglese, e anche grazie ai corsi di inglese frequentati a scuola.
-Scusi dove si trova la 3^A?-
-Secondo piano, ultima porta in fondo.- risponde una signora dai capelli biondo platino.

Salgo al piano superiore e corro verso la classe che mi aveva indicato la signora dai capelli biondi.
La porta è già chiusa. Accidenti.
La cosa che più odio è entrare in aula quando tutti sono già seduti. Ho tutti gli occhi addosso e questo non mi piace per niente.
Faccio un respiro profondo ed entro nell'aula.
-Buongiorno, prof scusi il ritardo. Sono nuova e non sapevo dove si trovava l'aula.-

-Non si preoccupi signorina Evans.-

Mi scuso ancora con la professoressa e vado a sedermi nell'unico posto vuoto.
Neanche il tempo di prendere posto che:
-Piacere Maya!- si presenta la mia nuova compagna di banco. Al primo impatto sembra una ragazza solare, ha gli occhi azzurri e i capelli biondissimi.
-Piacere Morgana!- rispondo
-Allora sei nuova?-
-Si sono arrivata proprio ieri sera-

-Evans, potresti stare attenta alla lezione?- mi riprende la prof.

-Ehm, si scusi-

Porca miseria la scuola è iniziata da meno di un giorno e già sono stata ripresa.
Iniziamo bene Morgana! Complimenti.

Dopo cinque ore la campanella suona e mi dirigo alla mensa, o meglio dire seguo gli altri alunni.
La mensa è un'ampia stanza, grande e luminosa.

Prendo il mio vassoio e mi metto in coda. Prendo un sandwich, una bottiglietta d'acqua, e una mela rossa.
Scelgo un tavolo isolato e inizio a mangiare, quando qualcuno mi si siede difronte.
Alzo lo sguardo e noto Maya che mi osserva.
-C'è qualcosa che non va?- chiedo
-Vuoi venire a sederti con me? Cosi mangiamo insieme- indicando il tavolo dove sedevano alcuni ragazzi
-No, grazie penso di restare qui!- preferisco di gran lunga stare da sola. Non sono asociale se è quello che state pensando, ma mi è difficile fare amicizie.
-Dai su vieni, non fare la timida!- mi prende per un braccio e mi trascina con lei

-Ragazzi questa è Morgana!- mi presenta al gruppo
-C..Ciao!- stavo morendo dalla vergogna.

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Hi people, scusate il ritardo nella pubblicazione, ma tra halloween e le altre feste non ho avuto tempo per scriverlo.
Questo è solo un capitolo di passaggio, quindi scusate se fa schifo ma ero a corto di idee.
Nel prossimo capitolo succederanno delle cose molto interessanti ma meglio non anticipare niente!

Love you

Cursed LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora