eleven

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11. We have to go.

La casa Jauregui era vuota, solo Lauren si trovava nel salotto seduta per terra davanti al camino di casa. Fuori faceva davvero molto freddo ma i suoi genitori avevano deciso di andare al centro commerciale con sua sorella, mentre Chris era in giro con dei suoi compagni.
Aveva deciso cosi di passare il pomeriggio all'insegna del relax e di non pensare a niente, ma improvvisamente il campanello suonò e non potè fare a meno di rinunciare ai suoi piani e alzarsi per andare ad aprire.
Si trovò davanti un uomo sulla cinquantina vestito di tutto punto, sembrava uno di quei tanti imprenditori che lavoravano con suo padre o per suo padre.
"Se sta cercando mio padre, non c'è in questo momento." Sorrise Lauren, quest'ultimo con grande gentilezza le sorrise.
"È urgente, credi che tornerà presto?"

"Credo che stiano per tornare, ormai è da un po' che sono fuori."

"Posso aspettare qui?" , chiese l'uomo e Lauren annuì. Infondo era uno dei lavoratori di suo padre, doveva essere qualcosa di molto urgente per poter arrivare a casa sua di domenica pomeriggio alle sei di sera.
L'uomo entrò, e dopo essersi tolto la giaccia, - che Lauren adagiò sull'appendiabiti - andó a sedersi sul divano del salotto, proprio davanti al camino.
"Vuole qualcosa da bere?", chiese la ragazza mostrando un sorriso, quello dei migliori che aveva. Voleva fare bella impressione sull'amico di suo padre.

"Uhm, no grazie." Rigettò l'uomo. Lauren annuì e andò a sedersi anch'essa sul divano, senza sapere quello che di lì a poco sarebbe successo.

"Tu sei...", chiese vago l'uomo. "Lauren", rispose lei.

"Oh, quindi sei la maggiore. E quanti anni hai, Lauren?", chiese marcando bene il suo nome. La ragazza lo guardò: aveva uno strano sguardo in quegli occhi grigi, qualcosa di scuro e cattivo. Lauren si maledì mentalmente, probabilmente si stava solo facendo condizionare.

"Diciannove", rispose secca e l'uomo ammiccò avvicinandosi a lei di un posto. Lauren deglutì a fatica, si era messa in un guaio più grande di lei e non c'era nessuno a portarla indietro stavolta.
La grande mano di costui si posò sulla sua spalla facendo sì che scoprisse il collo e la sua pelle lattea. Lauren chiuse gli occhi disgustata dalla sua stessa paura che le impediva di muovere qualsiasi parte del suo corpo, neanche la voce era in grado di tirar fuori. Se anche avesse urlato, nessuno avrebbe sentito le sue grida.

Quando sentì la barba pungente sulla sua spalla capì che stava per accadere ciò che non avrebbe mai voluto. La sua mano scorreva sulla sua coscia mentre le lacrime di Lauren rigavano le sue guance.
Sperava che si stancasse, che decidesse improvvisamente di andarsene e lei non lo avrebbe mai detto a nessuno. Sarebbe rimasto un segreto.

"T-Ti prego, lasciami stare", piagnucolò la ragazza con gli occhi chiusi. Un senso di vomito la colpì quando sentì quella grande mano toccare il suo centro sopra ai jeans.

"Ti hanno mai detto che sei una bella ragazza?", sussurrò ignorando le sue suppliche. Cosi si fece coraggio e in qualche modo trovò la forza di spingerlo via, corse fino al retro della casa sperando di poter fuggire dalla porta di emergenza che dava sul giardino retrostante. L'uomo però era cosi vicino che dall'agitazione Lauren gli lanciò dietro un vaso di vetro che agilmente costui scanzò. Prese una scheggia di vetro e quando raggiunse la ragazza la spinse contro una parete tenendola per il collo.

"Come hai osato?" Ringhiò a denti stretti. Strinse fra le dita la scheggia e ferì Lauren sulla spalla. Avrebbe voluto gridare a squarciagola mentre la scheggia le si conficcava nella pelle.
Il dolore che sentì fu enorme, ma niente in confronto a ciò che lui stava facendo alla sua anima. La stava marchiando sia dentro che fuori, spogliandola sotto le sue lacrime e toccandola senza che lei volesse. Stava abusando di lei mentalmente e fisicamente.
Lauren avrebbe voluto morire, sarebbe stato meno doloroso mentre quel corpo non sembrava suo.

brave; camrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora