twenty-five

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25. Interrogatorio pt.1



-"Lo ripeto per l'ultima volta, perché hai ucciso quell'uomo?", domandò Mike con aria stanca. Erano passate ore e Lauren non aveva aperto bocca; se ne stava lì, seduta su quella seggiola di plastica verde, con le braccia stese sulla superficie fredda del tavolo. Il metallo ancora avvolgeva i suoi polsi, mentre i capelli le coprivano una parte del volto. 
La stanza era triste e buia, ad illuminarla solo una lampadina a led e sulla parete, alle spalle di Mike, di fronte a Lauren, una lunga vetrata oscurata. Lauren sapeva che dall'altra parte c'era l'investigatore Dummer assieme a qualcuno dei magistrati o comunque parte integrante di quello che sarebbe stato il processo. 
Improvvisamente Mike, esasperato, sbatté il pugno sul tavolo alzandosi di scatto. La sedia indietreggiò di colpo cadendo e la ragazza sollevò il capo come richiamata da quel rumore. Non era spaventata, non aveva paura di quel gesto, semplicemente lo guardava con aria indifferente. Eppure Dummer in quegli occhi vedeva tanta rassegnazione; sentiva di volerla aiutare perché qualcosa gli diceva che lei non era l'artefice di tutto, ma non sapeva come darle una mano. 
Infastidito dai modi bruschi del collega, decise di entrare nella stanza dell'interrogatorio. Mike si voltò sorpreso. -"Troy, qualcosa non va? E' successo qualcosa?"
Dummer scosse il capo. -"No, ma se permetti, vorrei rimanere solo con la detenuta". Il compagno lo guardò scettico per qualche istante, tornò a rivolgere uno sguardo alla ragazza, e convinto che sarebbe servito a poco, decise di lasciarlo fare. 
Quando i due furono finalmente 'soli', l'investigatore si sedette di fronte a lei incrociando le dita delle mani sul tavolo. Lauren notò subito la sua postura composta e abbozzò un sorriso. 
-"Cos'è che ti fa sorridere?", domandò questo in maniera pacata. 
Lauren fu sorpresa da tanta tranquillità, ma rispose lo stesso. -"Lei deve essere una persona molto attenta e precisa. Lo si nota dal suo modo di fare, sa? Da come è seduto, dall'orologio sul polso sinistro, i gemelli d'argento. Perfino la sua pettinatura è ai limiti della perfezione". 
-"Ti ringrazio?", chiese confuso Dummer. 
-"Si figuri". 

Cadde il silenzio ancora una volta. Quelle osservazioni destabilizzarono l'uomo che si chiese come poteva quella ragazza aver commesso quei delitti, o se fosse solo una tattica per deviare le ipotesi dell'accaduto mantenendo una buona condotta con lui che era il 'capo'. Decise quindi di passare all'attacco: infilò una mano nel taschino interno della giacca e ne estrasse varie foto che lentamente depose sul tavolo, una affianco all'altra in maniera estremamente precisa. Lauren osservò ogni minimo movimento e ogni singola foto. Ebbe quasi un colpo al cuore quando riconobbe le persone in quelle foto; chiuse gli occhi facendo un respiro profondo e tornò a guardare negli occhi l'investigatore, che adesso sembrava essere piuttosto serio. 
-"Voglio che mi spieghi chi sono queste persone", affermò deciso. Gli occhi scuri di Dummer non mollarono per un secondo quelli verdi di Lauren, che per la prima volta si trovò a non riuscire a mantenere uno sguardo. 
Guardò la prima foto: il collega di suo padre. Un brivido le percorse la schiena, chiuse gli occhi e le sembrò di rivivere quella momenti terribili. Le urla, le grida di paura, le botte e poi quel colpo. Quel dannato colpo. 
Una lacrima le rigò il volto senza poterla fermare e Troy se ne accorse. -"Perché piangi?"
-"Niente", tagliò corto la nera passandosi il palmo della mano sulla guancia. -"E' un collega di mio padre, ma non so come si chiama". 
-"E' stato trovato morto a casa tua", rispose duro. 
-"E con questo? Io non so come si chiama", ribatte Lauren. 
Dummer scosse il capo e avvicinò il busto al bordo del tavolo, -"Ma sai chi lo ha ucciso". Lauren si ammutolì. La lettera. Le tornò in mente la lettera. 
-"Andiamo, diciamoci la verità. Io credo che non sia stata tu ad ucciderlo, ma credo anche che tu sappia chi è stato. Dimmi chi è stato e ti assicuro che te la caverai con due mesi di servizi sociali". 
Lauren fissò l'uomo con freddezza, scoppiando in seguito a ridere. -"Crede che sia stupida? Fuga dalla scena di un delitto, spaccio di droga, possesso di arma senza licenza, sequestro di persona, un inseguimento visto da tutta l'America, e vuole farmi credere che me la caverò con due mesi di servizi sociali?" 

-"Il fine giustifica i mezzi, Lauren Jauregui", l'investigatore fu impassibile e la risata sulle labbra della nera sparì in un secondo. Poi di nuovo il silenzio. 
Dummer decise di cambiare strada, di provarne una alternativa. -"Che mi dici del vecchio trovato morto in quella locanda? Qualcuno ha detto di averti avvistata qualche giorno prima del ritrovamento dei corpi". 
Lauren scosse il capo. -"Non sono stata io, è stato Alien". 
-"Immaginavo", ghignò l'uomo incrociando le braccia al petto e rilassandosi allo schienale. -"Come facevi a conoscere Alien?" 
-"I-Io...non lo conoscevo...", ammise -"Quando sono fuggita da casa, assieme alla pistola di mio padre, avevo in mente di scappare verso Portland ma non avevo abbastanza soldi-"
Dummer la interruppe, -"Così hai pensato che spacciare fosse un modo semplice per fare soldi?"
-"No, no...Io...mi sono ritrovata a vagare per strada senza meta e poi ho visto quel cartello, Liberty City. Mi sono sentita come chiamata a entrare e l'ho fatto. Sapevo che fosse un quartiere malfamato, ma io ho sentito il bisogno di entrare. Poi ho notato due tizi stranieri che parlavano tra loro di un pezzo grosso, di un sacco di soldi e ho pensato..." si interruppe sospirando, -"Ho pensato che ormai ero abbastanza nella merda, così ho preso la pistola e li ho minacciati costringendoli a portarmi da Alien. Io non avevo la minima idea di chi fosse, l'ho capito dopo quando sono entrata in quel locale. Era pieno di gente coi soldi, di bodyguard e di ragazze che ballavano in abiti succinti e...", Lauren non riuscì a finire la frase. Pensare che Camila facesse la stessa cosa fino a qualche settimana prima, la faceva stare male. Strinse i pugni cercando di contenere la rabbia che aveva dentro di sè.
-"Camila Cabello, la ragazza che era con te, l'hai conosciuta lì?"
La nera annuì. -"Sì, si è avvicinata a me dicendomi di sapere chi fossi e poi mi ha chiesto se potevo portarla con me. Non sapeva che ero accusata di omicidio, lei pensava che fosse uno dei miei tanti viaggi".
-"Quindi è stata lei a chiederti di fuggire?", chiese Dummer.
-"No, io ero riuscita a fare affari con Alien: il mio aiuto in cambio di una percentuale. Lei non ci credeva e poi...poi mi ha chiesto di portarla via assieme a Sofia, sua sorella."
L'investigatore scosse il capo contrariato, sbattendo le mani aperte sul tavolo.
-"Jauregui, hai strappato a una madre sua figlia!"
Lauren cercò di aprire bocca ma una rabbia le assalì la testa. Scattò in piedi sbattendo a sua volta le mani sul tavolo.
-"Io non ho strappato niente a nessuno! Quella bambina una madre non ce l'aveva, cosi come nessuno di quei bambini che vivono lì! Hanno padri drogati, madri alcolizzate o prostitute e l'unico futuro che vedono davanti a loro è l'assistenza sociale e chiedersi quale sarà la loro nuova famiglia. Quei bambini non sanno cosa voglia dire un abbraccio, quindi non venga a farmi la paternale per aver dato una speranza nel futuro di quella bambina!" Esclamò Lauren fuori di sè. Dummer rimase senza parola non aspettandosi una reazione del genere. Mike, il collega, entrò nella stanza dopo aver visto la scena, e prelevò la ragazza.
-"Credo sia il caso di tornare in cella".
La ragazza non rispose ma fece un cenno con le spalle, cosi si alzò e, ignorando l'investigatore Dummer, uscì dalla stanza seguendo il collega Mike.
Dummer, non contento, si alzò di scatto dalla sedia e una volta in corridoio gridò verso Lauren -"Domani continueremo!"
Ma oramai la nera era troppo lontana e l'unica cosa che riusciva a vedere era il dito medio alzato verso di lui.

brave; camrenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora