CAPITOLO 1: Elisa

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Giugno, fine primo anno

"La risposta sarà sempre e solo no!" Era la decima volta che affrontavamo l'argomento e io ero stanca.
"Lo sai che sei proprio una guastafeste? Cosa ti costa tentare? Ti abbiamo detto che ci proveremo anche noi!" Sentenziò Giulia con quella sua vocetta stridula che usava sempre per pregarmi di fare qualcosa.
"No, stavolta sono irremovibile. È una idea stupida, io non ci voglio andare e basta!" Stavo alzando la voce, e alzare la voce è un comportamento che non si addice a una signora in carriera, come avrebbe detto mia madre.
"Ascolta sarebbe una esperienza senza precedenti, lo sanno tutti che sei sprecata qui, dovresti buttarti e provare a fare domanda, lo sai benissimo anche tu che ti accetteranno! " lo sapevo che Francesca avrebbe giocato la carta dell'intelligenza e di quanto questa esperienza mi potesse aiutare nel mio percorso ma...io ero ugualmente scettica.
"Basta ragazze, non potete convincermi, cosa mi inscrivo a fare a una università in America quando già parlo tranquillamente inglese a casa mia? E poi esperienza, posso fare tutta l'esperienza che voglio con mio padre, senza essere spedita chissà dove dall'altra parte del globo." Questa era una valida motivazione, mia madre era italiana ma voleva a tutti i costi che io parlassi bene le lingue, così ero finita a sei anni a seguire qualsiasi corso di inglese, spagnolo, tedesco, mentre gli altri bambini giocavano al parco. Mio padre invece ero un pezzo grosso della finanza, lavorava a Londra e dopo il divorzio lo vedevo solo il mese di agosto quando gli davo una mano con il lavoro.
"Non sarebbe solo una università e lo sai bene anche tu! Dai chi vuoi prendere in giro è tutto l'anno che fantastichi su Harvard e lo sappiamo tutte e tre che hai preparato tutti i moduli per richiedere il trasferimento lì!" Giulia aveva ragione, a casa mia c'erano tre copie di domanda di ammissione e mai nessuna aveva lasciato la mia stanza. Volevo fin da piccola andare nell'università di mio padre, ma sapevo che leggevano la metà delle domande che ricevevano e di certo non andavano a pescare proprio me, una povera ragazza italiana che solo dopo il primo anno di Bocconi si stava già tirando indietro perché pensava che questa non fosse la scelta giusta per lei.
"Ti vorrei far notare che tutte le domande sono rimaste nella mia camera e il periodo per inviarle è scaduto due giorni fa!" Già, tenevo il conto dei giorni in cui era possibile inviare la mia domanda, e tutti i giorni di quel periodo uscivo di casa, mi recavo in posta, ma nel momento in cui l'operatrice mi chiedeva che cosa dovessi spedire...be me la facevo sotto e scappavo a gambe levate!
"Oh mio dio, tu sei ossessionata!" Odiavo quando Francesca aveva ragione.
"Sono solo una ragazza informata tutto qui, tutti si tengono informati...no?" Lo so, mi stavo arrampicando sugli specchi ma non ci potevo fare nulla, mi metteva sempre ansia parlare del mio futuro in assenza di mia madre, era lei che aveva sempre deciso per me, quello che voleva che facessi, facevo, è sempre funzionato così e sempre sarà.
"No! Siamo tue amiche e ti vogliamo bene, quindi ascoltaci: esci dalla bambagia di tua madre, è la tua vita e sei così brillante che avrai successo ovunque, quindi buttati!" Si certo, la facevano facile loro, avevano dei genitori magnifici che le sostenevano in tutto. Io invece ero bloccata con una madre che non voleva figli perché si era rovinata la carriera concependo me e mio fratello, e una nonna che avrebbe voluto plasmarmi quale donna di successo che sua figlia non è mai diventata.
"Lo sapete come la pensa mia madre sull'America "la terra della perdizione", e in più frequenterei l'università di mio padre? Volete che mi diseredi per caso? Basta, caso chiuso, non insistete più." E con questo mi alzai dalla panchina e mi incamminai verso la nostra prossima lezione. Harvard sarebbe rimasto un sogno ed era giusto così, non erano cose per me queste decisioni avventate e cambi di programmi.
"Be ci dispiace e credo che ci odierai a morte ma sappi che lo abbiamo fatto per il tuo bene...abbiamo rubato una delle tue domande e l'abbiamo spedita qualche mese fa. In queste settimane dovresti riceve la risposta." Credevo scherzasse, ma poi Francy fece quella sua faccia da seria e a me il cuore smise di battere.
Ero rovinata, mia madre mi avrebbe murata in camera per non farmi andare. E se mi avessero respinto? Oddio mi sarebbe crollato il mondo addosso, tutto il mio piano per il successo sarebbe andato in fumo. I piedi non si mossero più e i polmoni smisero di funzionare. Credo che le altre se ne fossero accorte perché avevano una faccia terrorizzata.
"Ehi, ci sei ancora? Dai non la prendere così male, ti aiuteremo noi con tutto!"
Non le stavo più a sentire, mi fiondai in aula e non parlai più con loro per tutta la lezione.
Credo che mi chiesero scusa una decina di volte ogni minuto che passava, e dopo due ore così, le perdonai.
"Ok basta, quello che è fatto è fatto. Ce ne preoccuperemo se ce ne sarà motivo. Non fate mai più una cosa del genere...è chiaro?" Ero ancora furiosa ma in me si stava sviluppando anche un nuovo sentimento. Finalmente stavo provando eccitazione, e dopo anni passati a fare solo ciò che gli altri mi chiedevano, era quasi una liberazione fare qualcosa solo per se stessi.
Avevo fatto la mia prima pazzia. O meglio l'avevano fatta le mie amiche, ma la sensazione di libertà c'era comunque, ed era il sentimento più vivo che io avessi mai provato.

Non Ti Lascio CadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora