CAPITOLO 23: Ryan

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"Perché cazzo ci sono io sotto interrogatorio e non quei maiali responsabili di tutto questo?" Non riuscivo più a stare seduto. Mi alzai di colpo e la sedia venne scaraventata all'indietro e battei un pugno sul tavolo di acciaio che era davanti a me. Era più di due ore che ero rinchiuso in questa specie di sala interrogatori. Ne avevo piene le palle. Per quello che ne sapevo a quest'ora Bambi poteva essere caduta in un coma irreversibile e io, invece di essere là a sussurrarle parole di incoraggiamento, ero bloccato qui.
"Si rimetta subito seduto, o lo ammanetto a quella cavolo di sedia!" Il poliziotto sembrava davvero incazzato, ma mai quanto me. Mi stavano solo facendo perdere tempo.
"Le ho già detto come sono andate le cose, vuole anche sapere quante volte è venuto dentro di lei? O quanto lei abbia dovuto soffrire prima che buttassi giù quella maledetta porta?" Tornai seduto al mio posto. La faccia del poliziotto si addolcì. Evidentemente stavo iniziando a fargli pena.
"Capisco che sei arrabbiato, ma devi capire che hai agito nel modo sbagliato. Un ragazzo che hai picchiato è in rianimazione e l'altro nel reparto intensivo. Capisci cosa hai fatto?" Certo che capivo. Avevo dato a quei due bastardi quello che si meritavano.
"Cosa avrebbe fatto lei se avesse visto sua moglie bloccata al letto con la faccia irriconoscibile e uno stronzo montato sopra di lei che si stava godendo il suo corpo inerme?" Questi poliziotti mi sembravano uno più idiota dell'altro.
"Non avrei reagito così!"
"Si certo, avrebbe solo premuto il grilletto infatti!" Mi guardò in cagnesco ma io sostenni il suo sguardo. Forse non aveva ancora capito che non avrei mai cambiato la mia idea riguardo a questa storia.
"Per il resto della notte tu starai qui." Che cazzo stava dicendo questo?
"Ma lei è coglione? Io rimango in cella perché ho picchiato due violentatori? Ma sta scherzando? Ma che cazzo ha in testa? Perché non vi interessate della mia Bambi..ehm, cioè Elisa, invece di rompere i coglioni a me!" Questo stava riportando la mia rabbia a livelli massimi.
"Le conviene mantenere la calma o passerà più di una notte qui dentro!"
"Ma la mantenga lei la calma, cazzo! Ci sono due stupratori da sbattere dietro le sbarre e voi invece ci sbattete me? Io ho fatto il vostro lavoro cazzoni, se non c'ero io a quest'ora poteva essere morta!" Le mie parole uscirono velenose, chiare e dirette. Questi coglioni non immaginavano neanche quanto potesse essere difficile piegarmi alle autorità!
"La dichiaro in arresto per oltraggio a pubblico ufficiale." Si avvicinò per mettermi le manette. Doveva essere un incubo.
"Non si avvicini con quelle cose! Io non starò qui dentro! Mi stanno aspettando in ospedale! Le ho promesso che ci sarei stato! Non potete trattenermi contro la mia volontà! Ho fatto solo quello che dovevo fare!" Mi allontanai e imboccai la porta per uscire da lì. Dovevo andarmene da qui. Peccato che oltre la porta mi aspettavano due poliziotti. Cercai di sorpassarli, ma l'unico modo era tirando un pugno a uno dei due. L'idea mi allettava eccome, ma se già adesso non potevo mantenere la promessa fatta a Bambi, immaginai che un pugno avrebbe solo peggiorato le cose. Mi braccarono e quello dell'interrogatorio mi mise le manette. Venni scortato in una specie di mini cella dove trovai Liam.
"Ehi amico, cos'è ti mancavano i sabati sera in prigione?" Liam mi guardò storto.
"Quello che mi mancava era chiamare mio padre nel cuore della notte da una centrale di polizia!" Il padre di Liam era un famoso avvocato, nonché nostro salvatore durante i nostri anni più bui.
"Che ti ha detto?"
"Che verrà domami mattina alle sei, e che fino ad allora dobbiamo goderci la vacanza!" Scoppiammo a ridere. Era la tipica frase che ci propinava ogni volta che lo chiamavamo dalla galera. Erano quattro anni che ci tenevamo fuori dai guai. Gli sarà venuto un colpo a sentire suo figlio di nuovo in questa circostanza!
"Quindi passeremo le prossime quattro ore della nottata qui dentro. Almeno è pulito!" Anche se cercava di sdrammatizzare la mia situazione emotiva non cambiava. Non dovevo essere qui.
"Dovrei essere da lei adesso. Non soltanto l'ho buttata tra le braccia di quei maiali ma mi sono beccato pure la reclusione mentre lei sarà sola, impaurita, circondata da dottori. Magari le chiederanno di raccontare quello che le è successo. Oddio, sarà scoppiata in lacrime. È tutta colpa mia!" Mi presi la testa tra le mani e appoggiai i gomiti alle ginocchia.
"Ehi se vai in queste condizioni da lei, forse è meglio che tu stia qua in cella!"
"Ma che cazzo dici?"
"Ascoltami, lei si starà colpevolizzando già abbastanza per entrambi. Tu non puoi andare lì a riversarle addosso anche tutto il tuo dolore. Ne è già piena lei. Ne è piena per tutti è quattro. Vale si sente responsabile per non avermi fatto intervenire subito. Io mi sento responsabile perché, cazzo, era sotto la mia vigilanza e io sono riuscito a perdermela dopo una sola ora. Tu ti senti responsabile perché avete litigato furiosamente e per quello che le hai detto. Magari la colpa è di tutti e magari non lo è di nessuno. Sta di fatto che non possiamo mostrarci vittime davanti a lei. Ha bisogno di una roccia Ryan." Wow, questo era il motivo per cui era il mio migliore amico.
"Non credo di essere quella roccia di cui ha bisogno. È successo ancora. Tutto quello che tocco lo distruggo. Lei era così fragile, aveva così tanta fiducia in me e io, ancora una volta, mi sono mostrato per quello che sono, un cinico bastardo." Dio, mi sentivo un verme. Come potevo garantirle un porto sicuro quando, ogni volta che la guardavo negli occhi, il senso di colpa era l'unico sentimento che provavo?
"Non è tua madre. Lei è ancora qui. Sei arrivato in tempo Ryan. La paura non ti ha bloccato. Dio, gli hai pestati a sangue quei due ed è stato formidabile! Non permettere a quei fantasmi di tornare. Non te lo puoi permettere. Se non vuoi farlo per te, almeno fallo per lei. Non credi che se lo meriti?" La mia Bambi si meritava molto più di questo. Ma se era l'unica cosa che potevo offrirle per farla stare meglio allora era bene che ci tentassi.
"Hai ragione. Dobbiamo pensare a lei adesso."
"Mi dispiace amico. Avrei dovuto prestarle più attenzione, non avrei dovuto ascoltare Vale. Perdonami."
"Non è colpa tua. Hai fatto tutto quel sentito discorso e adesso ti incolpi? Che coerenza!" E gli assestai un pugno in pieno petto. Scoppiammo a ridere. La tensione stava abbandonando le mie spalle. Il senso di colpa invece rimase, ma quello non credevo che se ne andasse tanto in fretta.
"Bene. Come passiamo le prossime ore?"
"Non hai un mazzo di carte?" Scherzai.
"Io no, ma..ehi scusi! Ce lo da almeno un mazzo di carte per ammazzare il tempo?" Il poliziotto lo guardò in cagnesco e noi tornammo a ridere. Mi rammentai di lamentarmi del servizio una volta uscito di qui.
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Non Ti Lascio CadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora