CAPITOLO 29: Elisa

35 1 0
                                    

La prova dallo psicologo fu una tragedia. No, fu peggio, molto peggio.
Riuscimmo a strappare un appuntamento nella mattinata, quindi con mia grande felicità non sarei dovuta tornare ad affrontare i banchi universitari dopo la bella figura di ieri. Ryan aveva insistito per accompagnarmi e io non mi ero opposta. Mi lasciò alle nove davanti all'entrata. Dopo quindici minuti stavo già uscendo dallo stabile e volando in macchina. Quindici minuti di agonia di cui cinque solo per trovare la stanza di quell'inetto. Appena mi sono accomodata sulla poltrona mi aveva chiesto cosa mi fosse successo, come stavo superando la mia 'terribile disavventura'. Mi era montata una tale rabbia che non gli avevo neanche risposto, avevo inforcato l'uscita e me ne ero andata non curandomi che mi stava urlando contro perché quello non era un comportamento adatto.
Credetti che la mia faccia fosse molto espressiva perché Ryan non mi chiese nulla per tutto il viaggio di ritorno, e così io rimasi rigidamente seduta con le braccia incrociate e lo sguardo duro che scrutava al di là del parabrezza chiedendomi perché cavolo mi ero fatta convincere.
Oh, già, gli occhi supplichevoli di Ryan erano criptonite per me!
Arrivati al campus scesi come una furia dalla macchina. Dovevo sfogarmi, dovevo prendere a pugni qualcosa. Avrei dovuto prendere a pugni lo psicologo, così si che sarebbe servito a qualcosa!
"Bambi aspettami!" Non mi curai di lui.
"Bambi rallenta!" Aumentai il passo.
"Bambi mi dici che cavolo è successo li dentro?" Mi misi a correre.
"Bambi parlami!" Calde lacrime stavano invadendo i miei occhi. Scossi il capo per trattenerle e corsi ancora più forte. Una volta arrivata nel mio edifico salii due per volta gli scalini e in un batter d'occhio ero davanti camera mia. La voce di Ryan era un flebile sottofondo lontano.
Aprii la porta e tutto in quella stanza mi sembrava sbagliato. Fuori posto.
Le lenzuola non dovevano essere così. L'armadio non doveva essere lì. La lampada, perché diavolo l'avevo scelta lilla? Oddio per non parlare degli striscioni al muro, ma che avevo in testa. Le foto sulla scrivania mi sembravano immagini lontane e sbiadite. Gli era bastata una cazzo di domanda per gettarmi in uno stato di trance. Non pensavo più. Non ragionavo più. Ero solo accecata dalla rabbia. Rabbia che non vedeva l'ora di liberarsi in tutto il suo potere. Non aspettai oltre, l'assecondai a gran voce.
Tolsi le lenzuola dal mio letto. Le forbice poggiate sulla mia scrivania non erano mai state così allettanti. Le presi e tagliai in pezzetti le lenzuola, poi presi il cuscino e lo scaraventai addosso al muro di fronte a me finché la stanza non fu invasa da milioni di piume. Ma non bastava. Mi accanii sul letto di Vale e ripetei gli stessi movimenti. Stavo impiegando tutte le mie forze per uccidere quel cuscino facendomi investire dal suo morbido contenuto quando due forti braccia mi cinsero la vita. Cazzo! Io non avevo finito!
"Lasciami andare brutto stronzo!" Non sentivo più il pavimento sotto i piedi, iniziai a dimenare gambe e braccia come una pazza.
"Bambi, ehi Bambi, ti devi dare una calmata. Che diavolo è successo?" La voce di Ryan trovò una breccia in tutta la mia rabbia e piano piano smisi di comportarmi da pazza.
"Dammi ciò che resta di quel cuscino, per favore, oramai è morto." La sua mano entrò nel mio campo visivo. Ero appoggiata al suo petto che si alzava e abbassava a un ritmo regolare. Voleva dire che non era arrabbiato per questo casino.
"Non penserai di farmi la predica vero?" Gli porsi il cuscino.
"Perché non dovrei? Hai visto in che condizioni é questa camera?"
"Lo sai che tu hai fatto lo stesso qualche giorno fa? Volevo vedere se fosse davvero così rilassante come lo fai passare tu." In un nano secondo i suoi occhi si fusero con i miei.
"E quindi?"
"Sinceramente? Non lo so." Abbassai lo sguardo. I suoi occhi inquisitori non mi piacevano.
"Ehi hai ragione, io faccio la stessa cosa. Ho spaccato tutto quando mi ero arrabbiato con te. A te chi ti ha fatto arrabbiare?" Le sue dita si posarono sotto il mio mento e i nostri occhi si ritrovarono.
"Lo psicologo. Mi ha chiesto di quella sera. Sono impazzita. Mi è tornato tutto in mente, milioni di immagine vomitate dentro il mio cervello. Non ci sono riuscita. Non sono così forte come pensavi. Questa prova è stata un disastro!" Sentivo le lacrime farsi spazio. Ero così stanca di piangere.
"No, è stata una mia idea. Sei stata fortissima oggi. Hai accettato di andare e si, forse questa reazione è esagerata ma..ehi..chi non lo è?" Un sorriso solcò le sue labbra.
"Scusa. Mi dava fastidio tutto e quindi..be..hai visto no?"
"Già, ma posso dirti una cosa? Non dovresti prendere spunto da me. Devo seguire un corso di gestione della rabbia, solo questo dovrebbe essere un campanello dall'allarme!" Stavolta il sorriso comparve a me. Dio, com'era buono!
"Vale mi ucciderà!"
"Tu credi? Che cavolo è successo qui dentro? Cosa è successo al mio letto?" Oddio. Una compagna di branda incazzata sulla porta. Non riuscii a trattenere le lacrime questa volta.
"Mi dispiace. Sono una stupida. Non volevo!" Iniziai a piagnucolare tra un singhiozzo e l'altro.
"Non ci piacevano più le lenzuola. Non ti va di andare a prenderne di nuove? Ti accompagna Liam così si diverte un po..che ne dici? Così noi sistemiamo." Ryan le scoccò uno sguardo di rimprovero.
"Sai, hai ragione, ci vediamo dopo. Eh, Eli? Mi piacciono queste piume. Scusa se mi sono arrabbiata."
"Ho distrutto il tuo letto. Diciamo che la tua reazione è più che giusta!"
"Probabile. Quando torno deve essere tutto a posto. Così poi mi dai una mano a rifare i letti. Ok?" Il suo sorriso era così genuino. Non c'era più alcuna ombra di odio nei miei confronti.
"Certamente." Le rivolsi un sorriso e poi sparì dalla mia vista.
Rimanemmo io, Ryan e una vagonata di piume.
"Allora, iniziamo?" Mi tolse una piuma dai capelli e poi me la soffiò sul naso.
"Sono pronta." Asciugai le lacrime e mi preparai a queste lunghe ore di pulizia.
*********************

Ci mettemmo meno di quanto pensassi. Riempimmo due sacchi, non pensavo che due cuscini potessero contenere così tante piumette bianche.
"E con questa abbiamo finito." Gliene tolsi una dai suoi capelli arruffati e la riposi insieme alla altre.
"Sembra neve. Non mi è mai piaciuta la neve." Una strana luce passò nei suoi occhi.
"La neve è la cosa più bella che il cielo possa offrirci. Io sono nata in un giorno di neve, forse è per questo che la amo così tanto."
"Bene, dopo la musica viene la neve. Hai un sacco di tatuaggi cara mia!"
"Almeno i miei non si vedono! Tu ne sei pieno e non mi hai ancora spiegato il significato. Me lo ricordo cosa mi hai promesso in ospedale, sai?"
"Colpito e affondato. Va bene, va bene, scegline uno." Non capii subito il senso delle sue parole, sinceramente era meglio se non le avessi mai capite. Mentre la mia testa si arrovellava il suo maglione finiva sul pavimento. A pochi centimetri da me c'era quel petto scolpito che ormai agognavo solo nei miei più reconditi sogni. La mia mente vagò verso i pensieri più impuri come era solito fare. Dio, come odiavo la mia situazione!
"Allora? Non è il tempo ideale per stare qui così, lo sai?" Mi riscosse dal mio mondo di perdizione.
Ok Eli concentrati, è solo a torso nudo, scegline uno e basta. Li scorsi uno a uno.
Ok Eli, mani a posto e scegli. Non rispettai questo pensiero. Le mia mani cercarono il contatto con il suo petto. Era la prima volta dall'incidente che cercavo così disperatamente il contatto con lui. Con le dite sfiorai il contorno della fenice. Solcava i suoi pettorali in un modo estremamente elegante. Assaporai ogni curva per tutta la sua lunghezza. A ogni movimento delle mie dita il suo respiro si faceva più ritmato, quasi affannato e io venivo percorsa da piccole scariche elettriche. Volevo di più. Dovevo avere di più, ma ovviamente il mio corpo mi faceva godere di lui solo in pillole. Per ora dovevo accontentarmi di questo soffio di contatto tra di noi.
"La fenice. Voglio sapere della fenice." La sua mano ingabbiò la mia e se la portò alle labbra.
"Dopo l'accademia militare volevo un simbolo della mia lotta, qualcosa che ricordasse a me stesso dove ero arrivato e cosa mi ero gettato alle spalle. Simboleggia il mio nuovo inizio, qui a Harvard."
"La fenice che risorge dalle sue ceneri. È molto bello sai?"
"Già. Ma principalmente era una scusa per farmi toccare in modo sexy dalle ragazze castane e con gli occhi verde speranza." Oddio. Oddio. Oddio. Sciolta come burro fuso ero lì, piantata in asso davanti a lui con una faccia da ebete. Due secondi prima pensavo al suo corpo e alle posizioni in cui lo avrei potuto mettere e adesso, davanti a tanta dolcezza, mi impietrivo come una imbecille.
Zero parole, gola secca, corpo impietrito e mente a farsi friggere.
"Però i capelli castani con qualche striatura di bianco, sono molto meglio."
"Che?" Non feci neanche in tempo a reagire che mi ritrovai un sacchetto di piume in testa. Sapevo bene perché l'avesse fatto. Si era reso conto dell'ansia che le sue parole mi avevano suscitato e ha rimediato nel migliore dei modi. Ormai mi leggeva nel pensiero, prevedeva addirittura le mie reazioni e se la previsione era sbagliata, aveva sempre un modo divertente per riparare al danno.
"Ah, la metti così?" Presi una manciata di piume e gliele soffiai in pieno viso.
Da lì a poco la camera venne invasa da manciate di soffice biancore. Fu così che ci trovò Vale.
"Dovevate mettere a posto, non giocare!" Io e Ryan ci scambiammo uno sguardo di intesa. In un nano secondo anche lei prese parte a questa insensata guerra seguita a ruota da Liam. Sembravamo dei pazzi, non avevo mai riso così tanto in vita mia, ero felice, sciocca e senza pensieri. Decisi che questa sensazione era la mia preferita.
Un'ora più tardi  riuscimmo a mettere a posto tutto e a rifare i letti. Con mio grande disappunto le piume vennero buttate e tutti tornammo alla normalità.
"Vieni Bambi, ti porto in un posto, anzi se ce la facciamo addirittura in due." Mi prese per mano e mi trascinò in camera sua. Mi fece indossare una sua tuta e mi prese un cambio.
Due minuti dopo ero pronta, spaparanzata sul sedile del passeggero della sua macchina e con la consapevolezza di non sapere dove diavolo stessimo andando.

Non Ti Lascio CadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora