CAPITOLO 24: Elisa

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Pietrificata era il termine giusto con cui descrivermi. Vederla lì sulla soglia della porta era l'ultimo dei miei problemi. Avevo intimato gli infermieri di non chiamare mia madre. O almeno nella mia testa pensavo di averli minacciati per bene. Evidentemente non era così.
"Io sono la madre, e questo mi permette di sbatterti fuori." Il veleno che uscì dalla sua bocca mi riportò momentaneamente alla realtà. Stava passando un foglio a Ryan. La luce abbandonò i suoi occhi. Stava succedendo qualcosa di sbagliato.
"Ryan cosa c'è scritto?" Il suo sguardo fece a pugni con il mio. Era invaso da una nuova luce. Rabbia. Rabbia sovrumana nei confronti della donna che mi aveva messo al mondo.
"Lei pensa davvero che uno stupido pezzo di carta possa tenermi lontano da sua figlia?" L'odio traspariva anche dalla sue parole.
"Certo che no. So bene che genere di persone siete!" In che senso siete?
"Ha richiesto un ordinanza restrittiva nei confronti di tutti?" Ordinanza restrittiva? Che cavolo stava dicendo Ryan?
"Ovviamente. L'ho richiesta nei confronti di tutte le persone che sono in camera con lei. Pensavi che non avrei mai scoperto con chi dormi?" Rivolse i suoi occhi gelidi su di me, e io mi pietrificai nuovamente. Esercitava un tale controllo su di me quasi da farmi male. Mi toglieva l'ossigeno dai polmoni, mi teneva in trappola con un solo sguardo. Odiavo tutto questo.
"Anna Elisa pensi davvero che io sia così ingenua? Allora figliola, quante volte ti sei fatta sbattere da questo cavernicolo?" La situazione degenerò. Ryan avanzò verso di lei e si frappose tra il mio letto e la figura di mia madre.
"Sarà anche sua madre ma non le permetto di parlarle così! Non sa neanche che cazzo è successo a sua figlia! È su un letto di ospedale e l'unica cosa che le interessa è quante volte me la sono portata a letto. Sa una cosa? Si, sua figlia è stata scopata, ma non da me. L'hanno scopata due maiali perché sua madre non le ha mai spiegato che il mondo esterno è perfido nei confronti delle brave ragazze!" Lo schiaffo risuonò come un tuono in tutta la stanza. Mia madre aveva appena tirato uno schiaffo a Ryan. Mia madre aveva appena tirato uno schiaffo al ragazzo di cui mi ero innamorata. Mia madre aveva appena tirato uno schiaffo al mio cavaliere dall'armatura scintillante. Non mi accorsi neanche di scendere dal letto. Non mi curai della flebo a del mio corpo che urlava pietà. Mi scagliai su mia madre e le assestai un schiaffo.
"Questo è per aver alzato le mani su Ryan." Poi presi l'ordinanza restrittiva.
"Questo è per la tua stronzata di tenermi lontano le persone che tengono a me." Stracciai il foglio.
"Lo sapevo che questa scuola ti avrebbe cambiato. Guardati, sei diventata una prostituta. La dai ai primi che capitano e ti sorprendi anche della violenza che hanno usato su di te. Adesso te ne stai qui a difendere questo qui solo perché pensi ti abbia salvato e invece sappiamo entrambe che è solo colpa sua. È lui che ti ha ridotta così. Guarda in faccia alla realtà. Non vedi, anche lui lo sa." Con un cenno del capo indicò il mio eroe. Aveva la testa china, le spalle curve, l'atteggiamento di uno sconfitto. Mia madre lo aveva colpito nel punto giusto. Pensava fosse colpa sua, pensava fosse colpa delle parole che mi aveva detto, ma non era così. Mi aveva detto che non mi avrebbe salvato e invece è arrivato. Non potevo permettere a mia madre di insinuarsi nella sua testa. Non potevo permetterle di distruggerlo.
Gli presi la mano, i suoi occhi si scontrarono con i miei, gli abbozzai un sorriso e mi sembrava quasi di vedere il suo cuore alleggerirsi.
"Hai ragione mamma. Sono una puttana. Mi sono lasciata violentare contro la mia volontà solo per far arrabbiare Ryan perché avevamo litigato.." La sua mano strinse più forte la mia, ma continuai.
"Sono stata un'idiota e ne sono consapevole. Dio, sono in un letto di ospedale e credo che questa faccia mi ricorderà per un po' quanto io sia stupida. Non ho bisogno del tuo odio in questo momento, ma della tua compassione, ma se non sei in grado di darmela allora te ne puoi anche andare." Ero stata davvero io a parlare? Avevo tenuto testa a mia madre dopo vent'anni passati ad accontentarla? Era opera dei farmaci, non c'erano dubbi.
"Forse non hai capito, io non sono qui per fare un piacere a te, ma a me stessa. Ti porto via da qui. Così puoi dare un taglio a tutte queste stupidate di tenermi testa o di fare la tosta davanti a lui. Lo sappiamo entrambe come sei in realtà." Avevo già in mente cosa risponderle, ormai ero un treno in corsa. Ma Ryan mi strattonò, mi portò dietro di se e rispose al posto mio. Questo sua indole possessiva nei miei confronti era estremamente eccitante.
Ti stai eccitando mentre sei attaccata a un flebo, tua madre e il tuo..qualsiasi cosa sia..si stanno uccidendo con lo sguardo e poche ore fa sei stata vittima di uno stupro? Oh si, era proprio così. E considerando che l'unica parte del corpo che riuscivo a farmi toccare erano le mani la cosa mi gettava nello sconforto più totale.
"Signora forse non ha capito cosa le ha detto Elisa. Se ne deve andare, qui la sua presenza non è gradita. Lei non è in grado di darle l'assistenza di cui ha bisogno, quindi, lasci questa camera e non torni. Sua figlia non verrà via con lei." Ogni muscolo del suo corpo era teso, lo percepivo anche se non riuscivo a vedergli il volto.
"Perché tu saresti in grado di prenderti cura di lei? Si è visto come sei stato bravo fino ad adesso. Nel tuo piano era già compreso lo stupro e la permanenza in ospedale?" Mia madre sapeva proprio colpire nei punti giusti, iniziai a credere che avesse fatto un corso 'come ledere l'autostima altrui'.
"Mamma non è stata colpa sua. Se non fosse stato per lui a quest'ora, forse, neanche mi saresti potuta venire a trovare in questa stanza di ospedale!" Le mie parole lo irrigidirono ancora di più. Sapevo benissimo che era un senso di colpa unico, ma lo ero anche io quindi, non sapevo proprio cosa fare.
"Hai deciso che è questa la parte con cui vuoi schierarti? Smettila di fare la ribelle e torna con me. Sai bene qual è il tuo posto!"
"Infatti è qui, con noi." Mio padre fece capolino nella stanza. Quando diavolo era arrivato lui?
"Papà? Ciao..io.." Venne verso di me per abbracciarmi e io feci due passi indietro. Non riuscivo a farmi toccare neanche da mio padre, il mio senso di colpa crebbe a dismisura.
"Ciao ballerina, non preoccuparti, adesso ci pensa il papà."
"Oh, ci mancavi solo te! Pensi di fermarmi?" Mia madre provava odio per tutte le persone della terra.
"No mamma, ma non potrai combatterci tutti." Paul entrò in camera seguito da tutta la ciurma, c'era Vale, Matias, Baby, Roby, Liam e Mike, c'era persino Mike! La mia famiglia al completo era qui per me. Dio se adoravo questi ragazzi, la mia testa avrebbe voluto abbracciarli uno per uno, tuttavia il mio corpo aveva ben altre idee.
"Noi siamo la sua famiglia, signora. E ora che se l'è ficcato bene in quella sua testa stracolma di veleno, può anche andarsene!" Ryan non aveva smesso di stringere la mia mano neanche per un secondo. Ringraziai per questo contatto, se no sarei crollata al suolo. Stavo tenendo testa a mia madre, per una volta non avrebbe vinto lei, e io mi sentivo terrorizzata e esaltata allo stesso tempo.
"Bene. Vedo che avete chiamato i rinforzi. Sai che ti dico? Fai come vuoi, stai pure con loro, ma quando ogni cosa in quel campus ti ricorderà la tua stupidità non venire a piangere da me. Io non ci sarò più." Il panico montò in me. Odiavo mia madre, era sempre stata tutto tranne una madre ma c'era sempre stata per me. Ora, chi mi avrebbe indicato la via? Ero davvero pronta a portare fino in fondo questa storia della ribelle?
"Tranquilla mamma, si abituerà anche lei a non averti più intorno!" Sul viso di Paul si disegnò un sorrisetto trionfante. Mi guardai in giro. Tutti erano lì per difendermi, per sostenermi. Mia madre invece non aveva fatto altro che sputare veleno. In quel momento capii che ne valeva la pena.
"Addio, mamma." Mi lanciò un ultima occhiata di fuoco e poi sparì. Sparì dal mio campo visivo. Sparì dalla mia stanza. E forse sparì dalla mia vita. Per la prima volta la leggerezza invase ogni mio poro. Non era una brutta situazione.
Scacciata la strega cattiva, mi rimisero a letto e passarono un po' di tempo con me. Ryan non mi mollò mai e spiegò del mio problema con il contatto fisico con altre persone, il loro viso si rabbuiò, ma credo che già sapessero che non poteva essere così semplice. Peccato che io avrei voluto un po' di semplicità dopo ieri sera. Poco dopo arrivarono i dottori, mi ricontrollarono tutti i valori e mi riempirono delle stesse pastiglie che mi avevano dato ieri. Sinceramente non mi era chiaro cosa fossero, ma non ero nella posizione per oppormi.
Rimasi in ospedale tre giorni. Ogni notte Ryan rimaneva a dormire con me, seduto sulla sedia di plastica, con la mano intrecciata alla mia e nient'altro. Adoravo il fatto che rimanesse con me nonostante gli facesse così male. Lui credeva di nasconderlo, ma io vedevo la stessa luce che sapevo esserci nei miei occhi. Un misto di terrore, perdita, sofferenza, tristezza, senso di colpa, rabbia e molto altro. Faceva il duro per me, ma era quando chiudeva gli occhi che i mostri andavano a perseguitarlo. Era in quei momenti che io mi preoccupavo per lui. Ma poi lui apriva un occhio assonnato, mi beccava a fissarlo, mi rivolgeva un sorriso addormentato e mi intimava di riposarmi. Dirgli di no mi era impossibile, anche in una situazione diversa da questa.
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Mercoledì uscii dall'ospedale. Mi vennero a prendere tutti, con la scusa che 'più siamo meglio stiamo', e mi riaccompagnarono al dormitorio. Tutto mi sembrava lontano anni luce. Tutto mi dava il voltastomaco. Ogni cosa mi sembrava la stessa di quella sera, ogni stanza era uguale a quella stanza, ogni faccia veniva confusa con la loro faccia. Ora, qui, in mezzo a questi edifici, a queste persone, a queste stanze iniziai a rimpiangere di non essere scappata il più lontano possibile.

Non Ti Lascio CadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora