Capitolo tre - The Devil in me
"Ho l'inferno nel cuore e
ho paura di farlo esplodere"
- Heaven6661
Arrivo a casa più spaventata che mai e con il fiatone per aver corso per tutto il tempo, porto una mano sul cuore tentando di far cessare i battiti, sento le lacrime agli occhi, nemmeno io so il perchè, percorro il breve corridoio che separa la mia camera dal salotto e quando vi entro mi lascio cadere sul letto, mi rannicchio in posizione fetale e porto un braccio a stringermi il ventre, piego di poco le gambe e socchiudo gli occhi. Rimango in questa posizione che, da sempre, è in grado di calmarmi almeno un po', per la prima volta dopo tanto tempo sento di nuovo la paura.
Quella paura che ti attanaglia il cuore, quello che ti toglie il respiro, quello che ti farebbe piangere per sempre, erano anni che non lo provavo più.
L'ultima volta che lo provai ero all'ospedale psichiatrico...mi viene la pelle d'oca a ripensare a quello che subivo là dentro...*flash-back*
"Avanti Angel, sdraiati"
"Non mi tocchi! Stia lontano da me!"
"Signorina prepari la prima dose"
"No! No! Lasciatemi stare!"*fine flash-back*
Scaccio questo ricordo dalla testa e mi stringo ancora di più in me stessa, improvvisamente sento freddo e il respiro mi si mozza, mi sono appena accorta di essere nel buio più totale.
Inizio a tremare, ho paura, ho paura delle ombre che mi circondano, ho paura di me stessa...
Andrà bene. Angel.
No, non andrà bene, non andrà mai bene.
Respira, cazzo, respira.
Cercando di mantenere la calma cerco il cellulare, una volta trovato compongo in fretta il numero di Alex, sperando che non stia già dormendo.
Ti prego, rispondi.
Uno squillo...
Due squilli...
"Pronto?..."
"Alex! Alex ti prego vieni qui! Aiutami!"
"Angel? Angel, che succede? Piccola, calmati, dimmi che sta succedendo", subito la voce della mia amica abbandona il tono stanco e sbiascicato facendosi sicura e preoccupata.
"H-ho paura...A-Alex...i-io n-n-non...", non riesco a parlare colta all'improvviso dai brividi di paura mentre continuo a guardarmi intorno, nel buio.
"Non muoverti! Sto arrivando!"
Stacca la chiamata e io inizio a piangere.
Piango dopo anni che non mi succedeva più, piango senza essere sotto effetto dell'alcol, piango per paura, per rabbia, e un'immagine ben definita si staglia nella mia testa, occhi azzurri, mi guardano come una tigre guarda la sua preda, mi guardano cercando di bruciarmi l'anima.
Dopo pochi minuti la luce del salotto si accende e la porta di casa si chiude.
"Angel! Dove sei?", la figura di Alex si presenta sulla soglia della mia camera, come mi vede in questo stato si precipita sul letto e mi abbraccia, per una volta accetto questo contatto e mi lascio stringere iniziando a piangere sulla spalla della mia amica.
"Che è successo? Angel, parlami", nego con la testa continuando a piangere, "Ti hanno fatto qualcosa? C'entra il ragazzo del pub?", annuisco poco e continuo a sfogarmi mentre Alex non fa altro che provare a tranquillizzarmi.
Perchè proprio ora? Perchè dal momento in cui vidi quel ragazzo non faccio altro che sentirmi strana?
Perchè sono rimasta così affascinata da quegli occhi azzurri?Al mio risveglio mi ritrovo sul letto da sola, coperta dal lenzuolo blu notte e con alcune ciocche di capelli attaccati alle guancie, sento gli occhi gonfi a causa delle lacrime della notte appena passata, mi volto verso il comodino e vedo un bigliettino che leggo subito.
" Ciao tesoro, ho chiamato Johnathan,
gli ho detto che ti senti poco bene e stasera non verrai a lavoro,
riprenditi presto piccola, e per qualsiasi cosa chiama"
XoXo AlexHa capito subito tutto quella ragazza, almeno potrò stare un giorno lontano da quel posto e non correrò il rischio di incrociare lo sguardo di quel ragazzo, mi alzo dal letto e prendo una semplice felpa grigia oversize con il cappuccio, mi cambio visto che indosso ancora i vestiti di ieri sera, mi lego i capelli in una coda scomposta e tolgo il trucco in eccesso con una salvietta, vado in cucina notando che è davvero molto presto e decido di fare una buona colazione, cercando di dimenticarmi di quello che è successo, preparo il mio solito tè caldo alla menta e mi preparo delle fette di pane tostato, che mangio assieme a del burro d'arachidi. Accendo la televisione, giusto per non stare troppo immersa nel silenzio, con il rischio che i miei demoni interiori si facciano sentire di più, lascio il televisore sintonizzato su un canale a caso, dove stanno trasmettendo un film di scarsa qualità.
Finisco di gustarmi il tè e mi ricordo di dover andare a fare la spesa, se non voglio arrivare ad essere a corto di ogni cosa, abbandono la tazza dentro il lavandino della cucina e torno in camera dopo aver spento la tv, non ho voglia di vestirmi in modo particolare, metto un semplice pantalone nero di una tuta, una maglia grigio chiaro a maniche lunghe e una felpa, anch'essa nera, indosso le mie All Star grigie e mi guardo allo specchio posizionato nella mia camera.
Il ritratto della felicità.
Il mio sarcasmo non avrà mai fine, nemmeno con me stessa.
Recupero le chiavi della macchina ed esco di casa, è una giornata nuvolosa, il venticello di novembre inizia a farsi sentire, salgo in macchina e inizio a guidare fino al supermercato più vicino, mentre alla radio passa 'One' dei Metallica, canticchio la canzone fin quando non arrivo a destinazione.
Non sono molte le cose che devo prendere, della carne, della pasta, un paio di scatole di biscotti e qualche altro alimento, mi sposto nel reparto riseravo ai prodotti della casa e prendo il necessario, per ultimo mi dirigo al reparto di alcolici, ne recupero alcune birre, e tentenno sui liquori, prendendo alla fine una bottiglia di Jack Daniel's, una bottiglia di whisky e una di vodka.
Dovrei smettere per davvero.
Pago il tutto alla cassa sotto lo sguardo sconcertato della cassiera di mezza età alla vista delle bottiglie, la liquido con un "Darò una festa tra qualche giorno", e me ne torno in macchina e poi a casa, mentre sono a metà strada inizia a piovere.
Parcheggio la macchina, per fortuna non troppo lontano dal portone d'ingresso del palazzo, e mi avvio con le buste, arrivata al portone inizio a cercare le chiavi per entrare, ma non le trovo.
Dove cazzo sono?
Devo decidermi a prendere una borsa più piccola...dopo altri tentativi finalmente le trovo, apro il portone ed entro riuscendo a non inzupparmi del tutto di pioggia, salgo le scale fino all'ultimo piano ed entro in casa. Sistemo in fretta le borse della spesa riordinando tutto e poi decido di sdraiarmi sul divano con la compagnia del mio libro.***
Quando distolgo gli occhi dalle pagine del libro ormai fuori è già buio, posso notare il cielo scuro attraverso le tende davanti alla finestra del salotto, poggio il libro sul tavolino davanti al divano e decido di affacciarmi alla finestra, nulla di nuovo colpisce la mia attenzione così decido di andare in bagno per farmi una doccia calda, mi spoglio e mi volto di schiena verso lo specchio, osservando il tatuaggio che mi ricopre gran parte della schiena, sono due ali, quella sinistra di un angelo e quella destra di un demone, feci questo tatuaggio per ricordarmi di tutti i demoni che mi appartengono, per ricordarmi di tutta la sofferenza che c'è nel mio cuore.
Non resto troppo sotto il getto d'acqua, a mala pena ci rimango una decina di minuti, mi avvolgo nel mio solito accappatoio nero e apro la porta del bagno per tornare in camera, l'unico fascio di luce è quello che proviene dal bagno.
Strano, eppure credevo di aver lasciato tutte le luci accese.
Faccio spalluccie e mi dirigo in camera per potermi vestire, arrivata accendo la luce e mi volto verso il mio armadio per potermi vestire, indosso l'intimo e poi mi lascio scivolare di dosso l'accappatoio per indossare una maglietta a maniche corte che mi arriva al ginocchio, lascio i capelli sciolti e passo le dita tra le punte vedendole ondulate come sempre.
"Sapevo che quel tatuaggio ti donava"
Mi si gela il sangue nelle vene, mi volto di scatto e noto una figura che, entrando in camera, non avevo nemmeno notato, troppo presa dai miei pensieri.
"Perchè quella faccia? Non sei felice di rivedermi?"
Un ghigno strafottente.
Uno sguardo sicuro.
Occhi azzurri.
"Che cazzo ci fai tu in casa mia!?", urlo arrabbiata e spaventata
"Abbiamo deciso di farti una visitina"
"Abbiamo!?", chiedo terrorizzata, come a rispondere alla mia domanda dal salotto sento un leggero parlottare seguito da risate.
Il ragazzo si alza dal letto e mi si avvicina, io indietreggio ritrovandomi inevitabilmente con le spalle contro l'armadio.
Cazzo, cazzo, cazzo! Non va bene per niente!
Guardo il ragazzo dal basso all'alto mentre continua a sorridere con il suo solito sguardo beffardo e cerco di scappare, ma lui è più veloce di me e mi blocca la via di fuga prendendomi per un polso.
"Si può sapere che cazzo vuoi da me!?"
"Tenerti d'occhio"
"T-tenermi d'occhio? E perchè mai!?"
"Smettila di urlare cazzo, non mi piace arrivare alle mani", mi dice cambiando radicalmente espressione.
"I-io...voglio che ve ne andiate...ora"
"Non lo faremo, abbiamo i nostri motivi per rimanere, e se farai la brava e collaborerai non ti toccheremo nemmeno con un dito"
"Che cosa volete da me?", tentenna un po' alla mia domanda e non mi risponde cambiando argomento.
"Come ti chiami?", mi chiede serio.
Non rispondo, e questo sembra farlo innervosire solo di più, lo vedo portare una mano alla tasca dei pantaloni ed estraendone un coltello a serramanico, sbarro gli occhi impaurita iniziando a tremare.
Ora mi ammazza, cazzo...
Porta la lama del coltello al mio collo e la fa scorrere leggera sulla pelle, senza lasciare nessun tipo di segno nè di graffio.
"Odio arrivare a questo, ma non mi lasci scelta, che ne dici di ricominciare, da persone civili?", mi chiede con tono calmo e pacato, annuisco in fretta e lui ritira il coltello, torno a respirare e lo vedo fare un passo indietro.
"Ti ripeto la domanda, come ti chiami?"
"Angel", rispondo senza staccare gli occhi dai suoi.
"Angel? Strano nome per una ragazza tormentata come te"
"Che ne sai tu? Non mi conosci nemmeno"
"Ti ho già detto che ti conosco fin troppo bene", mi sorride e mi porge la mano destra, "James Sullivan", tentenno per un po' e poi mi decido a stringergli la mano, perchè mi sento come se stessi stringendo la mano al Diavolo?
"Bene, ora so che hai un nome", mi dice continuando a sorridere mentre io non ricambio in alcun modo, "Ora mi sarà ancora più difficile starti lontano"
"Io non ti voglio vicino, nè te nè i tuoi amici"
"Sarai tu stessa a cercarmi, non preoccuparti"
E con questo cosa vuole dire?
Maledizione.
"Spero non ti dispiaccia se rimarremo qui per un po', piccola"
"C-cosa?"
"Dobbiamo tenerti d'occhio, è complicato da spiegare, vieni, ti presento gli altri", mi sorride, un sorriso simile a quello dello Stregatto e mi cinge le spalle con un braccio tatuato, deglutisco a vuoto e mi rassegno.
Che ne sarà di me?
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Eternal Rest In My Heart
Fanfiction"Angel? Strano nome per una ragazza tormentata come te" "Che ne sai tu? Non ci conosciamo nemmeno" "Ti conosco fin troppo bene invece", continua senza smettere di guardarmi "Io non ti ho mai visto", mormoro quasi spaventata dal comportamento del rag...