Il suono della sveglia rimbombò nella mia piccola ed angusta camera, anche se i miei occhi erano aperti da molto tempo.
Circa da 28 ore prima.
Presi il cellulare e, dopo averla spenta, lo lanciai sul comodino. E cadde.
Con uno sbuffo e tante imprecazioni -mentali e non- per la notte insonne, mi alzai dal letto e scesi le scale dalla soffitta alla cucina.
Sì, la mia camera era in soffitta. E sì, l'unica altra camera della casa era la cucina, oltre al bagno.
Feci una scialba colazione con un thè, mi lavai ed indossai i primi vestiti che trovai.
Ed uscii.
Nel mio cammino verso scuola, al magico orario delle 7.13 del mattino, fumai due o più sigarette.
Arrivai circa mezz'ora più tardi, e di norma l'edificio era ancora chiuso per gli studenti.
Così mi sedetti su uno dei lercissimi muretti che circondavano il mio liceo, scrollando incessantemente la libreria musicale sul mio telefono. Ma non trovai nulla di soddisfacente, così lasciai le cuffie e non ascoltai nulla.
Almeno nessuno mi si sarebbe avvicinato.
"POLA"
Alzai un sopracciglio. Qualcuno ripetè il mio nome, urlando.
"PPPOLAAA"
Levai una cuffia, riconoscendo una figura in lontanaza.
"Yo", salutai con la peggior accoglienza di sempre.
"Sempre di buon umore, noto", fece Alex sorridendomi.
Mi alzai e pulii il mio deretano dallo schifo bianco che il muretto aveva lasciato sul mio jeans nero.
"ALEEEEXX", mi lanciai sul ragazzo, abbracciandolo.
In una canzonatoria scenata di melosità da lui tanto ricercata.
Rise. "Come sei simpatica"
"Sono sempre simpatica", tornai ad appoggiarmi al muretto.
"Genn?", chiese lui.
Mi guardai intorno ed alzai il sopracciglio.
"Come fai a non vederlo?", mugugnai, riferendomi al ragazzo appoggiato al muro poco lontano da noi. Quello col berretto rosso.
Quello col bruttissimo berretto rosso fluo.
"Beh..." fece lui "bbbeh..."
Lo fissò per un po' e sbuffò notando che anche lui aveva le cuffie, anche se probabilmente stava ascoltando una qualche canzone col volume al massimo. Come sempre.
Lo spronai all'andare da lui, ma io non mi unii. Fra noi non scorreva buon sangue, e forse non ne sarebbe mai scorso.
A meno che non fosse il suo, allora sì.
Con rammarico nel lasciarmi sola, andò dal suo migliore amico.
Vi spiegherò perché fra noi non è mai andata bene.
Tralasciando il fatto che sono una persona abbastanza scontrosa e restìa alle "amicizie", ho sempre odiato i fighetti tutti in tiro.
Ok che non è uno dei soliti fighetti, ma i suoi atteggiamenti mi hanno sempre fatto pensare che fosse un tipo piuttosto altezzoso. Ed egocentrico.
Alex invece è sempre stato solare e gentile, ed un po' mi piaceva averlo intorno. Metteva allegria.
Persa nei miei pensieri e con -finalmente- della musica nelle orecchie, decisi che era il momento di entrare seppur la campanella non fosse suonata.
Il freddo mattutino era abbastanza insopportabile, specie quello di dicembre.
Così mi pulii ancora i jeans scuri, aggiustai il felpone slabrato che avevo addosso e sorpassai il mare di tamarri napoletani che circondavano il liceo.
Odiosi. Tutti.
Non so se avessi addosso gli occhi dei miei compagni, non so se qualcuno di loro stesse parlando di me e non ho mai avuto intenzione di scoprilo.
Potevano andare tutti a farsi fottere.
Li sorpassai e m'infilai in classe, nel banco proprio davanti quello di Gennaro.
Sospirai.
T'attocca, Pola.
La prima cosa che mi venne naturale fare fu controllare quante sigarette avessi, e ce n'erano due.
Oh, no.
Relativamente, le sei ore passarono più che in fretta.
A parte il due in fisica.
Nel corridoio difronte l'uscita, potei notare un sorridente Alex salutarmi con la manina.
Mi sentii sollevata nel vederlo, così gli accennai un piccolo sorriso che ricambiò.
Sfortunatamente casa mia era dal lato opposto ripetto la sua, così appena varcato il cancello ci separammo.
Cuffie alle orecchie e nessuna sigaretta. Sentii il freddo entrarmi nei polmoni una volta fatto un profondo respiro, così mi strinsi nelle spalle, sprofondando nella sciarpa di lana.
"Ehi, tu", mi sentii punzecchiare sulle spalle.
Santoddio.
"Ehi", tolsi una cuffia "Genn."
Solitamente non lo incontravo durante il ritorno, pur dovendo fare la sua stessa strada.
Perché si fermava con gli amici, perché andava da Alex o, semplicemente, perché aveva il passo di un bradipo.
Camminammo silenziosamente, ma avvertii un insolito disagio in lui.
Qualche volta mi giravo a guardarlo, e notavo che mordicchiava le pellicine delle labbra in modo insistente.
Rimasi stranita, di solito era di un'impassibilità disarmante.
Fuori da ogni immaginazione, lo guardai un'ultima volta prima di chiedergli cosa avesse.
In una frazione di secondo mi guardò negli occhi.
"Sai tenere un segreto?"
Inchiodai.
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The smell after rain. // Genn Butch
FanfictionLo guardai mentre, seduto scompostamente sul divano, suonava la chitarra in modo molto poco professionale e sputava parole senza quasi importarsene. Lo sguardo fisso in un punto, senza guardarlo veramente. Quello era il modo più bello in cui sapeva...