Un brivido mi percosse la schiena, passando per tutte le vertebre ed arrivandomi -così mi pareva- fino al cervello.
Giada mi scoccò un'occhiata, ed io ero lì, con un braccio di Genn attorno alle spalle ed ancora i segni viola più o meno sbiaditi sul collo.
Mi voltai verso di lui, le sue labbra gonfie e troppo rosa erano contratte in un sorriso, gli occhi lividi erano socchiusi e brillavano in modo strano mentre osservava Alex suonare la sua chitarra sul divano.
Era così diverso da poco prima, sembrava totalmente un'altra persona.
Prima era fragile, indifeso. Ora era... tornato come sempre.
Rimasi imbambolata ad osservare il suo viso, e lui se ne accorse.
Dovevo avere una faccia da cogliona, dato che non appena si voltò verso di me, rise.
"Che stai guardando?" mi chiese, senza farsi sentire dagli altri.
Battei un paio di volte le palpebre, riprendendomi.
Scrollai le spalle.
"Mi stai ancora abbracciando" osservai, distogliendo la sua attenzione dalla domanda scomoda che mi aveva posto.
"Oh, sì", spostò lo sguardo dalla sua alla mia spalla "è un problema?" tornò a guardarmi negli occhi.
"No, figurati" la sua mano strinse la presa sulla mia spalla, spingendomi verso di lui.
Mi ritrovai all'improvviso in una morsa ferrea, con la guancia sul suo petto.
Il mio viso andò a fuoco, mentre sentivo gli sguardi di buona parte della stanza su di noi.
"Cosa stai facendo?", gli domandai a bassa voce.
"Ti abbraccio", rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo "e ricambia, se no mi sento stupido"
Mi venne spontaneo sorridergli, e allacciai le braccia attorno al suo busto.
Più tardi, eravamo tutti brilli.
Sul divano, Genn al suo solito posto ed Alex al centro, suonavano e cantavano.
Gli Urban Strangers, così avevano chiamato la loro band.
Il bruno, ancora vestito da Babbo Natale -però, fortunatamente, aveva levato la barba-, cercava di accordare la chitarra.
Giada, più lucida di me, si avvicinò sottecchi.
"Hai qualcosa da dirmi?", disse sedendosi sulla sedia vicina alla mia.
Poggiai un gomito sul tavolo e mi ressi la testa con la mano.
"Cosa vuoi sentirti dire?", alzai un sopracciglio, portando la birra alle labbra.
"Beh, quei segni sul collo ed il fatto che siate così attaccati mi sta confondendo", bevve un sorso anche lei.
Sospirai, guardandola.
"Non stiamo assieme" asserii.
"Non ancora" sentenziò di rimando.
Socchiusi gli occhi.
"Questa tortura non finirà mai, vero?"
Annuì, convinta.
"Oh, Dio", brontolai.
Giada era una delle persone più cocciute che conoscessi, rasentava l'irritante.
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The smell after rain. // Genn Butch
FanfictionLo guardai mentre, seduto scompostamente sul divano, suonava la chitarra in modo molto poco professionale e sputava parole senza quasi importarsene. Lo sguardo fisso in un punto, senza guardarlo veramente. Quello era il modo più bello in cui sapeva...