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Normalmente, in una situazione diversa mi sarei fortemente incazzata.

"Io lo conosco tuo fratello", disse in un soffio.

Invece mi salì un'innata tristezza.

Dalla bocca di qualunque altra persona sarebbe uscito un insulto, ma dalla sua era uscita complicità.

Non mi risultò difficile credergli, qualcosa in Genn mi ricordava mio fratello.

Non la droga o la dipendenza, ma entrambi erano due casini.

Mi tremavano le mani.

In un momento di debolezza, col cuore in mano mi alzai.

"Tu non finirai come lui, Genn."

Sentii gli occhi del biondo su di me fin quando non scomparvi nelle scale, diretta alla porta.

Era il momento di uscire di casa.

Mi seguii, in un tacito accordo.

Una volta in strada accesi una sigaretta. Soffiando via il fumo socchiusi gli occhi, rilassata.

Mi strinsi nelle spalle.

Sentivo che ogni tanto Genn posava gli occhi su di me, ma dal mio canto lo facevo anch'io con lui.

Soffiò l'ultimo tiro della sua sigaretta, quando si schiarì la voce per parlare.

"Senti... io...", mise le mani in tasca "mi dispiace per prima, non volevo essere inopportuno..."

Scossi la testa.

"No, non sei risultato inopportuno", gettai via la sigaretta finita.

"Quest'estate c'ero anch'io in quel centro, ma sono stato dimesso dopo poco", si morse il labbro inferiore "è... simpatico..."

Sorrisi amaramente.

Sì, era simpatico.

Quel genere di persona solare, invadente e caotica. Allegra, sempre e comunque.

Quel genere di persona che se manca all'appello, si sente.

Poi, l'illuminazione.

"Ecco perché sono stata la prima a sapere di...", sussurrai, un velo di sorpresa nella mia voce.

Era nervoso, imbarazzato. Lo vedevo palesemente a disagio.

"Già..."

Appena davanti la Casa Lavica, lo fermai.

E di slancio, sulle punte per riuscire a stringergli le spalle, lo abbracciai.

Dopo un secondo di rigidità, si rilassò fra le mie braccia.

"Andrà tutto bene, te lo prometto"

Ricambiò l'abbraccio.

Ed iniziai a capire che di lui, in realtà, non sapevo un cazzo.

-

La baraonda nella camera sul retro dello studio era fortemente incrementata dal tavolino fra i divani di pelle, tappezzato di bicchierini di vetro e alcolici.

La situazione era più o meno carina.

Tutti brilli, alcuni ubriachi.

Mirko, Paolo, Genn ed Alex erano lì, suonavano seduti tutti vicini e cantavano in allegria.

Dom ed Antonio, era la prassi, chiudevano petardi e li accendevano.

Io ero sulla poltrona più vicina ai due ganja friends, stravaccata.

The smell after rain. // Genn ButchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora