14. IL TEST

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Il viaggio in autobus sembrò durare un'eternità. Ero agitatissima. I Led Zeppelin nelle orecchie non riuscivano a rilassarmi.
Nemmeno Bach.
Spensi l'MP3 e iniziai a guardare fuori dal finestrino.

Tendevo a non farlo molto spesso a dire il vero. Era per me un po' come accettare che la vita mi stava scivolando in modo irreversibile di mano a una velocità che non riuscivo a controllare.
La realtà che ammiravo seduta comoda su un sedile di un autobus come un bacio rubato sulla porta di casa, un campo di oliveti a riposo, una litigata tra amici per colpa di una sigaretta o l'infrangersi delle onde sugli scogli mi faceva a capire che sbagliavo molti atteggiamenti nei confronti di questa possibilità di vita e che ero sempre costretta a fare scelte per ogni cosa in questa rete di sopravvivenza.
Dovevo decidere che cosa fare, che cosa indossare, che cosa mangiare, e tante altre cose, ma non potevo scegliere cosa mi stavo perdendo.

La vita accelerata che mi trovavo a guardare mi costringeva ad ammettere a me stessa che troppe cose e opportunità mi stavano scappando via senza che io potessi fare nulla.

Ed ecco che così arrivavo a tante conclusioni che non volevo ammettermi.
La vita era tutta una perdita di tempo. Purtroppo. O una mancanza ti tempo, forse.
Avevo sempre così tante cose da fare che non mi rendevo proprio conto di cosa mi stessi perdendo. Pensavo alla discoteca, agli aperitivi, ai pomeriggi passati a casa di amiche a far finta di studiare, al comprare vestiti alla moda e via dicendo.
Mi accerchiavo di cose futili.
Ero un'adolescente un po' cresciuta che però non voleva ammettere a sé stessa che la vita valeva molto più dell'importanza che gli stavo dando.
Litigavo con i miei genitori per raggiungere obiettivi che mi sembravano essere degni di valere il rischio di un castigo. Degni di farli arrabbiare, di farli preoccupare. Degni di lasciarli con l'amaro in bocca.
Non ero in grado di godermi il loro amore incondizionato nei miei confronti, non volevo nemmeno vederlo probabilmente. Mi faceva più comodo litigare con loro per la maggior parte del tempo. Era più facile.

Solo l'autobus mi apriva gli occhi. Solo li mi chiedevo se fosse giusto tutto quello che stavo facendo e le scelte che stavo prendendo.

Scesi alla fermata più vicina alla casa di Lucius piena di pensieri, dubbi, incertezze e domande.
Che cosa avrei fatto se avessi scoperto di essere incinta? Quale sarebbe stata la mia scelta? Cosa era meglio per tutti? Quale futuro avrei vissuto se l'avessi tenuto? Quale futuro invece mi sarebbe aspettato se non l'avessi fatto? Perché davo per scontato di aspettare un bambino?

Arrivai da Lucius per ora di cena.
Josephine aveva cucinato della sfiziosissima pasta con zucchine e tonno che mangiammo comodamente a tavola in piatti verdi. Anche lei amava quel colore.

«Vieni Amy, andiamo di la.»
«Certo amu, giochiamo a Guitar Hero?»
«Ottima idea!»

La sua stanza era uguale a sempre. Come ogni sabato Josephine aveva fatto le pulizie e le lenzuola appena lavate profumavano di rose la camera. Il quadro con il collage delle nostre foto che avevo regalato a Lucius a Natale era appeso sopra la testata del letto ed era bordato con delle lucine led a forma di cuore.
Il parquet in rovere le donava lucentezza e le pareti color nocciola trasmettevano un senso di calma.
Io però non ero rilassata. La mia borsetta in finta pelle rigorosamente nera e dalla tracolla lunga conteneva un test. Quel test che avrebbe potuto cambiarmi la vita.

«Ehi Lus, non so che fare. L'ho comprato. Leggiamo insieme le istruzioni?»
«Non sei capace di farlo da sola amu?»
«Si, beh, ok.»

''Ogni campione di urina è adatto per il test di gravidanza, ma l'urina del mattino è ottimale a causa della sua più alta concentrazione di ormone hCG.''

Era sera. Cavoli. Non potevo attendere il giorno successivo. Due giorni di ritardo alla fin fine non erano molti, ma volevo sapere, avevo bisogno di scoprire in che direzione avrei dovuto andare in futuro.
Necessitavo dell'aiuto di Lucius, avevo bisogno di lui, delle sue attenzioni, del suo supporto, della sua mano, ma lui non riusciva a reggere il pensiero probabilmente. Quasi neanche mi parlava.
Accettai con rispetto il suo essere semplicemente sè stesso e me la sbrigai da sola.

Il bagno era freddo, la finestra era sbacciata. Tremavo. Più per l'ansia probabilmente.

''Per effettuare il test, aprire la confezione e prelevare lo stick.''

Fatto.

''Tenere ferma con una mano l'estremità arrotondata. Con l'altra mano rimuovere il tappo e scoprire il tampone.''

Fatto.

''Posizionare verso il basso la punta assorbente e tenere il tampone per almeno sei secondi sotto il flusso di urina.''

Fatto.

''Reinserire il tappo sull'estremità e attendere la comparsa delle strisce colorate. Quando inizia il rilevamento, è possibile notare un leggero velo rosso nella zona dei risultati. Il risultato del test può essere letto dopo 3 - 5 minuti. Non leggere il risultato dopo più di 10 minuti.
L'apparire di due linee rosse renderà positivo il test, di una sola: negativo.''

Non fatto.

Non feci nemmeno in tempo a finire di urinare che già due bellissime lineette apparvero in modo assolutamente chiaro e preciso. C'era scritto sul foglietto che durante il rilevamento si sarebbe potuto notare un leggero velo rosso nei risultati, ma non era certo una patina scarlatta quella che era apparsa.

I miei occhi fissavano continuamente quel test e l'urina non si fermava. Il mio cuore batteva all'impazzata e il mio respiro si faceva frenetico e discontinuo.
Dovevo correre da Lucius.
Neanche mi pulii per colpa della tachicardia e del tremolio che provavo. Ero completamente fuori controllo, quindi mi tirai su i pantaloni alla svelta e tornai in camera sua.

«Diventerai papà Lus.»

#MrsAlicR

UN TUFFO NEL VUOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora