16. CORAGGIO

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«Lus, in salotto c'è tua madre, dovresti andare a dirglielo.»
«Vacci tu Amy, sei più brava in queste cose.»
«Stai scherzando vero? Non è questione di essere bravi o meno, è solo questione di andare di là e dirle che sono incinta, se vuoi andiamo insieme. Che ne dici?»
«No Amy, non ci vengo. Fine della storia, lo scoprirà prima o poi!»
«Non sei normale amu.»

1, 2, 3. Contai dentro di me, mi feci coraggio e andai in soggiorno.
Tutte le luci erano spente, Josephine era seduta sulla panca in legno di fronte al televisore con le braccia appoggiate al tavolo e si stava fumando con estrema calma una sigaretta, proprio quella che avrei voluto fumare anch'io, ma che adesso, a maggior ragione, non potevo certo fumare.
La madre di Lucius era rilassata e sorrideva per qualche battuta divertente sentita in TV, non mi trasmetteva particolare soggezione e io non ero poi così agitata, ma non sapevo proprio come dirglielo. Come si fa a dire alla madre del tuo ragazzo che a 17 anni sei incinta?

«Dimmi Amy, hai bisogno di qualcosa?»
«Mh, no, devo solo parlarti... Aspetto un bambino.»

Non ero stata molto delicata, piuttosto impulsiva direi, quasi volessi già gridare al mondo che sarei diventata madre. Il tatto non era mai stato una mia caratteristica, ma credo sia meglio così.
Mai e poi mai mi sarei aspettata la sua reazione, completamente opposta a quella prevista nel mio immaginario visto anche il modo in cui l'avevo resa nota della situazione; ma lei era calma, pacata, non parlava, non sorrideva, non sembrava neanche troppo stupita. Sentimenti contrastanti venivano involontariamente emanati dal suo cuore. Era una persona sincera, in 3 anni che la conosceva non aveva mai nascosto o represso nessuna emozione.
Amava la vita incondizionatamente.
Riusciva sempre a vedere il bello e il buono anche quando non c'era nulla di piacevole da vedere. Viveva di speranza, viveva per gli altri.
Ricordo che mi chiese soltanto cosa volessi fare e che dopo la mia risposta mi sorrise.

Non si alzó dalla panca, non spense il film, non mi abbracciò, non si congratulò con me, non andò a gridare contro suo figlio che era stato immaturo, lei continuò in apparente tranquillità a fare tutto quello che stava già facendo. Forse non voleva preoccuparmi. Chissà.
Ne aveva passate così tante nella sua vita che probabilmente sapeva che rimproverarci per la nostra disattenzione era assolutamente inutile. Ormai la frittata era stata fatta e la miglior cosa da fare era valutare ora come rendere migliore il futuro di tutti. Noi in primis.

«Che cosa ha detto?»
«Niente Lus, non ha proferito parola.»
«Scherzi?»
«No. Hai presente il film che abbiamo visto il mese scorso a scuola in aula magna durante l'autogestione? Quello di Hitchcock: The Lady Vanishes? Sai quando l'inglese resta impassibile dopo che gli hanno sparato alla mano?»
«Si Amy. Ho presente.»
«Ecco, tua madre sembrava uguale, come se fosse stata trafitta da un proiettile, ma che però non le ha fatto male.»

Josephine non era delusa, affranta, triste o preoccupata, ma non sembrava nemmeno felice.
Emanava vibrazioni molto contrastanti, ma il mio sesto senso femminile percepiva pace.
Lei non ci avrebbe mai odiato per quel cambio di percorso, ma anzi, ci avrebbe supportati. Ne ero certa.

Mi misi a dormire sul letto di Lucius mentre lui continuava a giocare con la playstation. Era il suo passatempo preferito, anzi, più che passatempo definirei i videogiochi come una parte essenziale, integrante e indispensabile della sua vita.
Tanto era speciale e unico in certi momenti, tanto era stronzo e distaccato in altri.
Avevo fatto il test di gravidanza da sola, ero andata da sola a dire a sua madre che era positivo e sempre da sola mi stavo mettendo a letto con i miei mille pensieri. Che nervi.
Ero indubbiamente molto più nervosa per il suo comportamento infantile più che per il pensiero di quello che avrebbero detto i miei genitori quando avrebbero scoperto che aspettavo un bambino.
Non sarebbero certo stati pacati come la madre di Lus. Ne ero più che sicura. Non mi avrebbero capita. Non subito se non altro.
Dovevo prepararmi al peggio, aspettarmi una guerra di urli, pianti e disperazioni. Porte sbattute in tutta casa e chissà che altro.
Che brividi di terrore che mi percorrevano ovunque. Mi sentivo una molla tirata al massimo, sul punto della rottura. Mi sentivo sola. Mi sentivo abbandonata. Mi sentivo davvero molto impaurita.
Mi raggomitolai nel letto abbracciandomi da sola sperando di rilassarmi un po' e cercando di pensare a fatti positivi, ma nulla.
Decisi allora di scrivere un messaggio a Paul, l'unica persona che fino a quel momento era stata in grado di farmi stare bene.

''Vieni a prendermi? Vorrei che qualcuno mi abbracciasse.''
''Arrivo Amy, arrivo subito.''

Senza troppe spiegazioni me ne andai da casa di Lucius che certo non impazzì per obbligarmi a restare con lui.

Dopo 20 minuti ero nell'auto di Paul.
Era confortevole come sempre e l'aria calda accesa a massima velocità iniziava pian pianino a scaldarmi l'animo.

#MrsAlicR

UN TUFFO NEL VUOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora