23. PERCHE'?

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Avevo gli occhi sbarrati. Fissavo quest'uomo alto, brizzolato, con una cicatrice dietro l'orecchio, gli occhi verdi penetranti e le labbra carnose. Lo scrutavo con cura cercando di cogliere messaggi utili a mettermi il cuore in pace.
Le sue ampie spalle avrebbero dovuto farlo sembrare più accogliente, il suo viso decisamente segnato dall'età avrebbe dovuto farlo credere un esperto fidato, ma il suo bianco camice lo tradiva, trasformandolo ai miei occhi in un medico che esprimeva tristezza, distacco e solitudine.

Non ho mai amato il bianco. Non mi dava l'idea di essere il colore della purezza, non esprimeva fiducia verso il prossimo e calma. Rappresentava per me, al contrario, il colore dell'incertezza, dell'indefinito, della falsità. Su un foglio bianco potevi disegnarci tutto e niente, ecco perchè se avessi dovuto sposarmi in fururo avrei indossato un abito verde, perchè io volevo colorare la mia vita e il mio futuro di speranza e di buon auspicio. Troppe donne si sposavano indossando un bellissimo vestito bianco e proclamando innocenza, onestà e semplicità trovandosi poi separate dopo un anno o poco più, o trovandosi l'amante, ma questo era solo il mio parere.

Il Dottore, che si avvicinava sempre più al mio lettino, prese una fiala di non so che cosa dal comodino alla mia destra senza proferire parola, la battè con l'unghia dell'indice e un lieve ticchettio sonoro rimbombò nelle mie orecchie come una lieve ninna nanna.
Ancora ricordavo quella sognata la sera prima. Quella dolce melodia che mia nonna e mia mamma mi cantavano da piccola, tra le loro braccia, nel loro caldo lettone.

Fate la nanna coscine di pollo
la vostra mamma vi ha fatto un gonnello,
e ve l'ha fatto con lo smerlo in tondo,
fate la nanna coscine di pollo.

«Amy, ciao. Ben svegliata. Sono il Dottor Finter. Senti dolore da qualche parte?»
«Salve Dottore. Prima di risponderle, ho io una domanda per lei.»
«Certo Amy, chiedi pure.»

TUM TUM, TUM TUM, TUM TUM.
TUMTUM, TUMTUM.
TUTUM, TUTUM, TUTUM, TUTUM.

Maledetta me che mi pento sempre di quello che dico. Non potevo lasciar parlare il medico e stop? No, dovevo metterci la lingua anticipatamente!
Non avrei davvero voluto fare quella domanda, ma effettivamente, alla fine dei conti, era d'obbligo. Non avevo scelta e così mi feci coraggio.
Il mio battito cardiaco accelerava freneticamente. Sembrava una locomotiva in partenza dal binario. Un treno carico di uomini che si muoveva verso la guerra lasciando le mogli piangenti sui marciapiedi della fredda stazione.

Volevo avere immediatamente la certezza che la risposta fosse quella che mi aspettavo, ma avevo il terrore che fosse il contrario.
Domanda e militare in partenza.
Andata senza certezza di ritorno.

«Come sta la creatura dentro di me?»
«E' proprio di questo che dobbiamo parlare Amy.»

La locomotiva si era trasformata in un Frecciarossa e viaggiava alla velocità di almeno cinquecento chilometri orari. Mi faceva male il petto, mi stava venendo da vomitare, mi esplodevano le meningi, mi sentivo mancare.
Perchè Lucius non era in stanza con me? Sbaglio o era anche suo erede? Avrebbe dovuto ascoltare anche nel caso che lui avesse saputo già tutto o stavo valutando la situazione in modo errato?
Dentro di me pensai che il fatto che lui non fosse al mio fianco significasse che non era morto. Il mio istinto materno, aiutato dal sesto senso femminile mi suggeriva che era tutto ok.

«Beh Dottore, visto che Lucius non è qui vuol dire che ciò di cui dobbiamo parlare non è troppo grave, sbaglio?»
«Sei in gamba Amy, ottima osservazione.»
«Quindi cosa c'è che non va?»
«Ecco Amy, dopo il trauma subìto, hai avuto una violenta crisi respiratoria. Non hai ossigenato bene il tuo corpo e per istinto di sopravvivenza il tuo fisico ha staccato l'embrione dall'utero. Detto in parole semplici...»
«E'... Vivo?»
«Certo Amy, per ora si, va tutto bene, ma dovrai stare a riposo per una settimana o dieci giorni. Sarai monitorata ventiquattr'ore su ventiquattro.»
«Ok, per l'esserino mi sembra il minimo.»
«Non potrai alzarti per nessun motivo, ecco perchè ti abbiamo messo il catetare e il sacchettino.»
«Mi imbarazza molto questa situazione, ma ne varrà la pena, vero?»
«Abbiamo gestito e portato a termine situazioni peggiori, quindi sono molto positivo.»
«Grazie Dottor Finter. Grazie di cuore.»

Se ne andò senza salutare abbandonandomi in quella stanza in penombra. Era una persona piuttosto fredda, non solo per colpa del camice, ma perchè probilmente era abituato a dare le belle e le brutte notizie a chiunque. Non lasciava trasparire nessun tipo di emozione. Niente speranza, niente preoccupazione, niente di niente.

Mia madre corse a vedere come stavo e io finalmente ricomunciai a respirare e a rilassarmi.
Non mi baciò e nemmeno mi accarezzò. Avrei avuto sicuramente bisogno di un po' del suo affetto, ma non era solita a darlo fisicamente.
Mi raccontò che la mia auto aveva preso una bella botta, che però sarebbe stata come nuova prima delle mie dimissioni dall'ospedale.
Cercava di rassicurarmi e confortarmi, ma io avevo la testa da un'altra parte.

Papà.

Ecco cosa risuonava nella mia mente. Quella parola. Quelle quattro lettere uguali alternate.
Volevo lui li con me e con mia madre. Volevo con tutto il cuore che lui fosse li ad accarezzarmi e stringermi a sè, ma niente. Non c'era.
Da quando lo vidi parlare con il Dottor Finter fuori dalla mia stanza non lo incrociai più.

«Clevia, ciao! E' stato bello il tuo abbraccio prima sai? Dove sono Paul e Lucius?»
«Sei forte sisiter. Sapevo che ti saresti ripresa subito. Paul e Lus sono in caffetteria, credevano che il medico impiegasse ben più di tre minuti a parlarti!»
«Ahahah. Certo. Io invece temevo che avesse bruttissime notizie per me. Ho avuto un mezzo attacco di panico.»
«Lo avrebbe pensato chiunque.»
«Ora però è tutto risolto!»
«Certo Amy. Adesso aspettiamo solo di vedere la prima foto dell'esserino.»

#MrsAlicR

UN TUFFO NEL VUOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora