24. ECOGRAFIA

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Mai mi sarei aspettata una cosa simile.
Mai avrei creduto di vedere quello che ho visto.
Mai avrei pensato che uno schermo in bianco e nero potesse commuovermi così tanto.

I medici continuavano a tenermi monitorata. Passavano spesso e di frequente nella mia stanza per assicurarsi che stessi bene. Era una situazione strana quella che mi trovavo a vivere, infatti in vita mia non ero mai stata una ragazza bisognosa di numerose attenzioni. Avevo imparato fin da piccola a essere abbastanza solitaria e autonoma sin da subito dopo la nascita di Clevia, quindi trovarmi li al centro dell'attenzione di tutti mi metteva in imbarazzo.

Alla fin fine stavo bene, non avevo riportato gravi traumi fisici e nemmeno psicologici. Sapere che il fagiolino dentro di me stava bene era quanto di meglio potesse regalarmi la vita. Ero felice nonostante fossi rintanata in ospedale su un letto non troppo morbido e comodo a non fare nulla tutto il giorno. In più dovevo rimettermi in fretta per il concorso di danza.

«Salve Dottore! Che cosa ci fa di nuovo qui nella mia stanza? Non è passato meno di un'ora fa?»
«Amy, è il momento di fare l'ecografia. Ecco perchè sono qui.»
«Ecografia? Oddio, non ne ho mai fatta una! Fa male? Possiamo aspettare che tornino Lucius e mia madre che sono a prendere un caffè al bar? Vorrei fossero presenti.»
«Certo Amy, abbiamo tutto il pomeriggio per farla. Quando sei pronta andiamo.»

Non me l'aspettavo così in fretta. Credevo attendessero ancora qualche giorno prima di farmi alzare per andare in ginecologia a fare l'ecografia. Erano passati solo cinque giorni dall'incidente e io non ero psicologicamente pronta. Attendevo da troppo tempo quel momento. Tredici settimane infinitamente lunghe ed estenuanti in attesa di poter ammirare per la prima volta il mio piccolo grande amore.
Tra l'altro se non avessi avuto l'incidente avrei ammirato l'esserino giusto qualche giorno dopo, il controllo obbligatorio era previsto tra le dodici e le quattordici settimane e io avevo preso l'appuntamento al termine della quattordicesima settimana di gestazione per avere più possibilità che il medico si sbilanciasse sul sesso del nascituro.

«Ehi Lus, bentornato! Sai cosa mi ha detto il Dottor Finter?»
«No Amy, ma dalla tua espressione sembrerebbe qualcosa di bello!»
«Si! Che facciamo l'ecografia! Tornerà a minuti, gli ho chiesto di aspettare che tornaste tu e mia madre. A proposito, dov'è lei?»
«E' al telefono con tuo padre. Arriva subito.»
«Ah, con mio papà... Ok. Aspettiamola!»

Avevo diciassette anni, non avevo mai avuto occasione di vedere un'ecografia dal vivo e nemmeno delle foto di qualcuno che l'aveva fatta, quindi non sapevo proprio cosa aspettarmi. Non cercavo nulla su internet a quei tempi e devo ammettere che dirlo ora mi fa strano visto che è la mia attuale principale fonte di informazione, ma allora ero forse ancora troppo giovane per poter pensare a queste cose, ma soprattutto l'era di internet, della nuova schiavitù e degli smartphone è arrivata più di qualche anno dopo e per fortuna direi.

Tant'è che ero così agitata non sapendo cosa aspettarmi da non riuscire a stare ferma. Tamburellavo con dita, con mani e con i piedi sul letto. Canticchiavo 'Here Without You' dei Three Doors Down e sorridevo ogni volta che qualcuno passava dal corridoio e sbirciava involontariamente dentro la mia camera cercando qualche parente o amico da passare a trovare.

«Mamma! Eccoti anche tu! Andiamo a fare l'ecografia!»
«Amy come sei felice, così felice da riempirmi il cuore di gioia.»
«Vieni anche tu dentro vero mami?»
«Certo, volentieri, se lo desideri!»

Non più tardi di una quindicina di minuti il Dottore tornò da me e mi disse che potevamo iniziare ad avviarci verso lo studio del suo collega Dott. Rovelli, il quale avrebbe effettuato l'ecografia.

Dopo aver cambiato ala, camminato per un bel po', preso due diversi ascensori e aver attraversato così tanti corridoi tutti uguali con pavimento azzurrino e pareti bianche arrivammo a destinazione.
Mi accomodai su una sedia bianca in attesa di essere chiamata per la visita continuando a canticchiare nella mia mente musichette di ogni genere, da 'Le quattro stagioni' di Vivaldi a 'Shout at the devil' dei Mötley Crüe. Lucius mi teneva per mano e mia madre se ne stava zitta seduta di fronte a me in quella non troppo accogliente sala d'attesa.  Secondo me era molto agitata anche lei.

«Amy?»
«Sono io!»
«Prego, si accomodi pure.»

La stanza era buia, in penombra, al centro c'era un lettino ricoperto di carta scottex alla destra del quale era situato uno sgabellino nero con rotelle. Mi sdraiai e vidi un bellissimo schermo grande con due grandi casse ai lati di fronte a me e uno più piccolo pieno di comandi strani collegato ad un computer vicino allo sgabello alla mia destra.

Il dottore, che non era di molte parole e di cui non ricordo particolarmente l'aspetto, credo per colpa dell'agitazione e dell'adrenalina, mi sollevò la maglietta, mi abbassò leggermente i pantaloni e mi mise del gel sull'addome.

Guardai Lucius per calmare la mia ansia, ma era molto teso anche lui e fissava il monitor appeso al muro di fronte a me senza battere ciglio.
Attendavamo tutti di ammirare quel qualcosa che riuscivo solo a definire Amore.

E non mi sbagliavo.
Voi non avete idea di cosa videro i miei occhi appena il medico appoggiò la sonda al mio ventre.
Un vero bambino si muoveva dentro di me, aveva testa, naso, occhi, braccia, mani, dita, gambe, piedi. Era li. Vivo. 
Nuotava nel mio grembo, rispondeva agli stimoli, faceva le capriole.
Era una persona in miniatura a tutti gli effetti e cresceva grazie a me.

Istintivamente portai la mia mano sul grembo spostando l'attrezzatura del Dottor Rovelli quasi come se stessi cercando di toccare con mano il mio piccolo esserino e non appena fu il mio palmo a sfiorarlo da sopra la pancia e non la sonda dell'ecografo, quel piccolo frugoletto iniziò ad agitarsi ancora di più, il suo battito rimbombava dalle casse frenetico in tutta la stanza e il mio volto era rigato da lacrime di gioia, da lacrime di amore.

La scienza, l'evoluzione e la tecnica mi stavano permettendo di vedere l'invisibile, quell'invisibile che mi scatenò delle emozioni indescrivibili e uniche che non dimenticherò mai e che mi potrerò nel cuore per tutta la vita.

Io e lui. Lui e io. Il paradiso. Amore. Una cosa sola. Ora e per sempre.

#MrsAlicR

UN TUFFO NEL VUOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora