6. I PREPARATIVI

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36 giorni prima

«Mamma? Dove hai messo il vestito argento con le lievi zebrature nere che mi ha dato la zietta per stasera? Mi servirebbe!»
«E' nell'armadio in taverna! L'ho messo insieme al resto dei vestisti stirati che dovresti sistemarti, porta su tutto quando scendi, anche gli abiti da stendere che sono in lavatrice, grazie!»
«Ok mamma, love you!».

Corsi a prendermi tutto al piano di sotto, in quel luogo dove solitamente si organizzano cene, feste, riunioni, corsi di cucito tra mamme e gruppi di studio. La nostra, era una taverna molto fresca d'estate grazie alla lieve umidità generata dal terreno circostante e molto calda d'inverno grazie alla presenza di un camino angolare con focolare in mattoni, rivestito con travertino e marmo e con appendici in legno massello. In questo luogo si stava molto bene in qualsiasi periodo dell'anno. Il posto perfetto in cui rifugiarsi e scappare dalle routine e dagli stress.

La stanza era molto accogliente, dipinta di un bellissimo bianco pulito e semplice che la faceva sembrare molto più luminosa anche con solo delle luci soffuse accese.
Aveva un bellissimo pavimento in teak posato da un carissimo amico di famiglia qualche anno dopo la nascita di Clevia, mia sorella minore. Sul lato opposto della stufa c'era una grande tavola, potevano starci comodamente trenta persone sedute contemporaneamente, stringendole, anche quaranta.
Due poltrone rosse e un po' trasandate posizionate davanti al camino davano quel tocco di classe che trasformava una semplice taverna in una stanza magica.
Leggevo una quantità indefinita di libri seduta su quelle poltrone, specialmente in inverno, quando il calore del fuoco mi scaldava e coccolava l'animo.

La taverna costeggiava con la lavanderia e la stireria, luogo in cui mi stavo recando e posto odiato da mia madre: lei non ha mai sopportato stirare e nemmeno fare le lavatrici, ma aveva sempre egregiamente compiuto il suo dovere senza lamentarsi troppo. Spesso la vedevo stirare mentre guardava i suoi programmi preferiti alla TV (che si era comprata a posta) per ammazzare meglio il tempo e rendere più piacevole il suo compito.

«Mami ecco fatto, ti lascio gli abiti da stendere, sistemo le cose stirate e vado a preparami.»
«Grazie principessa, buoni preparativi, e muoviti che tra 30 minuti passa l'autobus!»
«Corro!»

Calzini e mutande nel terzo cassetto della cassettiera, canottiere e magliette sul primo ripiano in basso all'interno della prima anta dell'armadio verde di fronte al letto, felpe sul secondo ripiano, reggiseni nel cassetto centrale della cassettiera insieme alla sciarpa in lana che mi ha fatto mia nonna a maglia, avevo messo via tutto? No, mancavano le camicie, seconda anta, presi in fretta e furia 2 appendi abiti e misi la camicia nera su uno e quella verde sull'altro.

Bene! I vestiti stirati con cura erano a posto, ora non restava che iniziassi a prepararmi, l'abito argento in satin elasticizzato, dal taglio elegante non troppo corto e dalle maniche lunghe era già ben disteso sul letto ad attendere di essere indossato, le calze a maglia nere quaranta denari erano nella cassettiera, le scarpe a punta in pelle nera con il tacchetto di un paio di centimetri le avevo già prese dalla scarpiera in corridoio, la cintura in pelle da mettere in vita era nell'armadio di mia sorella, mancavano all'appello solo il copri spalle nero in cashmere che mi avevano regalato le compagne di classe al compleanno qualche mese fa e il cappotto nero preso da Follemente (un negozio rinomatissimo in città) insieme a mia madre l'anno prima.

Sette minuti per vestirmi. Tempo record. Quando hai le idee chiare è tutto più facile ma un piccolo problema si presentava ora: trucco o non trucco? Avevo perso ben sei minuti pensando a cosa fare, più del tempo investito a vestirmi, incredibile. Matita nera, rimmel e fondotinta. Niente rossetto. Odiavo il rossetto, Lucius odiava il rossetto. Fidanzato e rossetto non sono mai stati compatibili. Niente ombretto. Ero incapace di truccarmi e non sopportavo a lungo quello strato di falsità sul mio volto.

«Clevia grazie per avermi prestato la cintura!»
«Figurati Sister! Con tutto quello che mi presti tu! Divertiti in città, e buon ultimo dell'anno!»

Dopo baci e abbracci e battutine di vario genere corsi a salutare i miei genitori.

«Stai attenta e fai la brava!»
«Certo mamma! Ciao papà, buon ultimo! Scoppiate i petardi anche per me! Fate i bravi! CIAOOOO!»

Urlai chiudendo la porta di casa, attraversai la strada e raggiunsi la fermata dell'autobus che stranamente e per fortuna era in ritardo.
Nell'attesa pensavo tra me e me che nonostante fossimo fidanzati già da qualche anno, quella era la prima vera uscita a tu per tu. Il primo capodanno insieme solo noi due. La prima volta a cena io e lui. Che agitazione. La mia fermata.

#MrsAlicR

UN TUFFO NEL VUOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora