17. PAUL

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Paul sapeva sempre cosa fare per farmi stare meglio. Andammo a prendere una cioccolata calda a Rentille nella caffetteria sotto casa prima di sdraiarci comodamente sul divano di casa sua per guardare un film.

«Hey Amy, mi è venuta fame, facciamo la pizza?»
«Cosa? La pizza a mezzanotte? Ma sei matto? Ci sono i tuoi a letto! Non possiamo fare confusione!»
«Beh, io la faccio lo stesso. Te fai quel che ti pare.»
«Eddai Paul, è tardi!»
«Che noia, ti lamenti sempre per tutto!»

Sbang!

Una teglia era caduta a terra molto rumorosamente, non certo da sola, Paul non scherzava. Si stava facendo la pizza sul serio e stava anche facendo rumore a posta per infastidirmi. Quando voleva sapeva essere davvero antipatico.

Svogliatamente alzai le mie natiche dal divano lasciando a metà la visione di 'Zoolander' con i super simpaticissimi Ben Stiller e Owen Wilson.

La sua micro cucina era stretta e lunga: fornelli e frigorifero da una parte e piano lavoro e mobile in abete rosso dall'altra.
La luna faceva da padrona in quella notte gelida e Paul stava tirando fuori la farina e il latte dal mobile in modo goffo e ridicolo. Mi guardava sorridente, con una faccia un po' sciocca, facendomi una linguaccia e con gli occhi splendidamente azzurri incrociati. I suoi capelli sbarazzini erano tutti arruffati e spettinati. Sembrava Frankenstein in persona appena sveglio.
Stava disperatamente cercando di strapparmi un sorriso con quella buffa espressione, ma non cedetti e continuai, imperterrita, a tenere il muso. Non volevo certo dargli la soddisfazione di essere riuscito a farmi ridere, volevo piuttosto continuare a fargli credere che non mi stesse facendo divertire e che avrei preferito mille mila volte starmene comoda sul divano arancione in salotto a pensare e piangermi addosso, ma questo mio farmi desiderare giocò decisamente a mio sfavore.

Tempo un minuto e Paul iniziò a lanciarmi addosso una manciata di farina, seguito da un lancio impeccabile di mezzo bicchiere d'acqua sui miei pantaloni all'altezza del pube. Sembrava mi fossi fatta la pipì addosso.
Ero imbarazzata e divertita allo stesso tempo. Scoppiai quindi a ridere come una bambina in modo rumoroso e animato, rispondendo al suo antipatico attacco e lanciandogli addosso delle foglie di radicchio che erano state scartate da sua madre qualche ora prima.
Era la prima volta che facevamo la guerra del cibo ed era la pima volta che mi divertivo così tanto nel bel mezzo della notte. Ero spensierata e rilassata. Tutti i pensieri che fino a poche ore prima mi tormentavano sembravano spariti per magia.

Continuammo a stigarci, sporcarci, ridere e scherzare per più di un'ora. Non avevo mai impiegato così tanto tempo per impastare una pizza! Mai.
Ma ne era decisamente valsa la pena, era venuta buonissima. La mia con tonno e patate, la sua con salamino e mascarpone.

Corse in cucina a lavare i piatti e io lo seguii a ruota.

«Tanto non mi prendi!»
«Certo che ti prendo Paul!»

Corremmo per tutta casa a notte inoltrata facendo un caos incredibile. Eravamo peggio dei bambini. Sedie che cadevano a terra, cuscini che volavano per le stanze, porte sbattute. Un disastro.Per fortuna che i suoi avevano il sonno pesante e che suo fratello fosse all'estero per lavoro.

«Ah! Ti ho presa!»
«Mollami Paul!»
«No no. Aspetta. Fammi sentire qui.»

Mi appoggiò delicatamente la mano sul ventre accarezzandolo. Aveva un tocco lieve, lento, caldo. Lo sfiorava con le dita da destra a sinistra e ci appoggiava il palmo tenendolo fermo per qualche secondo. Sentivo il battito del suo cuore rimbombare in tutta la stanza. Era la prima volta che qualcuno, dal nulla, mi accarezzava la pancia in quel modo così materno e naturale.

Era quello l'effetto che facevano le donne incinta? Era quello che facevano le persone nei confronti di coloro che aspettavano un bambino? Avrebbero iniziato tutti ad accarezzarmi l'addome con delicatezza e amore e col cuore che batte forte forte? Perché era una sensazione bellissima. Il suo tocco, il suo sguardo, il suo corpo mi facevano stare bene.

Ero più che fortunata ad avere un amico così speciale, così premuroso, così semplicemente sé stesso. Io e lui eravamo legati da un qualcosa. Un filo invisibile e indistruttibile ci univa dalla nascita. Ovunque noi fossimo, eravamo un qualcosa di unico e raro.
Il nostro era sempre stato un rapporto magnifico, senza segreti, senza problemi. Siamo sempre stati in grado di affrontare la vita insieme in estrema sincerità e trovando ogni volta soluzioni a tutto. L'ago della bilancia della nostra amicizia non pendeva mai da una parte, stava sempre in mezzo, in equilibrio perfetto con le necessità di entrambi.
Anche nei momenti di litigio, che ovviamente colpivano anche noi, non c'erano mai colpe, accuse e silenzi. Tutto era sempre incredibilmente leggero e pacifico.

«Amy, sarà bellissimo lo sai?»
«Cosa?»
«Essere al tuo fianco in questo cammino un po' fuori dagli schemi.»
«Non so cosa dirti Paul, sono senza parole.»
«Sono fortunato sai? Vedrò quanto sarai brava a crescere un esserino dentro di te, prenderti cura di lui nel tuo grembo, diventare madre e crescerlo con amore incondizionato.»
«Paul... Grazie...»
«Shhhhh, non ringraziarmi.»

Mi abbracciò così teneramente da farmi sentire al posto giusto nel momento giusto. Come faceva a farmi stare così? Come facevamo ad essere così tanto in sintonia?
Nessuno a Rentille e nel mondo credeva nell'amicizia uomo/donna. Nessuno. Neanche Elly, la mia più grande amica di sempre. Tranne noi. Prima o poi avremmo dimostrato a tutti quanto invece sarebbe stata grande un'amicizia così. Sicuramente rischiosa, non lo nego, ma indubbiamente bellissima.

Plin, plin, plin, plin.

«Oddio Paul, che ore sono?»
«Le tre Amy perché?»
«Chi è che mi chiama a quest'ora?»
«Tua madre.»

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''Ehi mami, che succede che mi chiami nel bel mezzo della notte? Mi fai preoccupare. Non hai letto il mio messaggio?''
''Ho visto che non sei ancora tornata e mi chiedevo dove fossi.''
''Sono ancora da Paul, a 100 metri da casa quindi, ci siamo appena impastati e mangiati una pizza! Ti avevo scritto ancora qualche ora fa per avvisarti, non volevo certo farti stare in pensiero.''
''Tranquilla Amy, l'ho ricevuto, a domani! Notte!''
''Notte mamma.''

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Era sempre così dolce e premurosa con me anche se io la definivo una rompi scatole. Ormai aveva smesso di esprimere il suo disappunto ogni volta che rientravo tardi quando ero con Paul. Sapeva quanto fossimo amici, sua madre era come una zia per me e come una sorella per mia madre. Mi lasciava vivere con serenità questo splendido rapporto con lui e dentro di me, proprio mentre riattaccavo il telefono, speravo di essere anch'io come lei un giorno non troppo lontano.

Quando rientrai a casa ormai era mattina, la serata con Paul era andata magnificamente.
Avevo dormito si e no un paio d'ore o poco più.
Lucius mi aveva mandato un messaggio nel quale si scusava per il suo comportamento.
Era stato preso alla sprovvista e così, su due piedi, non aveva fatto la cosa giusta. Esserci. Avevo apprezzato moltissimo le sue scuse. Era quello che ci voleva per iniziare al meglio questa giornata nuova giornata. Alla fin fine era Domenica ed era un giorno di festa. Non aveva senso essere arrabbiati.

Lucius mi aveva anche avvisata che sarebbe passato dopo pranzo per fare i compiti di matematica insieme e per essere li nel caso in cui avessi avuto bisogno di lui.

Si sarebbe preso le sue responsabilità e la cosa sicuramente mi rasserenava non poco.

#MrsAlicR

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