22. L'ALBERO

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Sveglia. Messaggio. Lucius. Ero in ritardo. Ottimo.
Elly mi stava aspettando sulla soglia di casa quando arrivai a prenderla in auto.

Pioveva a dirotto e mancava poco all'inizio delle lezioni, la professoressa si sarebbe arrabbiata molto, ma avevo altri problemi ora: attraversare il paese e le montagne sotto la pioggia circondata da un fortissimo vento.

Non ve lo avevo ancora detto, ma in quel di Rentille, di Veroan e di tutta la provincia a diciassette anni tutti avevano già la patente e tutti si preparavano per la maturità, al contrario del resto degli Estiani, abitanti di Esti, il nostro Stato.
Noi rentilliani iniziavamo la scuola elementare a cinque anni, non so dirvi perchè, ma credo che sia solo questione di tradizione e abitudine che, nel tempo non è mai variata.

«Elly ho la patente da qualche mese e sono già spericolata. Finirò come mia nonna che fa incidenti di continuo perchè corre troppo.»
«Amy, noi alla sua età avremo ancora degli ottimi riflessi!»
«Mi fai ridere un sacco Elly. Sono proprio curiosa di vederti a 65 anni come sarai!»
«Oddio Amy! L'albero!»

Vuoto, silenzio, un fischio lontano, le sirene.
Un gusto amarognolo ricopriva la mia bocca. Elly gridava qualcosa che non riuscivo a capire.
Tutto attorno a me era nero, solo nero. Provavo ad aprire gli occhi, ma nulla.
La pioggia mi bagnava il volto e non troppo tempo dopo iniziò ad esserci molto trambusto e molta agitazione, ma non riuscivo a mettere a fuoco la situazione. Non ancora.
Improvvisamente qualcuno mi toccò il viso.

Lucius? Sei tu? Cosa succede?

Niente, nessuna risposta, solo una luce. A destra. Un'altra. A sinistra.

Ehi Dio, cosa ho fatto di male? Perchè vieni a prendermi?

Dopo quella domanda e quel grido di disperazione la luce sparì di colpo, per fortuna pensai. Non volevo morire. Volevo crescere il mio bambino, stava bene lui, me lo sentivo, ma stavo bene anch'io in verità.
Non avvertivo dolore da nessuna parte. Perchè allora non mi alzavo? Perchè allora non capivo?

Vuoto. Silenzio. Buio. Nero. Di nuovo.

Elly? Dove sei? Perchè non ti sento più gridare? Perchè c'è questo silenzio terrificante?
Cosa ci faccio qui? Ma soprattutto, dove sono?
Elly, ho bisogno di te. Ho bisogno che chiami Lucius, avvisa anche Paul. Non so se mi senti, ma io non capisco niente. Vedo delle luci apparire ogni tanto davanti a me. Sei la mia migliore amica, aiutami, ti prego. Il mio bambino non deve morire. Prenditene cura. Promettilo.

All'improvviso quell'immagine. Davanti a me. Una sacca. Un Fagiolo. Dei minuscoli arti. Sembrava fatto di gelatina. Il mio piccolo. La mia piccola. Il cuore batteva forte. Suo. Mio. Insieme. Velocissimi.

«Scarica! Uno, due, tre, quattro, cinque, sei... Scarica!»

La mia schiena si inarcava, il mio respiro si faceva sempre più accelerato. Stavo tornando.
Tornavo dalla mia famiglia, da Lucius, da Paul, da Elly e da tutti coloro che tenevano a me.

Nonna, nonno, aspettatemi, diventerete dei bisnonni. Lo sento.

Bip. Bip. Bip. Bip. Bip. Regolare.

Le mie orecchie lentamente ricominciavano a sentire distintamente ogni suono.
Quanto tempo era passato?
I medici che mi stavano seguendo erano frenetici. La mia schiena era appoggiata su qualcosa di morbido. Non sentivo freddo, non avevo paura. Ero però in uno strano stato di caos, quasi come se mi fossi fumata una canna di quelle potenti, di quelle che ti fanno sentire libera, ma in trappola.
Era come se la mia mente fosse staccata da mio corpo. Mi sentivo viaggiare nelle nuvole, in alto nel cielo, roteando sempre più su, verso il sole caldo e accogliente.

Mi sentivo accaldata, bagnata e sudata. Sognavo di essere in una stanza rosa piena di fiocchi azzurri. Sognavo che c'era una culla in ebano vicino alla parete opposta a me, una lampada accesa lontana pendeva dal soffitto, 'Fate la nanna, coscine di pollo' risuonava nella camera in lontananza. Cercavo di avvicinarmi al lettino, alla luce, alla musica, ma camminavo, camminavo e camminavo a vuoto. Quell'immensità mi stava rapendo. Mi stava logorando. Quello che inizialmente sembrava un bel sogno si era poi trasformato in un incubo.
Gridai di disperazione così forte che, quando aprii gli occhi mi trovai di fronte Lucius, Elly, Paul e Clevia.

«Amu, come sei bella. Come stai? Lasciati ammirare.»
«Lus, che è successo?»
«Hai preso una bella botta in testa. Ti sei schiantata contro un albero che era caduto in mezzo alla strada per colpa del forte vento notturno. Ti hanno tenuta sedata e sotto controllo per tutto il giorno e tutta la notte. Temevano avessi un'emoragia celebrale perchè perdevi sangue dal naso e dalla bocca, ma ora stai bene e questo è quello che conta.»

«Elly, come stai tu invece? Non ti sei fatta male?»
«Amy ora che ti vedo sto bene, mi hai fatto prendere una paura folle!»

«Paul, ti ho pensato moltissimo.»
«Amy, va tutto bene. Sono qui.»

«Clevia, abbracciami, vieni qui sorellina.»
«Ti voglio bene big sister. Ti voglio bene.»

Guardai fuori dalla porta e vidi i miei genitori parlare con un medico. Non mi sembrava una conversazione tranquilla, piacevole, serena e spensierata. C'era qualcosa che non andava. Cosa?
Avevo una paura incredibile. Non volevo chiedere a nessuno come stesse l'esserino nel mio grembo.
Piuttosto di sentirmi dire che non ce l'aveva fatta avrei preferito morire. Con lui.

«Potete gentilmente uscire tutti qualche minuto? Io e Amy dovremmo parlare.»
«Certo Dottore.»


#MrsAlicR

UN TUFFO NEL VUOTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora