L'inizio di tutto.

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Mi ricordo ancora tutto della notte di metà novembre in cui nacqui.

L'aria era fredda e gelida, troppo perché fosse solo una semplice notte di novembre.

Da dentro la pancia di mia madre sentivo il fruscio del vento che muoveva incostantemente gli alberi, facendo sbattere le controfinestre sui muri delle case accanto alla mia.

Sentivo dentro una strana sensazione, sapevo che stava per accadere qualcosa d'importante: stavo per venire al mondo.

All'improvviso sentii una forza che mi spingeva, muovendomi verso il basso. Due mani forti mi aiutarono a uscire dal mio rifugio, verso l'ignoto. Mi feci coraggio e chiusi gli occhi.

Li riaprii, ancora titubante e spaventata e... vidi ogni cosa!

All'inizio ciò che apparve davanti ai miei occhi fu il volto sfigurato di una donna, un viso travolto da lacrime di gioia, dolore e sudore; aveva i capelli spettinati ed incolti che le ricadevano sulla fronte bagnata.

Era una donna di una bellezza ineguagliabile.

Una chioma leonina bionda e riccia incorniciava un paio di occhi verdi scintillanti, accompagnati da folte ciglia lunghe e nere sotto le quali c'erano due labbra rosse, da cui nasceva un sorriso bianco e smagliante.

"Ciao Emily! Benvenuta a casa" riuscì a dire mia madre, "sei bellissima... ".

Lei fu la prima persona che mi fece sentire bene; la prima che sentii di amare fin da subito, incondizionatamente ed indipendentemente da tutto e da tutti.

Non eravamo da sole, però.

Nella stanza vi era una donna di colore con un grembiule e un vestito che sembrava di altri tempi. Insieme a lei un uomo, in divisa bianca, stava mettendo via gli strumenti dentro a una borsa in pelle nera.

"Miss Anna, potrei vedere la piccola Emily?" chiese la donna in tono dolce, umile e premuroso.

Mia madre, esausta dal lungo e doloroso parto, rispose: "Certo, Amelia", e mi porse alla signora.

"Per cortesia, lavala. Molto delicatamente!" disse poi, mentre mi guardava con occhi sognanti.

"Naturalmente, signora" la rassicurò la governante, portandomi nel bagno accanto alla camera.

Non appena fui pulita, tornai tra le braccia di mia madre che non riusciva a smettere di baciarmi e coccolarmi e di dirmi che ero la cosa più bella del mondo.

Mentre ero in braccio a lei, analizzavo la stanza in ogni minimo dettaglio.

La camera era di un azzurro spugnato e sprizzava da tutte le mattonelle un profumo di antico e di nobile. Era ammobiliata con uno stile ottocentesco che le conferiva un'aria di nobiltà antica ma persistente.

La cosa che catturò di più la mia attenzione fu un dipinto appeso alla parete. Aveva colori tetri e raffigurava una foresta di notte brulicante di vita, ma l'elemento che m'incuriosì di più fu una strana sfera gialla, la fonte di luce del quadro: la luna!

Anche se ero appena nata e non avevo ancora visto nulla di quel mondo, così vasto per una bimba come me, mi colpì enormemente, anche se non era vera; più bella e splendente di mia madre! Un elemento che catturò da subito la mia anima.

All'improvviso, con una foga inattesa, entrò nella camera un uomo di bell'aspetto, con i capelli lunghi e bruni che ricadevano sulle spalle larghe e robuste.

Dalle braccia di mia madre passai a quelle di mio padre, il quale fu sorpreso quando mi vide. La nostra somiglianza era incredibile, eravamo due gocce d'acqua: gli stessi occhi verdi, lo stesso naso e la stessa espressione.

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