La foresta dei suoni.

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La mattina dopo tornare a scuola era fuori discussione secondo Amelia, ma mia madre non doveva sapere ciò a cui ero destinata e nemmeno immaginare cos'era accaduto la serata prima.
Fortunatamente, ero rincasata dopo mezzanotte, assieme alla mia tata.
La maggiorata aveva mentito alla miss Potter, dicendo di voler lei venirmi a prendere, in quanto era molto tempo che non vedeva Edward.
"Cara, il the si raffredda se lo guardi ancora!", osservò mia madre, sorseggiando il liquido nero nella sua tazzina.
"Scusa, ma non ho molta fame".
Allontanai i pancakes e me ne andai senza spiaccicare un' ulteriora parola.
Osservare la legge magica si rivelava più difficile di quanto pensassi.
Nascondere la verità a chi vuoi bene provoca un dolore di una lama tagliente che ti apre da sotto il seno, cercando di liberare le tue parole ed i tuoi segreti.

***
Mi trascinai a scuola dove stranamente Mary non c'era. Per la prima volta da quando la conoscevo non mi aveva chiamato, mandando semplicemente un messaggio sul mio cellulare: "Emy, oggi sto male. Ci vediamo sentiamo più tardi. Mary XXX".
Preoccupata ed abbandonata a me stessa, non mi rimaneva altro che sperare nel termine di quella che si annunciava come una lunga, anzi lunghissima giornata.
Presi posto in aula di letteratura inglese, aspettando con ansia la chioma bionda rossastra della prima fila. Avevo bisogno di vederlo e di sapere che stava bene. La sera antecedente, me ne ero andata, senza poterlo salutare e ringraziarlo per avermi salvato da Grisilde ed essersi parato dalla mia parte, ancora una volta. Trovavo eroico il suo affetto nei miei confronti.
Ero l'unica cosa che lo separava dalla possibilità di essere umano, ma a lui sembrava non interessare, anzi ne sembrava ammaliato, quasi incantato.
Certo anche James era molto protettivo con me, direi quasi maniacale, tanto da seguirmi dentro ad un covo di fate. Quei due bellimbusti mi avrebbero fatta impazzire, ma quegli attimi, passati con loro, mi erano serviti per restare incolume, agivano come una colla che cercava di rattoppare una cornice distrutta. Per non dimenticare
che sapevo qualcosa in più sulla mutazione del mio corpo, iniziata quel giorno stesso.
I miei sensi stavano cambiando. Si stavano evolvendo, in un qualcosa al quale non avrei potuto dare un nome, amplificandoli in maniera inumana. La mia vista, era riuscita a catturare ogni crepa ed abitante regnanti sovrani sulle travi della mia camera. Gli occhiali, posti dentro alla mia cartella, sembravano solo un vecchio ricordo. Avevo finto di avere le lenti a contatto con mia madre e di non essere affamata, per non destare sospetti. La verità l'avrebbe sconvolta.
Non potevo dirle che la presenza di minuscoli granelli di polvere, depositati
sul fondo della tazza, vorticavano nel liquido verdognolo, facendo chiudere la bocca del mio stomaco. La cosa mi aveva disgustata abbastanza, per non parlare delle macchie sui sedili dello scuolabus. Un orrore!
Non solo i miei occhi erano mutati,
sentivo qualsiasi cosa. Dai fiori che dormivano sotto la coperta bianca, ai pesci che nuotavano nell'oceano fino alle conversazioni dei miei compagni.
In autobus, ero riuscita a fare finta di nulla grazie all'auricolari e la mia amata playlist di hard rock, ma in classe ciò non era ammesso.
"Che palle! Non ho studiato".
"Non si vergogna a venire con quei capelli?".
"Ho sentito che è lesbica. È sempre con sua amica stangona".
A differenza dei rumori della natura, le parole e il chiacchiericcio umano mi davano fastidio.
La testa cominciò a pulsarmi. I miei pensieri non erano più i miei, ma erano stati sostituiti dalle persone attorno a me.
Volevo che smettessero di tartassarmi, ma le voci erano dentro di me, impossibile ignorarle. Mi coprí le orecchie nell'inutile tentativo di non permettere alle parole di entrarmi dentro.
"Perché cazzo sta piangendo, ora?".
"È tutta scena".
Il livello di stress aveva raggiunto l'apice. Mi asciugai gli occhi, misi le cuffiette alle orecchie.
La voce tranquilla di Adele riuscí subito a tranquillizzarmi. Naufragai in una radura creata dalla mia testa nella quale il silenzio era padrone.
Mi accomodai sotto un salice bianco in ascolto della bellissima canzone creata dall'albero stesso. Non sentivo più la cantante, i miei compagni, i rumori del mondo, ma solo me stessa: Emily.
"Wow che bel posticino ti sei creata", disse un tono suadente che conoscevo fin troppo bene.
"James, cosa ci fai qui?", chiesi, facendogli cenno di sedersi accanto a me.
"Ti controllo ovviamente. Non è da tutti combattere uno spirito del male ed essere aiutato da un Whiteknight", spiegò il ragazzo, accogliendomi tra le sue braccia.
Accettai di buon grado, accocolandomi al suo petto, assaporando il suo odore di caffè e menta che impregnavano gli abiti.
Come sarebbe stato naturale e facile girarmi e dargli un bacio, o accoglierlo tra le mie braccia mormorando il suo nome. Lui per me era una persona molto importante, ma non avrei mai potuto cambiare i miei sentimenti verso di lui.
James, sembrava avermi letto il pensiero, si schiarí la voce, "allora perché sei venuta a trovarmi?".
"Trovarti?", ripetei guardandolo con aria interrogativa, "sei tu venuto da me. Io sono arrivata qui per avere pace , in aula c'è troppa confusione. I miei sensi si stanno amplificando. Riesco a vedere qualsiasi cosa, percepire odori impossibili e... sentire tutto! Ma qui.. è così...".
Stavo cercando una parola per esprimere la quiete che quel lembo di erba mi regalava. Il mio spitito umano e soprannaturale avevano raggiunto una serenità, dove uno non cercava di prevalere sull'altro, ma convivevano nel mio corpo, assopiti.
"Casa", finí James, " è così che si chiama il luogo in cui senti di appartenere".
"Già".
Il sole ci baciava i volti, giocando a nascondino tra le fronde del salice bianco, dominante di quella collinetta smeraldo.
"Ora devi tornare, indietro Emily. Qui il tempo scorre lentissimo. È quasi fermo, ma.. prima o poi il professore entrerà e vedrà quanto sei estasiata nel sentire la sua lezione", ridacchiò il ragazzo, alzandosi, " Mi sembra di sentirlo quel vecchio tricheco!".
"Non voglio, c'è troppa caos. Piangerò di nuovo per le voci!", mormorai.
Una farfalla, dalle ali blu e bianche, leggiadra si posò sui miei capelli.
"Seguimi", sussurrò la dea Luna, tramite l'insetto.
Senza dare nessun ordine, le mie gambe si alzarono rincorrendo il piccolo lepidottero, sfrecciante in quel giardino vergine dal contatto umano.
"Emy, stai attenta! Non correre", urló James, alle mie spalle, distante da me una decina di metri.
Non potevo aspettare. Il tempo permesso di stare lì stava per scadere, riuscivo già a sentire i miei compagni sedersi e lamentarsi che la lezione stava per iniziare.
"Non fermarti cara. Siamo giunte", sussurrò la dea dalla pelle diafana, entrando in un giardino dai fili blu intenso, nascosto dalle fronde di un'antica quercia.
L'albero era cresciuto in maniera anomala, facendo cadere i propri rami a mó di tenda naturale, creata per nascondere un segreto che doveva rimanere tale.
"Questa è la foresta dei suoni", spiegò la voce, mentre la farfalla si appoggiava su una fronde, facendola vibrare.
Allo spostamento d'aria, sentí la signorina Leblanc squittire di quanto era felice che il professore mi avrebbe sgridato per il mio pisolino fuori tempo e luogo.
"Brutta....", mormorai, mentre un James affaticato entrava in quello spazio magico.
"Ora ho capito", disse il ragazzo, sistemandosi il ciuffo ribelle, per poi mettersi in disparte e giocare con il piercing al sopracciglio.
"Questi rami Emily, sono voci. Tutti i pensieri delle persone che ti circondono", continuò la divinità.
"Ma è impossibile", affermai accarezzando un ramo molto vicino a me.
"Emily, ti prego ritorna. Non posso aiutarti se tu non apri gli occhi".
Le parole di Jason, mi fecero tremare il cuore e capii che dovevo tornare al presente.
"I suoni, i rumori, non sono altro che tremolii. Oscillazioni delle corde vocali, di ali, di piedi e di vita catturati dall'aria, che li trasforma in ciò che sono. Il respiro del mondo. Tu puoi controllare ciò, Emy. Come ogni lupo, stai acquistando doni, per i quali sei nata e che sei in grado di tenere a bada. Devi solo pensare di trovarti qui nella foresta dei suoni e legare il tuo elemento in terra assieme all'elemento dell' ebrezza".
L'ultima cosa che vidi prima di svegliarmi fu lo sguardo di James, preoccupato di non sapere come avrei reagito, mentre ritornavo nel mio posto, accanto a Jason.
"Finalmente, mi hai fatto venire un colpo al cuore", esclamò il Whiteknight, abbracciandomi calorosamente.
Ora ero veramente al sicuro, il caos era sparito.
Ogni persona in quella stanza, era legata ad un filo invisibile, unito alle mie mani.
Stavo cominciando a capire.
Come la quercia magica, tenevo in me tutti le discussioni, i suoni, la musica della terra in quella stanza e fuori.
Non sentivo tutto assieme, ma decidevo io.
Decisi di fare una prova.
Mossi il dito indice della mia destra, da dove un filo verde si mosse, permettendomi di ascoltare le parole dette dal professore appena entrato.
Contenta e libera da quel peso enorme sulle spalle, sorrisi al mio nuovo compagno di banco.
"Dopo mi devi delle spiegazione", scribacchiò il padroncino di Maison Wood, in un fogliettino bianco, con una scrittura elegante ed ordinata, degna di un cavaliere romanzesco.

***
"Bene ragazzi, per oggi potete andare. Ricordatevi che i primi di gennaio, comincerò ad ascoltare le relazioni che avete fatto. Buona giornata", disse il professore Brown, lasciando andare gli alunni alla loro prossima lezione.
Mi diressi con spasso spedito in corridoio, l'ora dopo avevo biologia e la Black, non ammetteva il ritardo nemmeno un singolo minuto o un millesimo di secondo.
"Emy, Emy", chiamò il ragazzo, padrone del mio cuore e dei miei pensieri.
Riuscí a raggiungermi e con solo un paio di falcate, si affiancò alla mia figura.
"Eccoti qua, ma non mi sentivi?", disse James, accompagnandomi nel laboratorio della signora Rose.
"Sì, scusami... sento tutto e vedo tutto oggi", risposi tuffandomi nell'oceano dei suoi occhi.
"Sì ho visto i tuoi fili alle mani. Foresta dei suoni, vero? Ne ho sentito parlare. Luogo magico e potente per i lupi", ribatté, a voce abbastanza alta da poter essere sentito da un umano.
"Lupi? Avete già deciso l'abito per la festa di Halloween?", chiese la voce cristallina di Oceanne, sbucata dalla stanza di musica, alla nostra destra.
"Festa di Halloween?".
"Emily, Emily", iniziò la ragazza, prendendo per braccio sia me e sia Jason, " ma non vedete i poster che ho creato?".
In effetti, la scuola era tappezzata, in ogni punto ben visibile e non, da manifesti neri con una zucca paurosa e la scritta Party a caratteri cubitali.
"Ora li abbiamo visti!", dissi, cercando aiuto, con lo sguardo, in Jason.
Quest'ultimo sembrò leggermi la mente, infatti annunciò un sorrisetto malevole, per poi comunicarci che doveva correre perché in ritardo all'ora di storia contemporanea.
"Mi sá che non ci andrete assieme", borbottò la mia amica, indicando con la testa la pettinatura perfetta di Miss Perfezione, dileguarsi dietro il nostro sogno d'amore.

Ciao ragazzi/e!
Grazie per essere arrivati a leggere fino qui :)
Mi riempite di gioia ognuno di voi :)
Aspetto in ansia i vs commenti sia benevoli e malevoli, purché siano sinceri :)
Scusate se non aggiorno spesso.
Un abbraccio,
La vostra Ester.
Ps=> sono stata recensita sia da EveryoneCanWrite e WP_Advisor andate a leggere cosa dicono su questa storia:) vi consiglio di curiosare tra le proposte dei due utenti :)

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