Un oceano di vento.

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Attraversammo il lungo cunicolo accompagnati da una melodia leggere e malinconica.
"E' la caverna che ti da il benvenuto", spiegò la piccola principessa, indicando dei fori sulla parete dai quali uscivano queste noti a me sconosciute, ma con il potere di rilassarmi mentre mi avventuravo ancora una volta dentro a quel mondo di cui sembravo farne parte.

I piedi mi chiedevano pietà. Le scarpe a tennis non erano adatte per le camminate in montagna e dopo una buona mezz'ora di cammino i frutti di quella scelta sbagliata si facevano sentire. D'altro canto non avevo in programma di essere rimpicciolita e di addentrarmi dentro un foro piccolissimo per non parlare dell'incontro con le fate.
"Siamo quasi arrivati", m'incoraggiò Nazima, aiutandomi ad alzarmi dall'ennesima caduta su una radice nodosa e scura.
"Cosa succede?", ringhiò Celtus, dall'inizio della fila.
Era già la terza volta che ci fermavamo a causa mia. Per quanto mi impegnassi, sembrava che la velocità e la sicurezza del lupo non volevano entrare in me.
"Nulla... ora riprendiamo", affermai, continuando la scarpinata.
Non avrei più dato ragione a quell'uomo di sgridarmi o di guardarmi con disgusto come se fossi un oggetto senza valore, perché io valevo e non ne aveva idea di quanto.

Il male stava diventando insopportabile e sentivo la caviglia destra ingrossarsi e pulsare all'interno dell'adidas oramai divenuta nera.
Concentrai la mia attenzione su ogni più piccolo particolare cercando di non pensare al dolore e prestando attenzione anche al più piccolo passo.

La comitiva raccolta dal sovrano prevedeva quest'ultimo come capofila assieme ad un energumeno biondo dalla faccia bonaria, il cui nome era Poison, seguiti a ruota da due ragazzi gemelli, di cui non ricordo il nome. Il corteo era concluso con me e Nazima, assecondate da una soldatessa, Caira, venuta da un paese lontano.

Notai subito che era diversa. La pelle nera come i capelli la facevano assomigliare ad un pezzo di carbone, così come Nazima poteva passare benissimo per un taglio di diamante microscopico.
Non rivolsi la parola a nessuno solo qualche piccolo cenno alla mia guida.

La galleria diventava sempre più fredda e gelida. Avevamo già sceso quelli che sembravano essere un paio di metri quando la radunanza si fermò davanti ad una pozza d'acqua.
Celtus, si spogliò del mantello e dell'elmo abbandonandoli a terra per poi rivolgermi uno sguardo curioso e preoccupato.

"Seguimi", proclamò il sovrano, facendomi segno di raggiungerlo mentre entrava in quel vortice di colore e di spruzzi dal colore cobalto.
Guardai la mia guida, come avevo fatto con Odyx e come il draghetto Nazima mi fece cenno che dovevo proseguire da sola con la mia forza ed il mio coraggio.

Deglutii rumorosamente e seguii l'esempio di Celsius. Tolsi le scarpe ed la felpa, rimanendo in jenas, t-shirt con dei calzini in cotone.
Entrai dentro il lago pronta a rabbrividire al contatto di quell' acqua gelida e cristallina. Ma rimasi piacevolmente sorpresa.
Il liquido che sembrava pronto a bagnarmi dal busto sino ai piedi in realtà era formato da correnti d'aria, talmente veloci da apparire come uno specchio d'acqua irrequieto.

"Principessa, devi andare accanto a mio padre", urlò Nazima dalla riva, indicando il comandante al centro di quella visione inverosimile.

Passo dopo passo, assaporando i vari profumi portati da quei venti, finii di fronte all'uomo che mi prese per un braccio, affiancandomi alla propria figura.
Alzo' la testa in un muto ordine alla combricola di soldati, mentre si disponevano sui quattro punti cardinali.
Poison prese posto sulla parte nord, innalzando una pietra nera scura," Le porte nord si aprono e ti fanno entrare o potente".
Una luce da un'apertura sul soffitto andò a riflettere sul pezzo di ambra nera per poi dirigersi verso una seconda pietra: un brillante.
"I venti del caldo deserto del sud ti abbracciano o potente elemento", la voce di Caira, si rivelò forte e fiera come la sua figura.
" Gli uragani del lontano ovest ti invocano, forza della natura", sillabarono i gemelli, legati attraverso le mani giunte tra di loro.
"Le dolci melodie delle vette cinesi ti rinchiudono nel cerchio, grazie alla forza dell'est", dichiarò Nazima, mentre il baglio di luce inveiva su me e Celtus.

"Aggrappati", mormorò il sovrano, stringengomi a se, "ora balleremmo un po'".
Alle sue parole, una forza bruta e trasparente, ci tirò per le gambe. Fummo sommersi da mille toni che vivono nell'aria, profumi ed odori provenienti da tutto il mondo.
Non potevamo fermarci a contemplare la bellezza di quella situazione irreale. In nostri corpi, uniti dalle braccia forti e possenti del comandante, furono spinti e travolti da buora, tornadi, scirocco ed ancora tsunami, trombe marine.
Quando pensavo che il peggio fosse finito non sentii più il calore di Celtus.
L'ultima cosa che ricordo prima di aver perso conoscienza fu il viso della fata contorto da rabbia e furore mentre una luce gialle lo avvolgeva, sottolineandone la potenza e la bellezza crudele dell'animo.

***
"Emily svegliati pigrona!", sussurrò il volto di mio padre, immerso in un lampo bianco.
"Papà, ... sei bellissimo", affermai sentendo il mio viso bagnarsi da lacrime salate, " ma sono morta?".
Ero sdraiata supina in un prato verde senza vederne la fine e l'inizio, solo il cielo azzurro che abbracciava me ed il mio eroe.
"No amore... è solo ora di alzarti", disse offrendomi la mano per aiutarmi a rialzarmi.
"Papà", urlai aprendo gli occhi.
Non mi trovavo più sul pezzo di terra incontaminato, ma in una piccola zolla sabbiosa immersa in un oceano con accanto Celtus che mi guardava alienato.
"Cosa, cosa hai visto?", chiese il comandante, alzandosi valorasemente senza indugio.
"Mio padre,... dodove siamo ora?", borbottai, richiamando l'acqua per asciugarmi.
"Puoi provare quanto vuoi, ma qui le tue magie non funzionano signorina. Benvenuta madame nell'oceano di vento!", proclamò la fata allargando le braccia per illustrarmi l'immensa superficie riflettente che ci circondava.
"Oceano di vento? Sei sicuro? Sembra acqua e per di più sono fradicia!", affermai, stropicciando un lembo della mia maglia.
"Sono le lacrime portate dal vento. Ne hai bevute molte e ti hanno portato a vedere chi ti manca di più, chi ti fa soffrire. La persona per la quale hai gettato le lacrime in una serata ventosa di fine inverno", disse il sovrano in tono solenne, accarezzandomi la guancia, "devi farti forza Emily. Ora devi superare una grande prova, per capire se sei degna del grande elemento".
"Una prova?", ripetei, rivedendo in Celtus, un padre preoccupato per una figlia pronta alla battaglia, pronta a morire.
"Devi prendere l'uovo di Wendick", rispose avanzando verso un angola di quel minuscolo pezzo di sabbia che si allungò di un paio di metri.
"Wendick e chi è?", domandai seguendolo, meravigliata l'avanzata della spiaggia che cambiava direzione, sembrando esattamente dove dovevamo andare.
"È il guardiano di questo mondo. Tu prendi l'uovo e noi ti istruiremmo, anzi io stesso lo farò!".









Ciao ragazze/i,
sono tornata con un nuovo capitolo. Vedo che non commentate molto, ma non l'avete mai fatto, però io ho bisogno di sapere se la storia vi piace o se assomiglia alle altre storie che girovagano per questa piattaforma.

Spero di leggere cosa ne pensate, come sempre.

Un bacione,

La vostra Ester <3

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