Seconda scelta.

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Ecco come finire una pessima giornata, iniziata con il piede sbagliato già agli antipodi.
Aspettare Louise, sotto il portico della scuola non era il massimo, soprattutto se un acquazzone improvviso rischiava di inzupparti dalla testa ai piedi.
Fortunatamente, grazie alle mie nuove abilità, riuscí a fare meno di sentire i tuoni, focalizzando solamente le saette di energia che devastano il cielo.
Irradiavano tutto, a ritmo di musica, una melodia naturale molto simile al suono che avevo udito nella radura qualche ora prima.
"Chissà cosa sta facendo James?", mormorai, spostando il mio sguardo su una ciocca bionda sfuggita dal chignon, creato con una matita.
Erano rimasti pochi ciuffi chiari, grazie allo sfogo della magia. Secondo ciò che mi aveva spiegato il fratellastro di Mike, la mia ubriachezza lunare sarebbe scomparsa dopo aver esaurito l'energia magnetica e soprannaturale che il mio corpo aveva incanalato, dopo quell'incontro con la palla gialla e sferica.
Quante cose erano cambiate in un mese e mezzo.
Avevo scoperto di essere destinata ad un futuro nascosto da una nube grigia e dal satellite della terra.
Tutto ciò che sembrava scritto sulla mia vita, diventava un'incognita. Non ero più padrona della mia vita, ero schiava del mio sangue e delle mie abilità.
Non la consideravo una maledizione, avevo conosciuto e dovevo ancora incontrare persone e creature dal cuore d'oro. Ovviamente, Grisilde mi terorrizzava, ma ero sicura di poterla sconfiggere un giorno.
Un'ombra di una macchina scura si arrestó davanti a me, facendo un segnale con i fari, come gesto di riconoscimento.
"Louise sei un incapace", borbottai sotto la pioggia inarrestabile.
Ovviamente, avrei potuta fermarla, restando asciutta, ma avrei destato troppi sospetti.
Corsi sotto l'acqua, inzuppando i sedili posteriori del suv nero.
"Cavolo, Luoise! Potevi anche scendere! Diamine, mi sono bagnata perfino i calzini", ringhiai, levandomi il scarponcino destro.
Cominciai a massaggiarmi il piede intorpidito e freddo, cercando di riscaldarlo.
Alzai lo sguardo sullo specchietto, pronta a sgridare l'autista per non essere partito, ma incontrari due carboni che mi stavano studiando, divertiti e rilassati.
"James!", urlai, abbracciandolo come la posizione della macchina permette.
" Wow, questo sì che è un saluto tra più che amici", disse il ragazzo, annusando i miei capelli.
Istintivamente, il mio pugno sinistro scattó in avanti, colpendo l'addome del lupo.
"Cosa vorresti dire tra più che amici?", beccai, spostandomi sul sedile passeggero accanto a lui.
"Mio frattello, mi ha chiesto se ci stiamo frequentando", mormorò, immetendosi nella strada mentre si accarezzava la parte dello stomaco colpita.
"Mi hai fatto male!".
"Cosa hai risposto?", chiesi, accendendo le note di Sweet Dreams, cantata da Marilyn Manson.
" Che ti piacerebbe", ammise, facendomi l'occhiolino.
Sorrisi all'idea che si era fatto di noi Mike, ma da altronde una persona vista da fuori ci vedeva proprio per quello che apparivamo.
Due ragazzi giovani, con sei anni di differenza, di buona famiglia entrambi, che godevano la compagnia dell'altro.
Non m'interessava il pensiero della gente, ma solo quello di Jason avrebbe potuto scalpire il mio cuore.
"Anche Jason, è andato in cerca d'informazioni".
" Davvero?", urlai, facendolo sobbalzare.
Quest'ultimo preso alla sprovvista, rischio' di sbilanciare un ragazzino in mountain-bike.
" Davvero. Comunque calmati la tua amica, Marina gli ha detto che non stiamo assieme e di rilassarsi e se vuole può fare lui il primo passo con te... dato che non aspetti altro".
Le guance avvamparono, sentivo il sangue fluire fino alle gote in fiamme.
"Merda", borbottò il ragazzo.
In auto si era creato un mini temporale sul tettuccio della macchina stessa.
"Scusa", sussurai cercando di richiamare l'acqua e l'aria fuoriuscite dal mio essere.
"Devi imparare ad usare i tuoi poteri o ne sarai serva!".
"Certo, è facile per te. Sei il vice del tuo Alpha, un lupo con i fiocchi e contro fiocchi. Capace di tenere sotto controllo gli aspetti lupeschi della tua natura".
Riflette' due minuti prima di aprire bocca.
"Non sono così perfetto. Io.... Ho ucciso una persona", ammise, senza sbattere ciglio facendo calare il silenzio.
"Avevo scoperto di avere questa scelta di vita. La dea mi aveva ingolosito. Non sapevo cosa volessero dire parole come: branco, Alpha, luna piena...
Non sono mai stato attirato da questi miti, per me erano solo storielle per bambine innamorate del maledetto.
Ne parlai con Jason".
"Aspetta con Jason? Jason Blais? Il mio Jason?", domandai, sgranando gli occhi per la sorpresa.
Era abbastanza ovvio che i due si conoscessero molto bene, ma addirittura che si confidassero non l'avevrei mai pensato.
"Già proprio lui. Il principino di quel castello medioevale,... pardon Maison Wood", sillabò con disgusto, girando a destra ad un semaforo verde, "per la cronaca non è il tuo Jason, ma di Juliette. Sono promessi sposi".
"Si sono lasciati, all'inizio della scuola", obbiettai, attorcigliando un capello all'indice.
" Non ci crederai,vero?", esclamò James, guardandomi perplesso, "cosa mi tocca spiegare. Lei è una Whiteknight come lui, ok? Sono guerrieri di luce bianca e sono destinati a stare assieme; le loro famiglie hanno deciso così. Perché entrambe sono creature senz'anima e cercano di compensare questo vuoto l'uno con l'altro".
" Comunque, non stavamo parlando delle situazioni amorose tra Whiteknight, ma di te che sei un assassino!", constatai, rannicchiando le gambe sopra al sedile.
" È molto tempo che non racconto questa storia. L'ho detto solo a Jaxley, il mio capo branco".
"Jaxley? Il pizzaiolo?", esclamai.
Il pensiero si era subito focalizzato sul biondo che impastava il panetto bianco e farinoso nella pizzeria "Piccolo Etna".
Non l'avevo visto molte volte, ma era impossibile dimenticarlo.
Alto due metri e largo per tre, il giovane era un armadio di muscoli e palestra.
Naturalmente, come ogni gigante aveva il cuore d'oro, calmo e gentile con tutti; anche con chi non amava il suo lavoro.
" Allora conosci proprio tutti?", domandò sorridendo James, facendo passare un'anziana per poi dirigersi verso il centro commerciale.
" Non stiamo parlando di chi conosco e chi no, ma il perché hai assassinato un innocente!".
Il viso del lupo, a quelle parole s'indurì, creando delle mini rughe sulla bocca e sugli occhi. Senza preavviso, inchiodò sul colpo, parcheggiando bruscamente la macchina accanto ad un palo della luce che andava ad intermittenza.
"Primo: io non sono un assassino. Non ho mai ucciso un innocente e mai lo farò. Secondo: non mi sono ancora trasformato questo mese quindi ho tutti gli ormoni in subbuglio", ruggí James,con gli occhi iniettati di istinto e forza animale, pronti a scoppiare dentro la sua anima, "Terzo, sì mia cara c'è pure il terzo: stai zitta per una volta ed ascolta!".
Richiusi la bocca, pronta a sentire la storia di quella faccia della personalità
di James, di cui non avrei mai immaginato l'esistenza.
"Mi sono trasformato sette anni fa, avevo quindici anni. Ero solo un ragazzino sfrontato con il pallino per il basket. A quel tempo giocavo asssieme a Jay e Jason. Eravamo sempre assieme, ci coprivamo le spalle a vicenda. Se ci cercavi sapevi già che trovato uno avresti trovato pure gli altri. Poi accade. La sognai. Era bellissima. La dama della luna, aveva la pelle bianca come porcellana e la voce calda e suadente come miele per un non udente. Mi disse ciò che ero destinato a diventare, se avessi accettato la sua mano. Dissi di no".
"Come?", chiesi, rapita dal suo racconto, lisciandomi i capelli, " tu sei un lupo mannaro?!".
"Come siamo perspicaci oggi!", ridette il ragazzo, togliendomi dal ciuffo ribelle, una piuma d'oca sfuggita dal mio cappotto imbottito.
Sorrisi, cercando di ricompormi subito. James mi piaceva, sempre presente per me. Leale, sincero e premuroso ed accanto a me ovunque, il lupo dal pelo fulvio era diventato parte importante della mia vita, durante quel mese e mezzo.
Avevo incontraro il suo lato stronzo, ironico, giocato con quello affascinante ed odiato quello sicuro di se stesso.
La prima volta che ci parlai, lo classificai come persona da non frequentare, da eliminare nella mia vita. Dopo tutto quel tempo era diventato come una mano per me, senza la quale non riuscirei a vivere, ma solo a sopravvivere.
Saremmo stati fatti l'uno per l'altro. James, sarebbe stato la mia seconda scelta, ma poteva diventare la prima del mio cuore, tralasciando gli occhi di vetro che mi tormentavano nei sogni?
"Comunque, raccontai a Jason ed a Jay del sogno. Jay, mi sgridò", ridacchiò il ragazzo, senza distogliere lo sguardo dal mio viso, " disse che avevo mangiato troppo pesante. Jason, mi offrì, invece, una pizza. Lui era... felice che non avessi accettato l'offerta. Sapeva cosa volesse dire tutto ciò, ma non mi spiegò nulla. La vita riprese lentamente, ritmata dalla quotidianità e rotta da qualche piccolo imprevisto. Passarono dei mesi e non la dama non la sognai più. Ma... il mio pensiero ritornava a lei. Tu l'hai incontrata, tu nei sei la figlia spirituale. Sai cosa vuol dire trovarsi dinnanzi alla signora dai capelli pallidi".
"Lei.. è sempre con me. Mi protegge, mi ama, mi culla. Lei è madre, signora della notte e della tua razza. La dama è sempre con noi" ammisi, osservando una coppia di ragazzi correre , stringendosi sotto un ombrello rosso, cercando di sfuggire alla pioggia furiosa.
"Già. Una notte mi addormentai senza accorgermene ritrovandomi in un templio bianco".
L'immagine si concretizzò nella mia fantasia, conoscevo molto bene quel luogo. Chiusi gli occhi riccaciando le lacrime, ripensando al momento in cui stavo per perdere la vita, ma ero stata salvata ancora una volta da lui: Jason.
"Era tornata per darmi una seconda possibilità offrendomi il dono di essere un capo, un alpha!", esclamó James, accarezzando il piercing al sopracciglio, "accettai. Senza pensieri e senza ripensamenti. Scelsi di mia spontanea volontà. Il richiamo per la luna era ed è troppo forte. Sentivo che era la cosa giusta da fare. La dama mi baciò sul petto all'altezza del cuore, ringraziandomi per aver donato il mio essere alla sua dinastia. La mattina dopo mi svegliai diverso in uno stato confusionale . I sensi sviluppati e la forza che sentivo scorrere nelle vene mi terrorizzavano. A scuola nessuno notò il mio cambiamento, nemmeno i miei amici, tranne Jason. Il piccolo verme se ne accorse subito, allontandosi da me e facendo in modo di isolarmi dal mondo. Non concepivo il perché di tutto quello. Io ero lo stesso ragazzino che aveva rotto la finestra di camera sua, lo stesso che aveva litigato con la madre di Jay. Avevamo fumato le prime sigarette assieme. Solo e senza amici mi chiusi in me stesso. La rabbia, il dolore, ... la bestia volevano uscire!".
Lo sguardo famelico e disperato del ragazzo, mi fecero intendere che stavamo arrivando alla parte peggiore della storia.
" Successe tutto una sera d'inverno. Avevo finito l'allenamento di basket ed ero stato cacciato dalla squadra perché non riuscivo a tenere sotto controllo il mio carattere. Ultimamente, la mia parte agressiva e testarda usciva spesso, declinando quelle poche amicizie rimaste. Mike ed i miei avevano paura a rivolgermi la parola per paura di un insulto o di una parola che avrebbe fatto soffrire mia madre.
Comunque, dicevo... stavo tornando a casa a piedi, quando mi trovai all'altezza del parco comunale e sentii una donna chiedere aiuto!".
"Oh mio Dio!", borbottai, rapita dal racconto mentre nella mia mente riuscivo a vedere il piccolo James, correre verso quella voce.
"Ovviamente la seguii. Non potevo fare finta di essere sordo e di non udire le sue suppliche. Arrivai ad un vicolo dietro ad un magazzino abbandonato. Non scorderò mai il suo abito lacerato, viola dal freddo, il seno graffiato e pieno di sangue, mentre quel sudicio sporco uomo, anzi no! Non si può definire un essere con una conoscenza propria,.. un mostro. Ecco, questa è la parola che racchiude tutto ciò che era quella cosa."
"Che era?", dissi, allontandomi istintivamente accanto al finestrino, mettendo della distanza di sicurezza tra me ed il mio amico.
"La donna era svenuta, per colpa del sangue perso e di una brutta botta in testa. Non potevo stare lì senza fare nulla. Rabbia, paura, eccitazione furono i tre pilastri che fecero esplodere la bomba in me. Sentii una scossa provenire dalla spina dorsale, l'adrenalina entrò a scorrere dentro di me. I miei muscoli si ingradirono, le mie mani si trasformarono, le gambe leggermente piegate pronte all'attacco. Non rimase nulla di lui. Non lo mangiai, lo distrussi. Lo ridussi in un cumulo di ossa incastrate tra di loro. Ululai a più non posso, il corpo della ragazza doveva essere ritrovato".
Si fermò un secondo, asciugandosi delle gocce di sudore formate sulla fronte.
"La trovarono?".
"Hahaha", la risata rauca e triste del ragazzo risuonò all'interno dell'abitacolo della macchina," Certo. Non è da tutti i giorni sentire un lupo in città. Un uomo, sulla cinquantina, spinto dai versi del mio alter ego, si sporse all'entrata del cunicolo, riuscendo a intravedermi mentre scappavo, saltando sui tetti. La notizia si propagandò in men che non si dica", aggiunse tirando fuori dal vano porta oggetti un pezzo di giornale ingiallito.
"Frankestain gioca con i lupi ad Hallifax?", citava il tocco di carta, con una foto che ritraeva una donna bionda con la bocca gonfia, piena di livida e un disegno di un lupo a carboncino.
"Ci fu un'assemblea istituita dal complesso episcopale del nostro territorio. All'ordine del giorno naturalmente c'era la mia pena di morte", continuò, toccandosi l'orecchino dorato che giocava con i riflessi neri dei suoi occhi.
"Morte?", scandii, prendendolo per mano," insomma, non potevano ucciderti. Eri innocente avevi salvato una ragazza da un destino crudele e duro. Non eri tu il mostro, ma un eroe", sboccai tutto d'un fiato.
"Sai qual'e' la prima regola del nostro mondo?", chiese, il ragazzo avvicinandosi al mio viso.
"Mantenere il segreto", risposi di getto, pensando alla conversazione con Daphne, la sera prima.
"Esatto", confermò il ragazzo, prendendo una sigaretta dalla tasca del cappotto.
Non mi chiese se mi desse fastidio l'odore del fumo, era nervoso. Lo si capiva dal modo in cui maltrattava i capelli, dal continuo battere le ciglie e dalle mani sudaticce.
" La riunione si svolse a casa Blaise, ovviamente. Tutto il popolo magico non vedeva l'ora di assistere ad un atto di malvagità da parte della legge. Nessuno mi difendeva. Solo con le mie forze, spiegai l'accaduto abbassando lo sguardo verso Jason. I suoi occhi spenti e vuoti non si fermarono mai sui miei, ma mi evitavano. Voleva uscirne pulito da tutto ciò, ma non poteva. Lui era ed è: l'acquisitore di anime della sua famiglia. Il suo compito è uccidere coloro che infrangono i sacri patti. Prese l'arco, lo teneva in maniera perfetta davanti a me, davanti alla folla.
Le nostre immagini, le nostre avventure, le nostre vite e le nostre gioie mi passarono davanti come un film".
Il ragazzo su fermò un paio di secondi, aspirò un po' del bastoncino peccaminoso.
"E poi?", mormorai, rapita da quel quadro disegnato dalla mia mente.
Da un lato James, fiero e guardingo pronto a morire senza rimpianti; sapendo di essere nel giusto.
Dall'altro Jason, combatutto tra la sua famiglia e l'amicizia che provava verso il moro seduto accanto a me.
" Ti colpí", affermai, immaginando già la risposta.
"Sì, ma non mirò al cuore o in una parte vitale. Mi ferí un tallone, come promemoria per entrambi. Io ero stato il suo tallone d' Achille. Non era riuscito a mantenere la pace, uccidendomi. Non poteva, perché eravamo fratelli e niente e nessuno può separarti da una parte importante della tua vita a cui però devi rinunciare.
Fui risparmiato dalla famiglia Blaise ed accolto dal branco di Jaxley come beta, non potrò mai più fare l' Alpha. Questa è la mia punizione: dipendere sempre da un capo che non sono io".
"Almeno sei vivo!", esclamai, sorridendo al mio amico.
Il ragazzo a quelle parole si catapultò vicino a me, i nostri visi ad un paio di centimetri di distanza.
Sentivo il suo respiro e il suo profumo mescolarsi con i miei.
Ancora una volta eravamo troppo vicini, troppo perché il cervello rimanesse collegato.
James parlò, incatenando pece e smeraldo ancora una volta," Io non posso fare nulla. Non sono padrone mio e delle mie azioni. Non posso baciarti, accarezzarti perché mi è stato imposto di vegliare su di te senza mescolare i sentimenti che provo per te, Emily. Questo solo perché nel mio branco l'Alpha ha deciso così. Non posso vivere in questa maniera. Io..."
La mia bocca si mosse troppo veloce accogliendo la sua lingua dentro di me.
Non potete giudicarmi.
Il mio cervello mi urlava che dovevo stare con lui, mentre il mio cuore stava morendo di dolore per non essere ascoltato.
James non era Jason, ma mi avrebbe amato come mai nessun altro, proteggendomi da tutto e da tutti. A differenza del padroncino di Maison Wood, il quale legato al compito affidato alla sua famiglia e alla bella Juliette, lui sarebbe stato sempre con me, unendo la sua anima alla mia.
"Wow", esclamó il ragazzo, leccandosi le labbra rosse e pulsanti a causa del bacio che gli avevo donato.
Sorrisi imbarazzata, accomodandomi nuovamente al mio posto, in silenzio.
"Quindi che vuol dire questo?", domandò, dubbioso, il moro accendendo il suv nero.
"Significa che puoi accompagnarmi alla festa di Halloween,... se vuoi", spiegai vedendo un sorriso sincero nascere sul viso del ragazzo.
"Certo, bambina", affermò.
Prese la mia mano fredda accogliendola nella sua calda e ruvida.
Una pelle che aveva conosciuti l'odio, il dolore ed il disgusto per la persona per la quale il mio cuore batteva ogni giorno, da un mese e mezzo.






Salve ragazze/i,
cosa ne dite della piega che sta prendendo la storia? È troppo scontata? Vi continua a piacere? O sta sembrando la brutta copia delle storie che girono già in questo sito?
Vi prego fatemi sapere che ne pensate.
Grazie.
Bacione,
La vostra Ester <3

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