Cara Moon...

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Capitolo 1: Cara Moon...
In una casa color panna, nella periferia di Sheffield, una giovane ragazza, indossate le sue scarpe, uscì velocemente dalla sua camera. Corse giù per le scale e quel rumore attirò la donna che si trovava in cucina. Quest'ultima si spose e intravide giusto in tempo la nipote che usciva dalla casa.
-Moon, dove vai?- le chiese.
-Torno subito- le rispose la ragazza, oramai fuori.
Rose, la nonna di Moon, era una donna di media statura, con i capelli castani, che oramai da qualche anno aveva iniziato a tingere. Grazie anche al suo viso ben curato dimostrava molto meno dei suoi settant'anni.
Andò verso l'uscita e vide la ragazza percorrere il lungo vialetto, raggiungendo la casella postale rossa, stile americana.
Moon vi frugò dentro e tirò fuori la mano. Aveva una busta lilla. L'ennesima di quell'estate.
Il nome del mittente era scritto in bella calligrafia: Effie Allen.
Quando Moon alzò lo sguardo notò la nonna guardarla preoccupata.
-Un'altra?- le chiese.
Moon annuì, riportando lo sguardo alla lettera.
Quando rientrò con Rose dentro casa, si sedette in una delle sedie, intorno al tavolo rotondo della cucina. Rimase in religioso silenzio, persino quando suo nonno George, un uomo dal viso simpatico e degli occhi azzurri, che Moon li aveva sempre invidiato, le sorrise.
Non vedendo che il suo gesto veniva contraccambiato, George spostò lo sguardo notando subito la busta lilla. La sua espressione mutò, diventando lo specchio di quello della moglie, preoccupato.
La ragazza si rigirava la busta fra le mani, indecisa sul da farsi.
Rose si sedette a sua volta a tavola, spingendo la tazza di cereali verso Moon.
-E' il caso che mangi- la incitò.
Ma Moon si sentiva lo stomaco chiuso, e la curiosità di sapere il contenuto della lettera stava diventando tanta.
Si alzò, spingendo la sedia all'indietro.
-Devo leggerla- disse, muovendo subito un passo indietro, voltandosi verso l'uscita della cucina, intenta a raggiungere la propria camera.
-Moon- la chiamo Rose, nel vano tentativo di farla tornare indietro.
-Faccio subito- la rassicurò lei
Salite le scale, Moon raggiunse la terza porta a sinistra. Entrando in una camera media, con due letti singoli e due armadietti ai loro piedi. Una finestra nel muro adiacente dava verso il giardino.
Moon si sedette sul letto, a gambe incrociate. Aprì la lettera che era piegata in quattro.
Con il cuore che le batteva forte, la stirò per bene, iniziando a leggerla.

Cara Moon
Siamo a quota otto con questa. È già agosto, cavoli, non ci credo.
Com'è da Rose? Prepara la sua solita crostata ai frutti di bosco? Ah quanto darei in questo momento per averne un pezzo!
Sai dove sono io? In veranda, sono seduta sulle scale e guardo il cielo.
Sto piangendo Moon. Hanno continuato anche oggi... volevo urlare, ma l'unica cosa che ho fatto è stata piangere. Piangere per tutto il giorno.
Mia madre non si è accorta di nulla, era troppo impegnata a mostrare alle sue amiche la sua nuova manicure.
Volevo chiamarti Moon, ho persino digitato il numero di casa tua. Ma ho cancellato tutto prima ancora di premere il bottoncino verde.
Pensavo a come avrei fatto, a come avrei potuto raccontarti tutto.
Mi sento così male, così umiliata, ma specialmente così sola.
Ho bisogno di te amica mia, ho bisogno delle tue parole e dei tuoi abbracci.
Per favore, quando ritorni a Londra, portami una rosa bianca. Una delle rose di tua nonna, le ho sempre amate.
Perdonami per non averti detto nulla prima.
Alla prossima lettera mia dolce Moonlight.
Effie.

Moon alla fine di quella lettera aveva gli occhi lucidi. Alzò le gambe al petto nascondendo subito il viso sulle ginocchia.
-Sei una stupida, Effie.
Non versò nessuna lacrima, seppur sentendo il suo cuore andare a pezzi.

-Tesoro, hai preso tutto?- chiese Rose, guardando le valige di Moon, accanto all'auto del padre.
-Mamma, è la decima volta che glielo chiedi- disse Stew, prendendo la valigia più grande e mettendo all'interno del portabagagli.
-Lo sai com'è fatta- disse divertito George, passando una mano intorno alla spalla della donna.
Rose rivolse uno sguardo poco gentile a entrambi.
-Era per essere sicuri- precisò indignata.
E dopo che tutte le valige furono ben sistemate e Stew chiuse con uno scatto il portabagagli, i due guardarono Moon che, pareva malinconica, come loro.
-Penso che sia arrivato il momento dei saluti- disse Stew.
Rose fu la prima ad avvicinarsi a Moon abbracciandola. Sarebbe stato alquanto difficile. Moon aveva vissuto con loro per tre interi anni. E seppur fossero felici che ritornasse a casa, perché era finalmente stabile, sapevano che avrebbero sentito la sua sua mancanza.
-Abbi cura di te- le dissero entrambi.
Moon annuì, come a volerli rassicurare per davvero. Quando raggiunse il posto del passeggero, proprio quando poggiò la mano sulla maniglia, si ricordò che aveva un ultima cosa da prendere con se.
-Papà aspetta- disse.
Stew alzò lo sguardo, guardandola per vedere cosa le fosse preso.
Moon, corse verso la casa, andò sul retro, raggiungendo le rose, quelle bianche. Cercando di non rovinare le altre e di non farsi male lei, ne staccò una.
Ritornando verso i tre, notò i loro sguardi incuriositi e confusi.
-Mi hai fatto aspettare solo per questo? Ne abbiamo tante anche a casa- le disse il padre.
-Lo so. Ma Effie amava queste- rispose Moon, concedendogli un sorriso stirato.
A quel nome Stew si raggelò, guardando Moon, quasi con il timore di una reazione negativa. L'unica cosa che fece la ragazza però, fu concedere un ultimo abbraccio ai nonni, dicendogli un semplice -ci vediamo a natale- seguito da un sorriso.

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